lettera aperta- don sante sguotti

Note in margine al caso di don Sante Sguotti


di (fausto marinetti e umberto lenzi)

Si è detto e scritto di tutto. Soprattutto dagli incompetenti. Ma perché non si ascoltano, una tantum, i diretti interessati, coloro che queste vicende le vivono sulla loro pelle, primo fra tutti il prete in questione?
Per esempio, è da superficiali affermare: "Il vescovo, che in base all’ordinamento cattolico non può, neanche se volesse, lasciarlo" in parrocchia. Sarebbe voler risolvere la questione prima di affrontarla. Sarebbe non vedere i fatti, specie quel fatto nuovo, che smentisce la versione ufficiale, per la quale il prete con donna e figlio va "eliminato", perché "è motivo di scandalo per i fedeli". A Monterosso di Abano 800 fedeli non solo non ne sono scandalizzati, ma sostengono, solidarizzano, si dichiarano anch’essi "figli" di don Sante.
Le domande da porsi, quindi, non sono sul codice, sul diritto del vescovo, sul dovere del prete di dimettersi, ecc. ma ben altre: che cosa si può leggere tra le righe di questa porzione di "popolo di Dio"? Che cosa suggerisce questa "vita nuova"? Perché e per come si è venuta a creare tale situazione? Quali circostanze hanno contribuito ad innalzare il livello di maturità dei fedeli? Non vuol forse dire che il prete è entrato nel loro spirito come "vino nuovo"? Non più e non solo come "funzionario del culto", ma come "persona"?
Se si andasse ad "ascoltare" quella gente, magari si scoprirebbe che la sa più lunga di certi giornalisti, i quali non sanno neppure che nei primi mille anni della cristianità preti, vescovi e 49 Papi erano sposati. E, quindi, non si fa che ripetere i soliti luoghi comuni: "da una parte c’è un prete e i suoi parrocchiani, dall’altra la chiesa istituzione con le sue leggi". Non è esatto. L’immagine della realtà è un’altra: da una parte c’è Golia con tutto l’apparato delle sue istituzioni (la corazza del CIC, le armi dei castighi, repressioni, eliminazioni) e dall’altra Davide con una fionda e quattro sassi: la sua capacità di amare come padre, la fidanzata (il nuovo amore), il figlio (frutto dell’amore), i figli-parrocchiani (che ricambiano l’amore ricevuto).
Una situazione di conflitto tra chi si trincera dietro le leggi canoniche e chi si rifiuta di essere imprigionato nella camicia di forza delle norme umane. Quanti don Sante hanno fatto fagotto e se ne sono andati in punta di piedi (100/150mila nel mondo)! Quanti hanno preferito seguire la prassi consigliata "ufficialmente" di vivere da amanti, di occultare il loro amore come se fosse qualcosa di "sporco"! Quanti figli di preti senza padre ci sono in giro? Quante donne amate e ripudiate, umiliate, ridotte ad amanti, si accontentato di scampoli di tempo e d’amore furtivo? Quanti/e si sono suicidati/e? Senza parlare delle suore rimaste incinta dal prete e costrette ad abortire (si veda il film "Padre Amaro")…
La storia pare quella di sempre, ma c’è un elemento nuovo: don Sante non vuole mettere il silenziatore al suo amore; non vuole uscire di scena dalla porta di servizio; ritiene che non c’è nulla di cui vergognarsi; che l’amore fecondo non può venire che da Dio e, quindi, ha il diritto di viverlo alla luce del sole; che non c’è conflitto tra le varie forme di amore, perché una sola è la sua sorgente.
I non addetti ai lavori non vanno per il sottile: "vuol vivere due vite, prete e marito-padre, e non tiene conto che ognuna di queste vite esclude l’altra. Lui pensa che siano compatibili […] È una posizione insostenibile".
Ed è "sostenibile", contro i dettami dell’ONU, ingaggiare e coltivare nell’apartheid del seminario dei minorenni, che resteranno emozionalmente immaturi per tutta la vita? E’ sostenibile che un ragazzo plagiato fino a 25/30 anni possa decidere del futuro della sua vita, senza sapere a cosa è forzato a rinunciare, che cosa è la solitudine, la paternità, ecc.? Ed è sostenibile la posizione dei vescovi, che hanno spostato i preti notoriamente pedofili da una parrocchia all’altra? Che hanno occultato alla polizia i delinquenti, collaborando a distruggere migliaia di bambini, 11.000 solo negli USA (quelli emersi, ma sarebbero molti di più, anche 100mila)? E’ sostenibile che è meglio ricevere la santa comunione dalle mani consacrate di un don Cantini, di don Dessì, di padre Geoghan (200 stupri), di un padre Macial Marcel Degollado, piuttosto che da quelle di don Sante?
"C’è un codice, e il vescovo non fa che applicarlo". Certo! Ma non è proprio con il codice alla mano che le autorità religiose hanno fatto crociate, inquisizioni, conquiste, roghi, silenzio nella shoà, ecc. ecc.? Non è con la legge del celibato che si consuma la strage degli innocenti, si antepone un norma umana (celibato) ad una legge divina, il diritto del figlio ad avere un padre? La chiesa non dovrebbe semmai imporre al prete con figlio di obbedire alla legge naturale di fargli da padre? Oppure dovrà riconoscere che a forza di parlare di "paternità spirituale" non sa, non ha ancora capito che cosa sia la "paternità materiale"? Infatti quanto "disprezzo clericale" per il figlio della ragazza madre, della prostituta e del carcerato, tutti figli di Dio costretti dalla chiesa a portare il marchio dell’infamia. Non si diceva (e non si continua a pensarlo) che il figlio nato fuori dal matrimonio è "figlio del peccato"? Don Zeno ironizzava: "Mai sentito che il diavolo sappia fare dei figli"!
Quante ingiustizie in nome della legge umana ed ecclesiastica, per giunta!
Si afferma: "Un prete che ha una moglie e una famiglia, è un mezzo prete, è uno come tutti che incidentalmente fa il prete, e ha una famiglia a cui badare".
"Mezzo prete"? La chiesa gerarchica dovrebbe rivoltarsi, ripudiare e condannare tali affermazioni come diffamatorie, perché offendono e discriminano il clero cattolico di rito orientale, il quale da sempre è libero di prendere moglie (preti uxorati, diaconi uxorati anche nel rito latino). Non ha accolto più di cento pastori protestanti convertiti al cattolicesimo, i quali esercitano il ministero pur mantenendo la loro famiglia? (cf la Provvisione Pastorale emanata negli anni ’80 da Giovanni Paolo II). Oppure i preti con famiglia delle chiese clandestine dell’est ordinati durante la seconda guerra mondiale? E’ aberrante dire che tutti costoro sono "mezzi preti"; che si "vuol vivere due vite"; che "ognuna di queste vite esclude l’altra"; che non "si può essere buon prete e buon marito e padre di famiglia". La famiglia dei diaconi e preti uxorati non può impedire loro di amare il popolo, altrimenti il colpevole sarebbe Dio stesso che l’ha inventata. Quante dichiarazioni conciliari e pontificie hanno superato la vecchia discriminazione tra matrimonio e scelta di castità, affermando che non si tratta di un di più e un di meno, ma di due modi, due vie ugualmente sante di amare Dio e i fratelli. Si riconosca, almeno, che nei documenti ufficiali c’è ancora qualcosa di fluido, sopravvive una specie di contraddizione interna, per cui ci sono delle alternanze, degli avanzamenti e dei rinculi (per esempio: tra il CIC/"Pastores dabo vobis" e il "Presbiterorum Ordinis"/ Codice di diritto canonico delle chiese orientali. "Ci si può legittimamente chiedere com’è possibile che uno stesso soggetto magisteriale riguardo a uno stesso oggetto faccia simultaneamente – seppure in contesti diversi – affermazioni incompatibili". Cf Basilio Petrà, Preti sposati per volontà di Dio? EDB, Bologna, 2004, p. 201).
Paragonare il sacerdote con la suora non ha senso. Questa fa un "voto", il prete diocesano, una promessa. Non si sono letti i documenti pontifici, nei quali ormai non si mette più in contraddizione il sacramento del matrimonio con quello dell’ordine presbiterale? E allora come ci si arroga il diritto di parlarne e dettar legge, appellando a dei luoghi comuni superati da un pezzo?
Il "sotterraneo movimento di preti che vorrebbero la fine del celibato" non è poi tanto invisibile e sotterraneo dal momento che solo in Italia ci sono 10/12mila preti sposati. E nel mondo sarebbero 100/150 mila, uno su quattro, un "esercito di riservisti", pensionati anzitempo… E si piange sulla scarsità delle vocazioni, di cui Dio sarebbe così avaro! Se non si è informati neppure sui numeri, chissà sulle ragioni di fondo.
E’ "il popolo di Dio" di Monterosso, che rifiuta l’ipocrisia dei "sepolcri imbiancati"; non vuole applicare un "codice" freddo e sterile alla lettera; gli sta bene il prete con donna e figlio; vuole il prete al suo fianco così com’è. Che male c’è ad ammettere che cominciano a venire meno certi miti? che sono i clericali che si "scandalizzano" non i laici, padri e madri di famiglia, i quali sanno meglio dei prelati che "l’amore fecondo" viene da Dio non dal diavolo? che ogni uomo/donna ha il diritto di vivere e cantare il suo "Cantico dei cantici"?
Come cambiano, come si trasformano le leggi ecclesiastiche? Come tutte le leggi umane, perché la storia produce esempi, fatti nuovi, che non cadono dall’alto, ma vengono dalla esperienza viva delle persone.
La Chiesa non deve forse stare in ascolto dei segni dei tempi, scoprire le tracce dello Spirito che soffia sempre dove vuole e non coincide con il vento romano?
In base a quali argomenti si può sostenere che una Chiesa Cattolica con preti sposati "Se verrà, quella sarà una Chiesa diversa, meno «al servizio», meno legata a Cristo e più al mondo"? E allora perché non fare una bella inchiesta per quantificare quanti sono i preti con l’amante, con figli nascosti, alcolizzati, in cura dallo psichiatra, pedofili, gay, ecc.? E’ meglio mantenere una facciata d’ipocrisia, piuttosto che tornare alle origini quando il prete non era un funzionario del culto, tanto meno una casta, ma veniva scelto dalla comunità tra gli anziani di provata virtù e doveva essere un modello come capofamiglia? S. Paolo raccomanda: "Il pastore sia irreprensibile, marito di una sola donna; sobrio, prudente, decoroso, ospitale, pacifico e disinteressato" (1Tm 3, 2). Non è abbastanza chiara la rivendicazione paolina al diritto degli apostoli di essere "accompagnati da una moglie" (1 Cor 9,5ss)? La prassi apostolica non è una norma collaudata, più efficace della "legge canonica" valevole solo per i cattolici di rito latino? Perché ciò che vale per la chiesa di rito orientale non è valido per quella di rito latino?
I giornalisti sanno che nella Scrittura non si parla mai di preti, ma di ministri; mai di sacerdozio, ma di ministeri, di una gerarchia di servizio, nient’affatto verticista, sacrale, patriarcale, schierata con i potenti? Per "essere" la Chiesa di Cristo non può accontentarsi di qualche opera di carità e del culto spettacolare, devozionale, impedendo agli uomini di vedere la giustizia e le potenzialità del vangelo! Forse che il prete con famiglia non potrebbe essere un esempio, un riferimento pratico per valorizzare quanto l’istituzione non ha mai valorizzato: sessualità (visione ereditata dai pagani), famiglia aperta, figliolanza estesa agli abbandonati, amore coniugale come espressione dell’amore di Dio, ecc. ecc.?
Forse il caso di don Sante è un granellino, una goccia, un "soffio" che grida l’ora di Dio: l’ora di passare da una chiesa concepita come un museo di fossili ad una chiesa più umana che cresce in umanità e in grazia come tutte le realtà soggette al cammino della storia?



Sabato, 01 settembre 2007