Brindisi, 8 settembre 1943, quell’ultima missione contro gli inglesi

di Antonio Camuso

Ovvero la notte che i tre marinai di origine slava disertarono per andare a combattere con TITO


Brindisi 8 settembre 43, alba.

A bordo della Corvetta Fenice giunse l’ordine di salpare immediatamente dal porto per cercare di intercettare un sommergibile inglese che pochi minuti prima aveva colpito un nostro piroscafo diretto in Albania nelle acque antistanti alla costa brindisina.

L’equipaggio era fiducioso che la caccia potesse essere più fruttuosa delle altre condotte contro l’inglese fantasma ( così era stato soprannominato dai marinai della Fenice quel sommergibile che riusciva a colpire le nostre navi e poi scomparire anche agli occhi del Sonar.).

Si diceva che il comandante ….avesse in tasca la mossa vincente e la serbasse per un occasione come questa.

L’ SOS della nave era stato raccolto in tempo reale e la Fenice che aveva le caldaie in moto non tardò molto a raggiungere il luogo dell’affondamento per iniziare la caccia col Sonar a colpi di bombe di profondità.

La Corvetta Fenice era una splendida nave entrata in servizio da solo qualche mese e rappresentava il meglio di ciò che potesse avere la Reale Marina Italiana in quel fine estate del 43.

Quella mattina la fortuna sembrò volgere dalla parte delgli italiani, il Sonar registrava un segnale anomalo in movimento e senza dubbio doveva essere il sommergibile inglese che cercava di sfuggire in immersione ai suoi cacciatori.

Il comandante -….sembrava sapere esattamente dove condurre la nave in effetti il comando Marina gli aveva passato l’informazione che questo sommergibile si nascondesse tra i relitti delle navi che lui stesso aveva affondato in un determinato punto) e ordinava che quella particolare zona fosse battuta palmo a palmo.

Dalla tramoggia a poppa della nave scivolavano silenziose le bombe di profondità seguite dopo una snervante attesa, da parte dei due equipaggi con sentimenti opposti, da cupe esplosioni culminate con un mare di schiuma in veloce emersione.

La corvetta andò così avanti per ore alternando i lanci di bombe di profondità a silenziosi giri concentrici con il Sonar a scandagliare il fondo. Ad un certo punto, dopo una poderosa serie di bombe, vennero a galla tracce di carburante misto ad olio tra l’esultanza dei marinai italiani.

Finalmente quel maledetto inglese che era il responsabile della morte di tanti marinai e la fine anticipata di meravigliose navi aveva avuto il fatto suo! Ma il comandante… era scettico, poteva essere un trucco degli inglesi ed ordinò che la caccia continuasse fino alla fine di tutte le bombe di profondità presenti a bordo.

Era quasi sera quando la Corvetta Fenice rientrò alla base.

Brevi segnali luminosi avvisarono il faro situato alle isole Pedagne e l’equipaggio schierato sulla plancia ricevette la benvenuta dalla base navale ma… insieme agli equipaggi delle altre navi italiane vi era un equipaggio molto particolare , anche lui contento di esser lì a ricevere con tutti gli onori la nostra più bella caccia sommergibili presente a Brindisi: era l’equipaggio del sommergibile inglese, danneggiato che avendo saputo per radio della resa degli italiani si era rifugiato nel porto dove poche ore prima era salpata quella nave che voleva la sua morte.


Sbigottiti i marinai della Fenice e tra questi vi era mio padre, osservavano il sommergibile inglese placidamente attraccato con l’Union Jack sventolante sul torrione, salutarli con gli hurrà.

La guerra nella sua follia è pronta a cambiare di ruolo alle sue vittime esigendo comunque un tributo di sangue.

In quelle stesse ore la Casa Savoia fuggiva vergognosamente da Roma lasciata difesa solo da coraggiosi ufficiali e semplici cittadini che resistendo ai tedeschi lavavano con il loro sangue il tradimento della monarchia.

Ma, di tutto ciò i marinai schierati sulla nave Fenice erano totalmente all’oscuro avendo osservato rigorosamente durante quell’8 settembre del 43 il silenzio radio.

Solo giunti al porto seppero che avevano combattuto per ore contro un nemico che formalmente non lo era più…

Quella sera i tre marinai di origine slava , che avevano fondato sulla nave una cellula clandestina del partito comunista, furono visti dall’equipaggio rimanere appartati, confabulando nella loro lingua, scuri in volto.

Il giorno dopo all’appello i tre slavi e i loro moschetti di ordinanza mancavano all’appello .

Si seppe in seguito che si erano calati nottetempo in acqua, eludendo le sentinelle e caricati a bordo di un peschereccio di loro connazionali, erano fuggiti nel loro paese a combattere nelle file dell’armata di liberazione di TITO.

A qualche centinaio di chilometri da Brindisi, altri valorosi soldati stavano prendendo una decisione importante : erano gli uomini liberi della divisione Acqui che votavano di resistere ai tedeschi , per salvare l’onore di una patria infangata dal fascismo e da una monarchia vigliacca e complice.

Mille chilometri più a nord a POLA , i giovani aspiranti ufficiali della scuola della Marina Militare Italiana salivano a bordo su un veliero e al calare della notte riuscivano a forzare il blocco tedesco e fare rotta verso Brindisi. Più sfortunati furono i sottufficiali della scuola CEMM di Pola, il loro veliero, partito in ritardo fu bloccato dalle motocannoniere tedesche ed una volta sbarcati iniziarono un terribile viaggio verso i campi di concentramento in Germania dai quali non fecero più ritorno.

Tra gli ufficiali che fortunosamente giunsero a Brindisi e che furono alloggiati presso il Collegio Navale, vi era l’onorevole ammiraglio Falco Accame e questa esperienza segnò la sua vita.

Il 10 settembre alla Corvetta Fenice giunse un nuovo ordine:


"prepararsi ad andare incontro ad un illustre ospite"-:

Era il re che, sulla Baionetta, si rifugiava nella nostra città…ma questa è un’altra storia.


Antonio Camuso

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

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Giovedì, 08 settembre 2005