Pretisposati
Una lettera di Alberto Stucchi

E una risposta di Corrado Augias


LA REPUBBLICA mercoledì, 3 gennaio 2007

LETTERE AD AUGIAS

L’addio alla Chiesa per amore di una donna
Caro dottor Augias, sono un ex sacerdote, fino al 2002 Priore del Monastero Cistercense di Chiaravalle Milanese da cui sono uscito per amore di una donna, Elena, con cui sono oggi felicemente sposato civilmente. La mia posizione nei confronti della Chiesa istituzionale ha subito un’evoluzione negli anni. Nei primi tempi il mio/nostro entusiasmo portava a pensare che in nome dell’amore evangelico potessimo offrire testimonianza rimanendo all’interno della Chiesa; oggi sono consapevole che la mia posizione deve essere piú radicale. Io penso che oggi l’unico tempio sia l’interioritá dell’uomo e che sacra sia innanzitutto la realtá della vita. Se da questo si prescinde, come in questi giorni abbiamo constatato a seguito della commovente vicenda di Welby, vengono alla luce solo mostri.
Una Chiesa che usa le parole come bisturi per marchiare, condannare, esiliare, dividere, un’istituzione che usa la vita e la morte in modo ideologico e tradisce ogni giorno il messaggio di Cristo mettendo la legge davanti all’uomo, é un involucro vuoto e il restarne all’interno é oggi per me impossibile.
Mi vengono in mente le parole di Padre Turoldo quando, facendo riferimento alla parabola del Buon Samaritano ed evidenziando l’atteggiamento del sacerdote e del levita che vanno "oltre" l’uomo ferito in vista di qualcosa di piú grande, dice che oltre l’uomo, non c’é niente se non, appunto, l’inutilitá di una religione.

Alberto Stucchi
albertostucchi@fastwebnet. it


CORRADO AUGIAS
c.augias@repubblica.it

L’AMAREZZA di questa lettera mi costringe a un ruolo non mio. La chiesa cattolica éuna poderosa realtá planetaria, ma anche un insieme di interessi, orientamenti, dottrine, realtá politiche. Si trova di tutto all’interno di un organismo cosí diffuso e articolato, dai santi in giú, anche molto in giú. Governarla é impresa di spaventosa difficoltá. Se si considerano i problemi posti alla gerarchia dalla vita com’é ormai comunemente praticata, se ne vede l’estensione. Le questioni della pillola, del preservativo, dei rapporti prematrimoniali, per esempio, sono state abbandonate data l’inosservanza di massa. I piú dei cattolici ritengono loro diritto regolare come credono la fertilitá, anche a prescindere dal flagello dell’Aids che impone il preservativo come male minore. Messa da parte anche la spinosa questione dei divorziati risposati. A differenza di protestanti, anglicani e ortodossi, la chiesa cattolica continua ad avere una posizione di veto sul divorzio.
Solo ufficialmente peró, perché nella realtá si chiude spesso un occhio. Del resto tra divorzio e sentenza di annullamento ottenuta con testimonianze fraudolente alla Sacra Rota, il primo appare moralmente piú limpido. L’omosessualitá é un tema ancora tabú per le gerarchie anche se parroci e vescovi devono fare i conti con queste manifestazioni affettive ormai accettate da tutti. Un altro problema é il maschilismo della Chiesa in un mondo dove le donne reggono ormai governi e grandi imprese. Un altro ancora il celibato dei preti fonte di tante violazioni.
Di fronte a questa congerie di problemi l’arroccamento (soprattutto in Italia) é sui momenti estremi della nascita e della morte. In nome di questo si sono rifiutati, con gesto inutilmente crudele, i funerali religiosi a un cattolico che chiedeva solo una morte "naturale".



Domenica, 07 gennaio 2007