Per una scuola migliore
Parliamo di bullismo e sessualità

di Guido Guidotti

Riceviamo e pubblichiamo


Ancora un caso di intolleranza a scuola. Vittima un diciassettenne di Gela insultato e picchiato dai compagni. La prof risolve invitandolo a stare a casa poiché è gay e disturba le lezioni.

Già a Pasqua di quest’anno a Torino un altro ragazzo, Matteo Maritano, si suicida per una situazione analoga:“Non ce la faccio più” confida ai fratelli nella sua ultima lettera. Il ragazzo di Gela è stato più fortunato: ha trovato il coraggio di parlarne ai genitori che l’hanno capito e confortato, denunciando poi ai carabinieri l’accaduto. Ma se fosse mancato questo appoggio, parleremo di un’altra disgrazia forse evitabile? Quale risposta possiamo offrire ai ragazzi per individuare con certezza una via d’uscita.

Trovare una soluzione non è facile. Davvero è difficile per un ragazzo trovare un qualsiasi aiuto. Non può trovarlo nei professori che forse per primi individuano il disagio: sono grane che gli insegnanti evitano scrupolosamente (vai a casa, sei gay). Chi si avventura nella vita privata degli studenti rischia del suo. Non è tutelato, né valorizzato. Perciò per aiutare i ragazzi bisogna innanzi tutto cominciare ad inserire nei programmi scolastici percorsi educativi che trasmettano una nuova cultura del rispetto e del dialogo, dove il diverso, sia esso omosessuale, extracomunitario, disabile o anziano, sia accettato e trattato come ogni altro.

Poi occorre togliere alcuni tabù sui misteri dell’adolescenza. Siamo in una società che non si scandalizza dei rapporti completi fra adolescenti, ma vede ancora come tabù il parlare serenamente di omosessualità. È tabù per esempio affermare che, per la maggior parte dei ragazzi, un interesse verso persone dello stesso sesso, è una tendenza comune nei primi anni della adolescenza.. Ma non è una tendenza definitiva. È una semplice ricerca di identificazione. È la curiosità di confrontarsi col proprio pari per provare e capire i meccanismi della sessualità, per assicurarsi di essere come gli altri. Ma se in questo periodo critico e confuso ci si sente etichettare come gay e deridere, può darsi che le cose si mettano verso il peggio.

A tutt’oggi nell’ambiente scolastico non ci sono che due forme di interazione fra studenti: lo sport ed il litigio. Perciò, considerando quanto poco sia valorizzato nella scuola lo sport, l’unica forma possibile di vero contatto fisico fra studenti è il litigio. È normale sfottersi e provocarsi fra studenti. Dare del gay e infierire in gruppo contro un compagno è forse una celata forma di “dialogo” per manifestare interesse verso una persona. Anche tante forme di bullismo nascono dalla necessità di interagire in qualche forma con gli altri. La forma violenta, aggressiva è quella che risulta più semplice per l’adolescente. Talvolta, anche fra amici, con la giustificazione di una provocazione si arriva alle mani per arrivare a coinvolgere nel gioco della lotta anche i genitali. Una lotta che spesso diventa un gioco particolarmente violento proprio per il timore di passare per gay.

Nei ragazzi spesso il desiderio di conoscere e conoscersi è visto come una debolezza da negare a se stessi ed agli altri. Così l’adolescente matura un atteggiamento discriminatorio verso i gay o chi appare come tale: “Io sono capace di respingere desideri omosessuali perché sono un vero uomo, chi non fa altrettanto è una checca da punire.” L’atteggiamento più duro verso i gay è proprio di chi non appare per niente effeminato, ma dentro di sé lotta per coprire una certa pulsione sessuale verso il proprio sesso. Nei ragazzi così le tensioni crescono e cresce una forma di insoddisfazione ed insicurezza che porta a rifugiarsi nel gruppo di coetanei. Gruppo che poi esprime il disagio dei singoli manifestando forme di razzismo, integralismo e violenza contro chiunque.

Perciò all’adolescente dovrebbe esser data la possibilità di crescere senza l’angoscioso dubbio di essere diverso. Sapere non c’è nulla di che preoccuparsi. Che certe tensioni non sono né da ostentare, né da sopprimere. Fanno parte del personale cammino di sviluppo di ogni adolescente. Se supereranno l’adolescenza senza troppi traumi, un domani saranno probabilmente tutti uomini sposati, con figli e senza nessuna “particolarità” sessuale.

Così, se a scuola s’insegnassero e sperimentassero discipline sportive che conciliano il controllo della mente con quello del corpo, come la capoeira brasiliana, lo yoga, la lotta, il massaggio Shiatsu ed alcune discipline orientali, il ragazzo imparerebbe a relazionarsi con l’altro anche in forma non violenta. Anzi in forma di servizio, imparando a scambiarsi attenzioni, invece che pugni ed offese.

La scuola non dovrebbe essere solo nozionistica, ma soprattutto educativa. Cosa sono serviti a Matteo tanti anni di studi e diventare il primo della classe, se poi nel momento del bisogno s’è ritrovato privato dell’essenziale? Conta poco la preziosità del contenuto, se si è vaso di cristallo fra vasi di pietra. E talvolta anche i vasi di pietra si rompono.

28 luglio 2007
Guido Guidotti (Modena)





Lunedì, 30 luglio 2007