EDUCARE ALL’INTERCULTURA

di LAURA TUSSI

La scuola microcosmo di differenze


LA scuola contemporanea diventa sempre più un luogo di incontro di bambini e ragazzi che provengono da origini, storie di vita e di esperienze, culture, realtà sociali e paesi diversi, differenti e dissimili dalla realtà tradizionale dei Paesi d’accoglienza. I dati del Ministero dell’Istruzione rivelano che sono presenti nelle scuole dello Stato più di 140000 stranieri che aumentano di numero ogni anno, creando vari problemi di inserimento nell’ambito del tessuto sociale d’accoglienza e varie e notevoli difficoltà di integrazione culturale, di lingua, usi e costumi. Sempre più la scuola si confronta con esigenze di conoscenza di altri mondi e di altre infanzie di tipo “diverso”, di matrice “altra” caratterizzati da differenze implicite ed esplicite, quindi più o meno evidenti e, a volte, più o meno facili da tollerare, accettare, condividere, mettere in comunicazione e i bambini italiani si trovano a crescere con coetanei che arrivano da altri Paesi, da altre Nazioni, da realtà territoriali “altre”, ossia dissimili o che nascono in Italia, ma hanno tradizioni, religioni, lingua, usi e costumi differenti. Il ritmo di crescita degli alunni stranieri è intorno al 18% a livello nazionale. Invece in Milano e Provincia il livello di crescita è ancora più elevato. I bambini che apportano nell’incontro con la terra d’accoglienza altre culture o altre esperienze della loro storia di vita, non sono solo quelli stranieri. Per esempio vi sono bambini di nazionalità italiana che però hanno un ricordo importante e imprescindibile di storia di vita riguardante l’”altrove”, ossia la realtà territoriale da cui provengono, anche per nascita, origine e radici culturali.
Poi abbiamo bambini italiani di nazionalità, ma figli di coppie miste, quindi con riferimenti ad altre religioni, lingue e culture. Dentro il microcosmo di una classe scolastica brulica la differenza delle realtà umane ed etniche, appunto differenti e dissimili dal mondo e dalla cultura occidentali, le quali comportano notevoli ricchezze nel confronto nell’interscambio, in quanto sussistono e coesistono un insieme di storie di bambini e ragazzi stranieri fortemente legati appunto emotivamente per loro esperienze di vita e memorie all’”altrove”. Le tendenze sono quelle di un aumento di tali presenze.
Cosa può fare un progetto di scuola per tutti, che tenga conto di ciascuna realtà?
Occorrono nuovi materiali, attrezzature per non trovarsi sguarniti e deprivati di potenzialità attuative e di metodologie perché anche per noi docenti ed operatori socioculturali le trasformazioni interculturali sollecitano ad un cambiamento professionale, quasi una migrazione verso l’”altro” e verso l’”altrove”. Occorre accoglienza incentrata nella relazione tra adulti e bambini, molteplici meccanismi di interrelazione nell’ambito di un’ ampia gamma di interazioni di comprensione e costruzione di un tessuto di scambio esperienziale all’interno della scuola nei confronti della famiglia che viene da lontano. E’ importante la comunicazione per cui le scuole devono prevedere materiali scolastici formativi, didattici ed educativi nella lingua d’origine e dare messaggi anche di routine nell’idioma originario delle famiglie d’appartenenza. Un altro elemento importante per l’accoglienza è la normativa per cui per l’assegnazione della classe bisogna tener conto del criterio dell’età del ragazzo. Il nuovo alunno viene messo nella classe corrispondente all’età. Si può decidere di retrocederlo perché poco scolarizzato o perché arriva in un periodo dell’anno scolastico avanzato, ma solo tramite una delibera del Collegio dei docenti. Quindi la retrocessione non deve essere automatica o per decisione del capo d’Istituto. Sono state prodotte per le scuole delle schede d’osservazione degli alunni stranieri di tipo non verbale e graduate, quindi inerenti l’area riguardante il settore logico-matematico, la memoria, le funzioni cognitive di base, lo schema corporeo e le capacità di tipo grafico. Quando la scuola accoglie un alunno straniero in corso d’anno, una commissione per l’accoglienza, che ogni istituto dovrebbe costituire, ha il compito di osservare le capacità e le competenze del ragazzo.
Una scuola per un adeguato progetto d’accoglienza deve munirsi di materiale di comunicazione scuola-famiglia nella lingua d’origine; deve affrontare la conoscenza della normativa sull’inserimento in modo tale da evitare spiacevoli insuccessi dovuti al ritardo scolastico; deve munirsi di griglie di valutazione inerenti il funzionamento della scuola nei paesi d’origine, e schede a carattere cognitivo di tipo non verbale.
Occorre che tutte le scuole adottino i materiali utili all’accoglienza. L’insegnante può trovare nelle classi bambini stranieri che non condividono la lingua orale, quindi non si ha all’interno del gruppo classe, una lingua comune di partenza. L’insegnante in queste condizioni deve aiutare i ragazzi stranieri e insegnare l’Italiano per comunicare ogni giorno, nel qui ed ora, nell’hic et nunc, quella che si chiama la lingua contestualizzata, ossia l’idioma che si ascolta e si vive sempre, nel quotidiano, riferito agli oggetti, alle cose o alla propria esperienza personale. Nello stesso tempo il bambino straniero deve usare l’Italiano non solo per comunicare, ma anche per studiare. Il primo ostacolo è superabile in un tempo minimo che dipende dall’età del soggetto e dalla lingua d’origine, se è più vicina foneticamente all’italiano, e dipende anche dalle interrelazioni con il mondo esterno che accelerano l’assimilazione cognitiva della lingua parlata nella nazione d’accoglienza. L’ostacolo più grande è l’apprendimento della lingua per studiare che prevede tempi molto lunghi, in cui è difficile comprendere e assimilare l’idioma e produrre a livello linguistico dei contenuti. Occorrono quindi testi semplificati, materiale di studio che agevoli la comprensione e non un curriculo di serie “b”, ma un insieme di tecniche e percorsi didattici di esemplificazioni, ossia esplicativi di grammatica e contenuti, facilitando l’acquisizione dei fondamenti linguistici.
Cosa si intende per Pedagogia interculturale?
La parola “multiculturale” si utilizza in modo descrittivo per far presente la coesistenza di diverse etnie in un unico territorio. “Multiculturale” è un termine tipico di quei progetti del mondo anglofono dove nelle comunità vivono gruppi di minoranze etniche, le une accanto alle altre, con modalità relazionali attive, produttive, di interscambio e sviluppo, ma senza un’accentuata condotta basata sull’interazione, ossia senza una volontà interrelazionale di matrice assimilazionista. La scuola multiculturale rischia la frammentazione e l’isolamento tra gruppi. Con l’accezione “interculturale” secondo il modello pedagogico europeo di Francia, Germania e Italia si dice che i gruppi e le minoranze composte da singoli individui non devono vivere nelle loro “piccole patrie”, ma risulta necessaria la convivenza in un territorio comune, attraverso interscambi di cultura. E’differente anche il disegno di tipo politico rispetto agli spazi delle minoranze. Per esempio la Francia non riconosce i gruppi come soggetti, ma gli individui e le persone, perché le comunità chiuse possono disgregare la convivenza democratica, mentre secondo il modello inglese si attribuisce identità ad ogni minoranza, a discapito, però, del confronto e dell’interrelazione multiculturale.
Quindi coesistono due modalità politiche di concezione dello straniero.
Si possono sostenere le comunità come gruppi autoorganizzantisi e d’altra parte sussiste un progetto pedagogico di intercultura che accoglie e valorizza gli elementi di differenza culturale agevolando l’interscambio e il confronto proficuo.



Giovedì, 02 ottobre 2008