Ricordo di Giuseppe Alberigo

di Giancarla Codrignani

Per la scomparsa di Giuseppe Alberigo ancora una volta si sono sprecati sui media i termini di "disubbidienza" e "dissenso". Personalmente non mi riesce di capirne il senso: c’è un’obbedienza che impegna il clero in termini disciplinari canonici, ma neppure il prete può andare contro la coscienza. Non c’è bisogno di scomodare la Riforma e farsi definire protestanti, perché lo diceva già san Tomaso. Nel caso di Alberigo credo che poche persone siano state più "fedeli" non solo all’impegno cristiano, ma alla Chiesa.
Come i cinque volumi della “Storia del Concilio Vaticano II”, così anche l’ultima ricerca del "suo" Istituto per le scienze religiose, lo studio sui decreti dei "Concili ecumenici e generali" l’aveva personalmente presentata al Papa. Alberigo era un professore di storia, non un ideologo: si possono criticare le sue opere nel normale confronto scientifico, non aprire conflitti sulla verità delle ricerche come ha fatto il cardinal Ruini sostenendo che “l’interpretazione del Concilio come rottura e nuovo inizio sta venendo a finire” ed è necessaria “una nuova ricostruzione del Vaticano II che sia anche, finalmente, una storia di verità”.
Sono passati quarant’anni dalla fine del Concilio voluto da Giovanni XXIII e le nuove generazioni cattoliche, poco abituate alla lettura di ciò che la Chiesa ha detto e dice nel corso dei secoli, possono non avvertire l’importanza del rinnovamento avanzato dal Vaticano II e subire la visione riduttiva proposta dagli ultimi pontefici. Ebbe un carattere - ed oggi è un’accusa - eminentemente pastorale e non dogmatico; per cui i suoi documenti rappresenterebbero indicazioni generiche che non fanno dottrina.
I credenti convinti della presenza dello Spirito santo nei Concili trovano qualche difficoltà a prescindere dalla lettera dei testi usciti dall’assemblea conciliare e solennemente proclamati. Alberigo ha raccolto la tradizione del Vaticano II da storico: scomodo non è stato il suo lavoro, scomodi sono i testi del Vaticano II per chi intende rimuoverli e restaurare valori cattolici tradizionali poco sensibili ai "segni dei tempi".
L’opera di Giuseppe Alberigo è destinata, dunque, a restare come patrimonio storico necessario e la scuola bolognese che, istituita all’origine da Giuseppe Dossetti, si riconosce nel suo magistero dovrà mantenerne lo spirito e il metodo.
Se la Chiesa gerarchica attuale se ne rendesse conto, sentirebbe che è opera da fare propria: le religioni nel nostro tempo sono, tutte, a rischio, perché sempre nuovi "segni dei tempi" le incalzano a dare nuove speranze davanti ai problemi inediti della storia. La tentazione di richiudersi nella difesa delle proprie cittadelle, forse manterrà le posizioni, ma, se non eviterà integralismi e conflitti, sarà perdente di fronte ad un futuro complesso e secolarizzato.
Alberigo era ben consapevole di questi pericoli ed era sempre stato attento a richiamarli all’attenzione comune. Ultima sua testimonianza l’appello di cattolici - diecimila sono state le adesioni - contro l’ingerenza del magistero in campo politico e sociale, a sostegno della laicità.
Mancherà a tutti la compostezza degli interventi appassionati di quest’uomo di fede, uno dei pochi che abbia accolto la responsabilità riconosciuta ai laici e ancora così poco praticata. Il suo ricordo invita tutti i cristiani ad essere responsabili in prima persona: solo così ci si può dire obbedienti.


Giancarla Codrignani

Articolo tratto da:

FORUM (61) Koinonia

http://utenti.lycos.it/periodicokoinonia/



Venerdì, 29 giugno 2007