Memoria
Ricordare il 19 luglio 1979

di Giulio Vittorangeli

[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli@wooow.it) per questo intervento.

Biografia di Giulio Vittorangeli]


IL XX secolo ci ha dato testimonianza del fallimento delle rivoluzioni, ad iniziare da quella del 1917; del tradimento del socialismo, con il disastro degli stati "comunisti" dell’Unione Sovietica e del suo blocco trasformati in stati di polizia. Molti di quegli stati si sono poi disintegrati, e i loro burocrati oggi riciclati servono il nuovo padrone con entusiasmo grottesco.

"Quella Mosca convive dentro di me con l’arcipelago Gulag. Non mi conforta che i libri neri siano una manipolazione, che ad archivi aperti i processi politici risultino meno di cinque milioni e i fucilati meno d’un milione. ’Soltanto’ cinque milioni. Mi si e’ formata la convinzione che l’Urss sia caduta esausta dopo la guerra e con l’ultimo Stalin, mai universalmente detestato. E appena cominciava a respirare con lo sgangherato Chruscev era scivolata nella stagnazione brezneviana e si era spenta assieme alle generazioni che avevano avuto l’infanzia negli anni Trenta e la giovinezza nella dismisura della guerra. L’Urss e’ il requiem di Anna Achmatova, il paese dove era tornata a morire Marina Cvetaeva. Non un delirio di paranoici" (Rossana Rossanda, ne La ragazza del secolo scorso, Einaudi). L’immagine che si e’ voluta accreditare su scala mondiale dagli apparati mass-mediatici delle ideologie dominanti e’ che il fallimento dell’Unione Sovietica, ha significato il fallimento di qualsiasi processo rivoluzionario, per cui le nuove generazioni hanno sentito parlare di comunismo solo come fonte di errori e di orrori.

Ma e’ stato veramente cosi’? Tutte le rivoluzioni inevitabilmente sono destinate sempre e comunque a divorare i propri figli?

In realta’, se contestualizziamo l’azione delle coordinate reali in cui si sono svolte, vediamo anche le profonde differenze storiche che le hanno contraddistinte.

*

Prendiamo la rivoluzione sandinista del Nicaragua, che trionfava inaspettatamente il 19 luglio del 1979. Quella rivoluzione, e prima ancora quella cubana, nacque per essere diversa.

Molto si e’ sacrificato quel popolo povero, intrepido e generoso, per continuare a stare in piedi in un mondo di prostrati. Ma alla fine l’imperialismo nordamericano ha inghiottito il Nicaragua sandinista. L’ha sottoposto al blocco economico e militare, al controllo economico e all’eversione organizzata dai suoi servizi segreti, al minamento dei porti, ad una guerra non dichiarata, sanguinosa, sporca e contraria al diritto inte rnazionale. Guerra, peraltro, condannata dal Tribunale Internazionale dellíAia il 27 giugno 1986.

Dinanzi a tutto cio’, il governo sandinista si vedeva costretto a prendere misure limitate di difesa contro l’aggressione esterna e la reazione interna. Ed ecco l’amministrazione Usa ergersi a difensore dei diritti democratici conculcati dal "totalitarismo" e scatenare la sua potenza di fuoco multimediale contro il governo sandinista. La liberta’ di manovra del Nicaragua dinanzi all’aggressione e’ stata progressivamente ridotta e annullata. Mentre strangolamento economico e bombardamento propagandistico erodevano la base sociale di consenso del governo sandinista, le pressioni militari e il terrorismo (alimentato da Washington) dei contras fiaccavano la volonta’ e la capacita’ di resistenza.

Il risultato: elezioni - nel febbraio 1990 - in cui l’imperialismo ha potuto far valere sino in fondo il suo strapotere militare, finanziario e mediatico: gia’ dissanguato e stremato, col coltello piu’ che mai puntato alla gola, il popolo nicaraguense ha deciso "liberamente" di cedere ai suoi aggressori.

E’ stato non gia’ il trionfo della democrazia e dei diritti umani ma la loro liquidazione: a livello internazionale si e’ imposta la legge del piu’ forte mentre sul piano interno si e’ assistito alla cancellazione dei diritti economici e sociali. Umiliato e privato della sua dignita’ nazionale, il popolo nicaraguense vive oggi in larga maggioranza al di sotto della soglia della poverta’, mentre il Fronte Sandinista (anche se recentemente e’ tornato al governo) ha intrapreso la strada demoralizzante del proprio harakiri etico.

E’ una lezione che non deve essere persa di vista.

*

Non solo, bisogna conservare memoria e saper trasmettere, narrare, la storia di popoli "dimenticati" che hanno fatto del proprio meglio per creare un mondo piu’ giusto e che continuano a resistere, anche se in forme diverse dal passato.

Perche’ se "un altro mondo e’ possibile" qui e ora bisogna prima chiedersi perche’ hanno fallito le rivoluzioni precedenti: porre la domanda giusta, significa trovare gran parte della risposta.

RIFLESSIONE. MINIMA UN’AGGIUNTA AL TESTO CHE PRECEDE

Cio’ che ha provocato il fallimento di molte esperienze rivoluzionarie novecentesche degenerate in totalitarismo e’ stata l’incomprensione della necessita’ - assoluta necessita’ - della scelta della nonviolenza, della scelta di inverare tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani, della scelta di contrastare ogni ideologia militarista ed autoritaria e maschilista che inevitabilmente riproduce oppressione e violenza.

Cio’ che ha fatto grande la rivoluzione sandinista in cio’ che di grande essa all’umanita’ ha recato e’ stata proprio la scelta tendenziale della nonviolenza. L’unico socialismo possibile e’ quello dal volto umano. L’unica rivoluzione necessaria e’ quella che ad ogni essere umano reca non solo astratta liberta’ ma concreto aiuto e comune condivisione nell’inveramento della dignita’ e dei diritti di tutte e tutti e di ciascuna persona. Gli esseri umani, lo scriveva lapidariamente gia’ Aristotele, sono animali sociali: insieme vivono, e riconoscersi debbono l’un l’altro rispetto e solidarieta’, l’un l’altro debbono recarsi aita.

Che la violenza imperiale (dei molti imperi che nella storia si sono succeduti) abbia tante volte schiacciato i movimenti reali che hanno lottato e lottano per affermare la dignita’ umana di ogni essere umano non significa che quella lotta non sia giusta, significa solo che l’umanita’ ancora non ha vinto, che la nostra patria e’ ancora da venire: e tu affrettalo questo avvento. Vi e’ una sola umanita’. Vi e’ una sola casa comune. La rivoluzione socialista e libertaria, la rivoluzione dell’eguaglianza e della solidarieta’, della cura reciproca e della responsabilita’ per il mondo, e’ ancora il nostro orizzonte.

Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’.

Tratto da
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La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
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Numero 519 del 17 luglio 2008



Giovedì, 17 luglio 2008