Fonte: http://www.unionesarda.it/DettaglioSardegna/?contentId=17507
«Il mio è un quartiere particolare, ci abitano altri tre che hanno fatto la mia scelta, ex preti». La frase galleggia tra il soffitto foderato di perlinato e il pavimento lucido di una cucina allamericana, un tono più bassa dei rintocchi di un orologio che segna le tre del pomeriggio. Angelo Ledda ha sessantacinque anni e due vite alle spalle, sintetizzate dal titolo del libro scritto due anni fa ( Ex prete. Dirlo a mia figlia , Aedo edizioni, 256 pagine). Nella prima è stato un bambino cresciuto a Teulada e spedito in seminario. Nellaltra un vice parroco in paesini di Sulcis e provincia di Cagliari. Oggi è sposato, ha una figlia di undici anni e una serie di riserve sulla Chiesa: «Ne esistono di due tipi: quella dei padri Morittu e Cannavera, e quella del cardinale Ruini. Ci sono le grandi giornate a tema organizzate in varie città del mondo, che considero marketing applicato alla religione, e il messaggio vivo e genuino di Cristo che muove tanti preti. Beninteso che la gerarchia vaticana ha in mano tutto, tratta con gli altri Stati, agisce al di sopra del Vangelo, in dissonanza coi principi di Gesù, e in una battaglia fondamentale come la moratoria per la pena di morte ha un peso piuttosto ridotto». Perché si è fatto prete? «Facevo il chierichetto, una famiglia molto religiosa, la mia. Quando mi fu chiesto se volessi andare in seminario risposi sì. Avevo undici anni, non ero granché consapevole, la motivazione era legata alletà. Ho letto unintervista al cardinal Martini che sosteneva di sapere con precisione quale fosse la sua strada fin da piccolo, io proprio no. Ammiravo i preti che frequentavo, questo è sicuro, avevo e ho stima di molti di loro». Ordinato sacerdote nel? «1968. Anni particolari, cera una Chiesa diversa, si profilava una ventata di novità, un ruolo più aperto, per i preti. Anche se è di quegli anni lenciclica Sacerdotalis coelibatus di Paolo VI che stabiliva lutilità del celibato anche nei nuovi tempi». Cosa lha spinta a lasciare la tonaca? «Una crisi didentità. Lo comunicai a monsignor Cogoni, rimasi sei o sette anni in un limbo. Campavo con lo stipendio da insegnante di Lettere. Vedevo che tanti preti soffrivano come me e non mollavano, quindi ho riprovato a esercitare la mia funzione. Non è come smettere di fare il magistrato o lavvocato, Paolo VI aveva paragonato a Giuda i preti che lasciavano la tonaca». Quindi? «Non ero più convinto dellefficacia, tante cose si facevano più per abitudine che per altro. Mettevo in discussione il modo di fare il prete. Anche il celibato, certo, Gesù nel nuovo testamento non parla mai dei sacerdoti. Negare la possibilità di amare unaltra persona è quasi contronatura, una violazione dei diritti delluomo». Quanti preti violano il celibato? «Credo che ci sia ancora qualcuno che lo osserva. Nella Chiesa ho conosciuto persone che non avevano il testosterone, quasi asessuati e comunque lo stimolo era assente. Tanti invece vivono il celibato con sofferenza, alcuni hanno la doppia vita, non conosco la percentuale. Non li condanno né li giudico». Perché è vietato il matrimonio? «Sono stati portati motivi ascetici, ma linizio della regola ferrea ha unorigine storica ben precisa, con la Chiesa in pieno potere temporale. Potente e ricca, collabora politicamente alla gestione del mondo, è ha lesigenza di tenere stretta la proprietà di tutto. Senza matrimonio il sacerdote diventa nella piena disponibilità della gerarchia. Si dice Gesù non si è sposato, ma Gesù non ha fatto tante altre cose, anche perché è arrivato solo a trentatré anni. Però aveva un rapporto semplice con le donne, non era certo sessuofobico». I rapporti con la Chiesa? «Quando comunichi la tua intenzione di smettere la tonaca ti fanno interrogatori con domande tipo: "A casa tua sono tutti sani di mente? e tu come stai?". Ti raccomandano di sposarti ma non dirlo in giro, non andare dove ti conoscono come prete. Un abominio». I ricordi del seminario? «Cè un indottrinamento. Ti dicono: se lasci tradisci, se cambi strada andrai allinferno, se ti masturbi finisci allinferno, ci ripetevano che lì era pieno di bambini. Discorsi che lasciano il segno. Frasi gravi dette in buona fede da persone che avevano subito lo stesso trattamento. È inevitabile il paragone con lUnione sovietica. Molti concetti del comunismo erano giusti, lanalisi marxista della società era vicina alla realtà, sfruttatori e sfruttati, lha riconosciuto anche Ratzinger, ma il comunismo reale è stato un disastro, laccusa più temuta dai cittadini era laver tradito il popolo. E se si guarda al messaggio di Gesù di condivisione, di amore, di fratellanza, è meraviglioso. Però da quando la Chiesa è diventata istituzione il potere è prevalso sul messaggio». I Dico? «Non ritengo che le unioni di fatto siano peccaminose, una volta che ci sono devono avere un riconoscimento legale». Lomosessualità? «Non hanno colpe morali, devono poter amare come sanno amare. Certo, anche se sono aperto, ho difficoltà ad immaginare la benedizione religiosa. Per dirla col comico Crozza: "Dobbiamo tenerci Leonardo da Vinci, che era omosessuale, o prenderci Ignazio la Russa?» La pedofilia nel clero? «La figura del prete può anche attirare persone che hanno altri fini, magari inconsapevolmente. Una volta messi nelle condizioni di non nuocere, i pedofili mi fanno pena, in molti casi sono stati vittime in gioventù. Detto questo la Chiesa deve stare più attenta». Nel libro racconta di una parrocchiana che le aveva raccontato di avere tentato di procreare insieme a un prete perché suo marito era sterile. «Spesso il prete può essere portato a coltivare questi surrogati dellamore, che possono provocare danni inimmaginabili». Si sente ancora un prete? «Aiutare gli ultimi, ripudiare gli onori, tutte cose che ho imparato in seminario di cui ero e resto convinto. Però resto anche un prete a modo mio, mi piacerebbe avere un gruppo di riferimento, chiamiamola parrocchia, ma non posso accettare di fare il portavoce di unistituzione in cui non credo più». 17/02/2008 13:57
Luned́, 18 febbraio 2008
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