Il tempo di Nerone

di Giulio Vittorangeli

[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli@wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e’ uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta’ internazionale, con una lucidita’ di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e’ il responsabile dell’Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e’ impegnato in rilevanti progetti di solidarieta’ concreta; ha costantemente svolto anche un’alacre attivita’ di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta’, i diritti umani. Ha svolto altresi’ un’intensa attivita’ pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta’, liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita’ umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta’ nell’era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta’ da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita’ politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta’ internazionale nell’epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta’ internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta’ sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta’"]


"Un bambino di 10 anni e’ stato ucciso e altri due coetanei feriti negli scontri a fuoco avvenuti oggi nei pressi di Deir Al Balah, nel centro della Striscia di Gaza, in seguito a un’incursione dell’esercito israeliano. Lo riferisce il quotidiano israeliano ’Haaretz’, precisando che le informazioni relative al coinvolgimento dei bambini negli scontri oggi avvenuti, sia stamani che nel pomeriggio, sono state fornite da fonti mediche palestinesi. Nessuna conferma per ora dall’esercito che parla solo di un miliziano (Ismail Jadallah, militante delle Brigate di Resistenza Nazionale) morto in uno scontro a fuoco avvenuto sempre nella stessa area. Secondo la ricostruzione fornita da ’Haaretz’, i bambini sarebbero stati colpiti dalle pallottole vaganti della sparatoria che ha impegnato soldati israeliani e miliziani palestinesi". Notizia breve, scarna, giunta in Italia il 19 febbraio 2008 alle ore 18.38 (fonte l’agenzia "Misna").

Passa qualche giorno ed il 21 febbraio l’assemblea plenaria del Parlamento europeo approva a grande maggioranza una risoluzione che chiede la fine del blocco sulla Striscia di Gaza e lo definisce "Un fallimento politico e umanitario". Da Strasburgo l’Unione europea chiede a Israele la revoca al piu’ presto delle misure restrittive, la riapertura controllata dei varchi che "garantisca la circolazione delle persone e delle merci", oltre alla fine delle azioni militari.

Sappiamo che non succedera’ niente di tutto questo, e che il governo di Israele continuera’ con le incursioni aeree contro "elementi terroristici". La questione palestinese rimane cosi’ irrisolta ed e’ meno di un’ombra; un sogno che diventa agonia, dove rischia d’estinguersi, dentro guerra, miseria e annessa corruzione, l’obiettivo storico dello Stato di Palestina.

Guardiamo con impotenza e silenzio gli avvenimenti della Striscia di Gaza. Siamo cosi’ assuefatti all’orrore quotidiano della guerra, che neanche reagiamo piu’.

Spesso esecrata come un male tremendo e come massima espressione della violenza umana, da millenni la guerra viene ritenuta un fatto inevitabile. E’ pero’ soprattutto l’epoca presente a poter usufruire di teorie che, articolandosi in vario modo e interessando diversi livelli disciplinari, riescono a dare un fondamento naturale a tale "inevitabilita’". Ogni giorno la televisione, insieme a quiz, balletti e telegiornali dell’intrattenimento di corte, ci "scarica" in case scene delle brutalita’ che si commettono in Africa, in Asia, in America Latina e nella stessa Europa. Siamo tanto abituati a queste barbarie che, infastiditi, "passiamo oltre", cambiamo canale. Soltanto che la cruda realta’ non cambia con il telecomando televisivo.

E’ stata approvata la moratoria contro la pena di morte, ma giustizia e diritti umani sono sempre piu’ lontani. "Duemila anni fa l’imperatore Nerone invento’ un segno con la sua mano, con il pollice in alto il gladiatore era perdonato e poteva continuare a vivere, con il pollice verso doveva dare la sua vita al vincitore. Col passare degli anni questa assurda facolta’ passo’ a imperatori e re e nonostante siano passati duemila anni i deputati recentemente eletti si insediano concedendo l’incarico neroniano al presidente della Repubblica. Che vergogna!". Cosi’ in un documento dal titolo "Volvemos a los tiempos de Neron" (Torniamo ai tempi di Nerone), l’arcivescovo del Guatemala, il cardinale Rodolfo Quezada Toruno, e’ intervenuto sulla recente decisione del Parlamento nazionale di ripristinare il ricorso alla grazia presidenziale per i condannati a morte, che di fatto rende nuovamente applicabile la pena capitale, sospesa dal 2000 per un "vuoto legale", divenuto in pratica una sorta di moratoria.

Si e’ concretizzata su scala mondiale una politica dell’orrore, o meglio dell’orrorismo, ovvero della violenza sull’inerme - per una usare la definizione coniata da Adriana Cavarero. Il problema e’ come non cedere alla pretesa ineluttabilita’ della guerra; come costruire oggi una cultura della pace, come rendere concreto il "si vis pacem, para pacem" (se vuoi la pace prepara la pace).

E’ questa la vera sfida, purtroppo fin qui totalmente assente nell’attuale campagna elettorale italiana. Bisogna chiudere la fabbrica della guerra, dell’orrorismo e della paura. E’ il compito di una politica degna di questo nome, di una cultura civile e nonviolenta di cui e’ sempre piu’ arduo ritrovare le tracce nella politica e nella comunicazione.

Tratto da
Notizie minime de
La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

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Numero 377 del 26 febbraio 2008



Marted́, 26 febbraio 2008