Riflessione
IL PEGGIO DEL PEGGIO.

di Renzo Coletti.

Assassini del mondo, iparassiti borghesi, simil-donne in carriera, vampiri di Stato, prelati di Satana, mafiosi di regime, sadici e perversii di ogni tipo rappresentano la modernità che avanza e la follia quotidiana. Ma il peggio del peggio, l’ipocrisia più oscena, la fogna umana più inquinante e disgustosa ha un nome e un volto che la memoria storica ha indicato come rappresentanti di donne e uomini, vittime della schiavitù e dell’oppressione di secoli. Chi ha vissuto come me gli anni 70 da protagonista politico e sindacale, ha varcato la soglia delle Camere del Lavoro, come un tempio sacro e una fonte, quasi magica, di solidarietà, ideali, speranze e fascino da condividere. Componente comunista della C.G.I.L. , incontrare Lama, Trentin, Chiesa e tanti altri nei corridoi della Federazione sindacale in Corso Italia, sono state emozioni che hanno scavato nell’anima e nella mente. Spesso la riunione politica che precedeva gli incontri sindacali nazionali ed i congressi, vedeva i miei passi varcare la soglia della Direzione Comunista alle Botteghe Oscure, non senza emozione e orgoglio. Ideali giovanili che erano destinati ad essere delusi in modo lento, ma progressivo ed inesorabile sino al crollo definitivo . La Genova del 30 Giugno 1960, la mia città medaglia d’oro per la Resistenza, impedì che sul suo territorio si tenesse il congresso del Movimento Sociale Italiano. La Genova dei Camalli (portuali) che rovesciavano le camionette della celere gettandole nella vasca della piazza, le bande di fascisti respinte dall’interno della Federazione comunista genovese, armi improprie che venivano lanciate dalle finestre e terrazzi, rincorse e botte da orbi nel centro storico tra vicoli a noi noti, mentre i fascisti si ritiravano verso l’Hotel Columbia, nei pressi della stazione Principe, sono immagini e momenti di gloria e di paura che rimangono impressi nelle ossa e negli occhi. Il telefono della Federazione del P.C.I. era impazzito e Mosca chiamava in continuazione. La parola “rivoluzione” faceva il giro del mondo e i vecchi e nuovi padroni si accalcavano alla frontiera. Poi tutto finì e Genova riscoprì il quotidiano, ma non senza strascichi e una certa amarezza. Molti pagarono caro il loro sforzo e impegno e noi ragazzi, con appena pochi peli sulla faccia che ci ostinavamo a chiamare barba, spesso facevamo collette per altri giovani più grandi finiti in carcere. Ci volle ancora una deicina d’anni prima che i movimenti studenteschi e operai riprendessero il controllo della piazza e ricominciassero le lotte sindacali e politiche dure e selvagge. Genova aveva aperto le danze con un avvenimento davvero straordinario. I ragazzi dell’Istituto Chiossone (istituto per ciechi) avevano occupato l’istituto stesso e la Polizia era intervenuta. Con la generosità e la sensibilità che li contraddistingue, i tutori dell’ordine avevano caricato e, ciechi o non ciechi, iniziò la rissa. Si concluse con una beffa più che meritata per la Polizia che dovette retrocedere e incassare duramente. Nessuno immaginava che i ciechi nel loro ambiente potessero fare tanto. Non fu una scelta politica intelligente: i ragazzi di tutti gli istituti per non vedenti di mezza Italia arrivarono a Genova insieme a militanti, allora numerosi, di Lotta continua ed Avanguardia Operaia e persino i movimenti cattolici più aperti entrarono nella scena. Era il 1971 e da lì iniziò un movimento che durò anni e si consolidò in mille modi. Iniziarono le lotte degli emarginati di ogni tipo e il Partito Comunista vinse le elezioni amministrative, prendendo Regione, Provincia, Comune. Il sindacato fu trascinato per amore o per forza nella mischia e fece la sua parte. Fu l’inizio della fine. La parola d’ordine era: “Siamo ormai un partito di governo e…”. Se il P.C.I. calava le braghe, il sindacato si denudava di ogni dignità e iniziava la sua svendita al miglior offerente. La piattaforma Eur aveva lanciato i primi segnali di appiattimento, ma il seguito fu storia maledetta e infame. Diritti conquistati con lotte memorabili, sacrifici pagati spesso anche con la vita, sangue che segnava la conquista di un diritto, crollavano nel loro impianto e nella loro dignità. Oggi il panorama è semplicemnte pazzesco e nauseabondo. Ogni giorno è un passo indietro e un diritto in meno. La libertà è il carcere burocratico e la violenza fascista di un regime che a tratti ha la faccia marcia di definirsi sinistra. Il partito azienda ha colmato la svendita di ogni forma culturale, il fascismo è tornato nei banchi del parlamento e presiede anche la Camera dei Deputati. Ciò che restava di folcloristico sinistroso è stato cancellato dal Parlamento. Ma il peggio del peggio, la vergogna delle vergogne è rappresentato da quelli che chiamiamo sindacati, i quali, facendosi scudo di sigle sindacali ormai obsolete, perpetuano il tradimento più meschino e subdolo. L’elenco dei misfatti lo conoscete, il perseguimento del tradimento si incide ogni giorno sulla Storia di un paese che non c’è mai stato e che sta finendo anche nella sua finzione. Se la violenza può avere una giustificazione, se il tradimento implica una vendetta, se il malaffare deve essere respinto, se la coerenza ha un senso, se i morti reclamano giustizia, se gli oppressi hanno una dignità da difendere e diritti da conquistare, la strada maestra da seguire è l’emarginazione più totale dei falsi compagni, la definitiva cancellazione di simboli e parole evocative di ciò che non è e non è mai stato. I bisogni sono eguali per ogni individuo cittadino del mondo, la giustizia non ha né confini né colori o sigle astruse e false, il bene comune è scritto nell’evoluzione stessa della Terra, la soglia di tolleranza è sapere da ricercare e imparare, la vita non morirà perché non siamo poi così importanti nè eletti da un Dio razzista, la diversità è l’unica garanzia di sopravvivenza e non possiamo essere più forti di ciò che siamo in ogni manifestazione dell’universo, non possiamo credere oltre il sapere, non possiamo essere senza condividere con gli altri, non possiamo distruggere l’habitat che ci nutre senza distruggerci, non avremo mai ragione sul dio delle formiche o di ogni piccolo essere che è vita e respiro che ci respira.
Non avete mai compreso di essere liberi, quindi non lo sarete sino a quando non cercherete Dio in voi e nel tutto che lo comprende, mentre certezze e dogmi lasceranno libera la mente di espandersi in ogni direzione possibile. 20000 anni di evoluzione umana sono cervello ancora acerbo e antiquato per dare risposte a bisogni che abbiamo solo intuito e costretto tra leggi fisiche condizionate dal potere laico e religioso. Parlamenti mondiali religiosi sono fumo che assopisce i sensi, mentre nuovi parlamenti scientifici potrebbero essere ancora asservimento ad una macchina mostruosa e sanguinaria. Considerate le possibilità inespresse di mille forme e materia, osservate e abbracciate esseri viventi con 4000 anni di vita da trasmettervi, sentitevi un tuttuno con loro e viaggiate in un tempo spazio che avete tra le mani e nella vostra mente ancora grande come una manciata di secondi che è la vostra realtà.
“E se il sole muore?” L’astronauta che è in voi compia un volo di fantasia nello spazio: osservi dal nuovo punto di osservazione quei piccoli esseri immondi che vi hanno insegnato a soccombere, quindi prima di baciare la prossima mano, prima di applaudire al prossimo venditore di fumo, prima di inginocchiarvi ad una Fede, sognate il possibile futuro che vi può appartenere o sfuggire tra le mani, strumenti che avete usato per sguazzare nella meschinità che vi ha inchiodato ad una croce, destino e fine di ogni rivoluzionario vissuto tra l’incomprensione degli abitanti del suo tempo.

Renzo Coletti.



Lunedì, 21 luglio 2008