Testimonianza
Perché non si può essere presbiteri di Cristo in questa chiesa.

di Amedeo Gaetani

Gentile Direttore,
dopo ventitre anni di appartenenza alla chiesa cattolica, di cui tredici come presbitero, sono tornato uomo libero. Sono intervenuto già, in alcune circostanze, nel tuo sito, e ho cercato di dare il mio contributo via via che qualche “bella” notizia di sapore ecclesiale me ne dava lo spunto. Ora desidero descrivere la mia esperienza, pensando di interpretare anche le lamentele di miei confratelli preti che, pur vivendo lo stesso disagio, spesso, ed io li capisco, non hanno il coraggio di affrontare questi discorsi, trovandosi dinanzi ad un “monolite”, la chiesa cattolica, che fa di tutto per tacitare le coscienze e spersonalizzarle in perfetto stile antievangelico. E allora eccomi a raccontare la mia storia che spero non sia pesante per nessuno. Sono stato presbitero fino allo scorso mese di Agosto, dopodichè ho deciso di fare il grande passo verso la libertà, dopo 13 anni di presbiterato e ho chiesto la dispensa dal sacerdozio e dal celibato per la mia ferma volontà di tornare laico Ho voluto scrivere questa mia riflessione come testimonianza di ciò che avviene tra le sacre mura della chiesa cattolica. Non pretendo di essere il depositario di verità né chiedo nulla ma solo che questa testimonianza sia pubblicata perché forse molti preti come me e molti credenti possano cominciare ad aprire gli occhi su una realtà, quella gerarchica cattolica, che si mostra bella all’esterno, come depositaria della verità assoluta ma che poi, al suo interno, mostra le vergogne di chi non ha vergogna. Non desidero più lavorare all’interno dell’istituzione ecclesiale, fatta di eccessiva religiosità ma senza un minimo di Comprensione Umana; religiosità farisaica che manca di carità e di misericordia. Soprattutto, le comunità parrocchiali sono diventate entità disincarnate, dove la misericordia non esiste. Tutto questo accade per l’eccessiva scrupolosità di pastori che, incarnando nelle comunità, a loro affidate, lo spirito legalistico-farisaico, tanto caro alla gerarchia vaticana, stanno trasformando le stesse comunità in luoghi oscuri, tenebrosi, dove vige soltanto la legge, la penitenza, la mortificazione, a scapito della gioiosa rivelazione evangelica che vuole l’essere umano libero da ogni forma di schiavitù legalistica e rituale. La fede in Gesù è stata ridotta ad una mera partecipazione a dei riti sterili dove non esiste un minimo di Calore evangelico; dove si parla sempre e solo di documenti papali, di direttorio di pastorale familiare, di catechismo della chiesa cattolica, di testi di catechismo, di regole da osservare. E il Vangelo? Dove è finito? Avverto il progredire di una pericolosa autoreferenzialità della chiesa gerarchica, che parla solo di se stessa, nascondendo il Vero, Unico Artefice della fede: Gesù Cristo. Guardo con grande amarezza le messe domenicali dominate da segni eclatanti come l’incenso, la processione offertoriale, i cartelloni, il lezionario portato in processione d’ingresso: tutti segni ben preparati e ben armonizzati all’interno della celebrazione eucaristica ma poi ascolto omelie senza capo né coda, senza alcun significato coinvolgente. Insomma le messe sono sempre più “cerimonie” e sempre meno “Eucaristia”. Cerimonie dove i suddetti segni oscurano il vero “Segno”: l’annuncio gioioso e liberante del Vangelo. Le omelie vengono ridotte ad ammonizioni dei fedeli, visione di un Dio spaventosamente esigente nei confronti dei suoi figli; i fedeli vengono spaventati dalla visione di un Dio che non ha nulla di diverso dal dio antropomorfo e capriccioso di antica memoria. Ma non vi accorgete, voi vescovi, della discrepanza esistente tra i bei canti gioiosi organizzati da giovani entusiasti della loro fede e le orribili omelie che intristiscono i fedeli, i quali entrano in chiesa lieti di incontrarsi e ne escono carichi di fardelli che il celebrante impone sulle loro spalle attraverso omelie moralistiche di stile medioevale? Vuoti formalismi rituali a cui si dà eccessivo risalto a scapito del bene delle persone. Non sopporto più i pastori che guidano le parrocchie facendo leva solo su rapporti formali con la gente e dando spazio ai ricatti più subdoli, pur di vedere le loro chiese piene di persone. Come si può pretendere di portare gente in chiesa prestandosi a ricatti bassi e insulsi, come la negazione dei sacramenti a chi non frequenta la messa o agli omosessuali e divorziati? Pensate che i fedeli poi partecipano alla messa di buon animo? Ma non vi accorgete che, così facendo, non fate altro che allontanare coloro che vorremmo presenti alle nostre assemblee domenicali? Ho riscontrato questo penoso modo di rapportarsi al prossimo, sia a livello presbiterale sia episcopale, che di laici cosiddetti impegnati. Sapete come si chiamano costoro? Opus Dei, Cammino neocatecumenale, Comunione e Liberazione, movimenti tanto cari al papa. Miei cari vescovi: Date spazio sempre più alla teologia medioevale di queste “sette” e le vostre chiese ben presto si svuoteranno. D’altra parte questi movimenti sono di stampo papalino e dubito che siano messi da parte. Gesù dice che non si può mettere vino nuovo in otri vecchi. Come riuscite a conciliare la teologia alquanto negativa di questi movimenti, che hanno al loro interno vescovi, presbiteri e laici che parlano solo del diavolo e dell’inferno, con le istanze di liberazione che salgono dal cuore delle nuove generazioni, le quali chiedono in modo sempre più pressante la testimonianza di una fede allegra e gioiosa, che doni pace ai cuori già tormentati di tanti ragazzi e ragazze? E voi vescovi, che affidate le comunità a presbiteri millenaristi, che stanno attenti solo alle madonne che piangono? Voi che affidate le comunità a presbiteri che vedono il demonio dappertutto, come pensate che crescano i bambini e i ragazzi che si sentono dire che chi non va a messa la domenica compie un peccato mortale, invece di farli entusiasmare raccontando loro la storia di quel Gesù che li ama alla follia? Voi vescovi che affidate le comunità a persone che pensano solo a far quattrini, celebrando messe a ripetizione solo per fare soldi, non avvertite che i fedeli sono irritati per questa prassi simoniaca? No, non mi ritrovo più in questo contesto dove la religione predomina sulla fede; dove la teologia negativa dell’osservanza delle regole predomina sulla Teologia Positiva dell’Incarnazione; dove il formalismo religioso, di sapore farisaico, sta svuotando le chiese. Ma forse è meglio così: che le chiese si svuotino pure, almeno i ragazzi si mantengono integri e non bevono il veleno di tanta insulsaggine, da parte di responsabili di comunità, attenti solo a fare proselitismo attraverso la visione pessimistica del cristianesimo. Andate avanti così e continuate pure a chiedervi il perché i giovani non vengono in chiesa ! Ma possibile che non vi venga in mente che il vostro modo di predicare non attira nessuno? Possibile che non vi passi neanche attraverso l’anticamera della mente che i giovani hanno sete del Cristo Uomo, Evangelico, difensore degli emarginati e paladino dell’Uomo Libero, mentre voi vi affannate a parlare ad essi solo della chiesa e dei documenti papali e del corso di cresima e del corso di preparazione al matrimonio? Ho parlato con tanti ragazzi e ragazze, nella mia esperienza di presbitero. Sapete qual è stata la mia meraviglia? Sentire che questi ragazzi, mentre parlavano, lo facevano in modo evangelico. Essi mi parlavano di Gesù e del loro desiderio di amore, di pace, di solidarietà, di fratellanza, di perdono, di servizio ai poveri, pur senza conoscere il Vangelo. Ad alcuni di loro ho chiesto perché non venivano in chiesa. Mi hanno risposto che non vengono perché sentono solo rimproveri verso i giovani. Meditate cari vescovi. Questa risposta vi dovrebbe far saltare dalle vostre comode poltrone. Sapete cosa ho capito, in questi anni, a contatto con alcuni di voi vescovi? La vostra categoria è fatta di persone a cui mancano i basilari valori umani. Le vostre vesti, episcopali coprono la mancanza di umanità e le vergogne di chi non ha vergogna. Me ne ero reso conto già in Seminario ma ho voluto portare avanti questo mio cammino. Ho voluto essere presbitero di Cristo perché credevo di avere a che fare con uomini onesti ed integri ma ho dovuto fare i conti con ciò che non è di Cristo. Ho incontrato più Umanità nel mondo laico e ateo, che oggi reputo il vero mondo evangelico che guarda all’Uomo e alle sue ansie, che non nei rappresentanti presunti di Cristo. La gerarchia è stata per me, quanto di più deleterio un uomo possa vivere sulla sua pelle. Le parole dette con doppiezza, le promesse fatte e non mantenute, i tradimenti, l’ipocrisia, coperta ad arte dal vostro perbenismo rituale-liturgico, che copre le indicibili malefatte di certa categoria che fa di tutto pur di ottenere il potere e il controllo sulle coscienze dei semplici. Doppiezza di atteggiamenti; favori fatti ai ricchi a disprezzo dei poveri, ai quali gli stessi favori vengono negati. Certa gerarchia cattolica è fatta di persone molto spirituali e poco umane. Con tutto il rispetto per le vostre persone, nella vita civile, voi vescovi, parlo di quelli che ho conosciuto io, sareste uomini molto mediocri, perché non conoscete il rispetto della parola data, la comprensione, l’empatia, la capacità di immedesimazione alle sofferenze umane. Forse queste cose le avete messe in atto prima di essere vescovi ma poi, diventati Prìncipi della chiesa, avete mostrato che il bene che facevate da preti lo facevate solo per guadagnare i “galloni”. Infatti, dopo essere diventati vescovi, si rivela tutta la vostra doppiezza e ipocrisia che copre una mancanza di umanità già presente. Ma non vi accorgete che la vostra mancanza di umanità è visibile ad un miglio di distanza? Voi che credete di trovar riparo dietro le vostre vesti di bisso e di raso e le vostre croci dorate che sono un insulto alla croce di Cristo? Non vi rendete conto che Dio rivela le vostre vergogne, nonostante voi fate di tutto per coprirle con le vesti episcopali e liturgiche? Inoltre avete ciò che urta più di ogni cosa: L’esasperato bisogno di potere e di denaro, che indica un’eccesso di carenze affettive e che infastidisce non poco i fedeli. Ecco perchè non voglio far parte più del clero, per non stare più a contatto con voi vescovi, voi gerarchi di Cristo ma di quale Cristo? Io, nella vita civile, mi ci ritrovo, perché l’ho già vissuta e adesso porto con me il bagaglio di un’esperienza presbiterale che mi è stato utile per far capire, ai “ridotti” come me, il grande valore umano dei Vangeli. Non è stato semplice, per me, prendere questa decisione. Non lo è stato, dopo la fatica fatta per lasciare un lavoro e andare in Seminario all’età di 31 anni. Oggi, che ho 50 anni, avrei potuto continuare il mio itinerario all’interno del clero, senza scossoni. In fondo la gente, quella onesta e semplice, mi vuole bene e questo, per me, ha un valore inestimabile. Avevo tutto, non mi mancava nulla: Lo stipendio per vivere dignitosamente, l’onorabilità, il rispetto, quello sincero. E invece adesso mi ritrovo disoccupato ma ben felice di esserlo, pur di stare lontano da voi, gerarchi di Cristo, che avete sempre il suo Nome sulla bocca ma lo rinnegate con i fatti. Ho sempre lottato nella vita e lo farò ancora, per non dover ringraziare nessuno e affidarmi solo alla Divina Provvidenza che, sono certo, non mi farà mancare nulla, come ha sempre fatto. Io non so vivere ipocritamente e, quindi, ho voluto salvare la mia dignità e portare avanti, con determinazione, il mio pensiero libero e rispettare la mia coscienza, perché nel clero, anche se avrei potuto continuare a vivere con onore e rispetto, rischiavo di giocarmi la coscienza e la mia libertà e questo non lo permetterò a nessuno, fino alla morte. Ho preferito ritrovarmi disoccupato ma in pace con la mia coscienza. Non ho mai sopportato di vivere in ambienti dove regna solo l’ipocrisia, l’arrivismo, la falsità e il fanatismo religioso a scapito dell’Uomo. In questi tredici anni di presbiterato non ho fatto altro che vedere l’espressione più bassa dell’umanità, proprio in coloro da cui mi sarei aspettato, non dico un po’ di carità cristiana, perché sarebbe come cercare l’ago in un pagliaio, ma un minimo di sana onestà, di aiuto nel momento del bisogno e di rispetto umano. Trovare carità, in voi vescovi è stato, per me, come anelare alla mistica più alta. Se voi vescovi la smetteste di credere che tutto gira intorno a voi; se voi vescovi la smetteste di credere di avere l’esclusiva della fede; se voi vescovi la smetteste di credere che il Vangelo lo conoscete solo voi; se voi vescovi la smetteste di credere che, al di fuori del vostro insegnamento, Gesù Cristo non c’è; se voi vescovi la smetteste di ripararvi dietro le vostre vesti ricchissime, che sono un pugno allo stomaco nei confronti dei poveri che non arrivano alla fine del mese; se voi vescovi la smetteste di pontificare dagli altari sacri e scendeste in mezzo alle persone, che sono le vere realtà sacre care a Cristo; se voi vescovi vi mostraste per quello che siete, né più, né meno come ogni uomo fragile in questo mondo; ebbene io credo che ne guadagnerebbe anche la vostra testimonianza. E’ la vostra veste che vi fa ergere sopra tutti e, siccome dovete apparire belli a vedersi, vi snaturate con comportamenti non consoni alla più genuina umanità. I vostri paramenti sono il vostro sostegno di fronte alla gente. I vostri pastorali d’argento sono i vostri idoli. Le vostre croci dorate sono il segno della vostra potenza, più che il segno della debolezza del Cristo crocifisso. I vostri zucchetti rossi sulla testa e le vostre fasce rosse vi fanno apparire belli al di fuori ma dentro? C’è un po’ di umanità? Voi vescovi avete la presunzione di apparire al di sopra delle nostre fragilità e rovinate tutto ciò che di buono Nostro Signore potrebbe operare attraverso la vostra debolezza umana. Miei cari fratelli vescovi, si può camminare insieme solo se si riconoscono le reciproche pochezze e non trattando i presbiteri come merce umana, da collocare nelle parrocchie senza chiedere loro se possono portarne il peso e dimostrando, così, che il vostro unico scopo è quello di piazzare preti in ogni parrocchia, senza sapere quali sono le reali capacità di ogni prete, per farvi belli dinanzi alla Santa Sede. E così dimostrate anche di disprezzare il popolo di Dio, costretto a subire di tutto dai preti senza scrupoli, che voi piazzate nelle parrocchie come guardiani della fede e non come uomini in mezzo agli uomini. L’importante per voi è che si facciano venti matrimoni all’anno, trenta comunioni, quaranta cresime…………………
Non desidero più appartenere alla gerarchia cattolica, avendone fatta un’esperienza assolutamente spersonalizzante. Le cose che più mi hanno sconcertato in questa mia breve, ma intensa avventura presbiterale, all’interno dell’istituzione ecclesiale, sono queste: il prete è visto come l’uomo sacro da riverire. Ma nello stesso tempo egli non può pensare con la propria testa, ma deve agire secondo Codex Iuris Canonicis ( la santa legge che regola tutto, perfino l’intimità più intima delle persone. Legge che Gesù aveva già spodestato rispetto all’uomo). La gerarchia è diventata ai miei occhi l’esatto contrario di ciò che Gesù insegna nel Vangelo quando dice: «Chi vuol essere il primo si metta a servizio di tutti» . E mi sono reso conto, sulla mia pelle, di ciò di cui sono venuto a conoscenza nella mia evoluzione presbiterale e nel proseguo della mia esperienza di fede: e cioè che Gesù non ha fondato una chiesa gerarchica, ma sinodale (sun-odos ) dove tutti camminano insieme, sulla stessa strada, senza padroni e sudditi (come vorrebbe invece la gerarchia, con la sua concezione piramidale-costantiniana del cristianesimo). Noi tutti siamo in cammino alla ricerca della Verità rivelata da Gesù attraverso l’autorivelazione di se stesso come Inviato del Padre, ma siamo in cammino sulla stessa strada. Questa è la Chiesa fondata da Gesù e che vive nei bassifondi dell’umanità, senza fare rumore, senza applausi, senza visibilità mass-mediatica, senza titoli onorifici, senza il plauso dei poteri politici di turno, senza la solennizzazione degli eventi liturgici di massa, che creano soltanto fanatismo religioso e isterismo-esaltazione di massa, ( vedi i movimenti ecclesiali tanto cari alla gerarchia e che guardano unicamente alla loro star- mediatica di turno : il papa ). La mia stessa visione ecclesiologica si è evoluta, nel tempo, fino a farmi arrivare alla piena convinzione che essere presbitero di Cristo vuol dire essere colui che insegna agli uomini e alle donne a camminare con le proprie gambe e a ragionare con la propria testa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, Unico Mediatore tra Dio Padre e l’umanità. Compito del presbitero è condurre le persone a Gesù che , solo, libera e concede una vita nuova a chi si affida a lui. Gesù ha liberato l’essere umano dai lacci della legge farisaica ( Galati cap. 4 ); ma la chiesa, che nel tempo si è costituita gerarchicamente sotto la spinta della ricerca del potere di matrice costantiniana, ci ha fatto ripiombare tutti nel baratro della schiavitù nei confronti della legge, non più mosaico-farisaica, ma, alla maniera farisaica, la legge del diritto canonico. Nella mia esperienza presbiterale ne ho sorbito tanta che ho capito a quale livello di aberrazione è arrivata la gerarchia, al punto da legiferare perfino riguardo all’intimità sessuale dei coniugi. Realtà, questa, di cui perfino Gesù, che è il Signore, non ha fatto parola in tutta la sua predicazione evangelica, per la delicatezza della sfera più intima dell’uomo, che solo Dio può esplorare e che solo la coscienza del singolo individuo, guidato dallo Spirito Santo, può mettere a frutto secondo il principio primordiale, immutabile e inviolabile dell’autodeterminazione della Persona. Caratteristica, questa, propria della natura umana, così come è stata voluta dal Creatore. E invece la gerarchia ha la presunzione di poter legiferare in materia di sessualità, storpiando e distorcendo una realtà così delicata già nell’animo dei bambini, i quali, nel corso della naturale crescita evolutiva, tendente a far scoprire loro il valore della sessualità, vengono, così, spaventati dai presunti castighi che Dio infliggerebbe a coloro che vivono la sessualità non secondo le leggi dei monsignori che hanno la presunzione, pur essendo celibi e astinenti, di insegnare ai bambini e agli adolescenti come va vissuta la sessualità; inducendo nel loro animo soltanto paura e castrazione mentale, le quali hanno come conseguenza negativa quella di indurre in essi una visione negativa e “sporca” del bene più prezioso che l’essere umano possiede: appunto la sessualità. Ne è testimonianza il grande scandalo della pedofilia, che riguarda soprattutto i sacerdoti cattolici, che essendo stati plagiati, già da chierichetti e poi nei seminari, da educatori che hanno represso, in essi, le pulsioni sessuali, si sentono portati, una volta diventati adulti, ma non certo adulti nella psiche, a violentare i bambini. E la gerarchia dovrebbe ricordare ai cristiani, ma se ne guarda bene dal farlo, che il Vaticano si è affrettato, come mai è accaduto per altre realtà, a intimare ai vescovi statunitensi il silenzio riguardo al più deplorevole degli scandali e cioè la pedofilia che è stata denunciata nelle diocesi americane negli ultimi anni. Attraverso un lavoro capillare di omertà, i vescovi americani sono stati costretti, da Roma, a mettere a tacere la violenza subita da migliaia di bambini, ad opera di sacerdoti e vescovi, a suon di milioni di dollari ( oltre 140 milioni di dollari ) risarciti alle famiglie dei suddetti bambini. Al di là del fatto, già deprecabile in sé, che non si riesce a capire come fanno, le diocesi, a possedere somme così ingenti di denaro, qui si affronta un tema delicatissimo che ha una causa ben precisa: l’obbligo del celibato sacerdotale, che pare essere la causa scatenante, secondo insigni studiosi della materia, riguardo all’attenzione morbosa e violenta verso i bambini, da parte di persone consacrate, con il tremendo trauma psichico che ne consegue. Sappiamo tutti, ormai, che il celibato ecclesiastico, riguardante solo i preti della chiesa latina ( come se le altre chiese non fossero chiesa ), è una imposizione giuridica risalente al 1100, quando i preti e i vescovi furono costretti a rinunciare al matrimonio, cosicché, alla loro morte, l’eredità potesse passare nelle mani fameliche della sede apostolica e non agli eredi legittimi. Sempre e solo questione di soldi, che la gerarchia tiene in somma considerazione, essendone diventata da tempo schiava, incarnando, nella realtà, la grande prostituta di cui parla il libro dell’Apocalisse ( prostituzione nei confronti del dio denaro ). E ancora oggi l’istituzione gerarchica fa credere agli ignari credenti che il celibato sia un’istituzione divina, dimenticando che Gesù scelse persone sposate e che l’apostolo Paolo parla, nelle sue lettere, ai vescovi e ai presbiteri sposati e non dice ad essi di rinunciarvi; anzi, alcuni li esorta a sposarsi invece di “ardere”. Per la questione del sacerdozio femminile è già ormai risaputo che, legare il divieto per le donne a ricevere l’Ordine, al fatto che Gesù abbia chiamato a Sé solo uomini, è un falso; in quanto la maggior parte dei teologi afferma, oggigiorno, che la chiamata di Gesù era dettata da motivi sociologici, in un contesto maschilista dove le donne contavano meno di niente. Inoltre se consideriamo che il primo annuncio della risurrezione fu fatto a Maria di Magdala, non possiamo ostinarci a dire che le donne non possono ricevere L’Ordine. Ma a questo punto non scomodo neanche S.Paolo che afferma che: ormai, in Cristo Gesù, non ci sono più giudeo o greco, schiavo o libero, uomo o donna, ma siamo tutti Uno in Cristo Gesù. Se poi vediamo che nella comunità di Corinto si parla di una donna, Stefana, che presiede una comunità di credenti, allora penso veramente che la gerarchia abbia messo da parte la Sacra Scrittura per dedicarsi alla politica, per non perdere il potere, quello sì, che ha, ormai, secolarizzato, ma, ancor più, sclerotizzato tutta la cosiddetta santa sede. Tornando alla questione del celibato, la gerarchia, per rispondere all’obiezione del celibato liberamente scelto, dice che il sacerdozio ordinato celibe fa riferimento a Gesù che non era sposato. Alla banalità di questa risposta rispondo a mia volta, con altri studiosi di questa questione, che allora dovremmo dare il sacerdozio solo agli ebrei, in quanto Gesù era ebreo. Che Gesù fosse maschio è una dato di fatto, ma solo storico e non investe anche la divinità di Gesù. La gerarchia ricorda che Gesù è Dio solo quando gli fa comodo, ma si guarda bene dal dire che Gesù, essendo Dio, porta in Sé, nella Sua Persona Divina, le caratteristiche della mascolinità e della femminilità. Per questo motivo Giovanni Paolo I ( vero Pastore di Cristo in continuità con Giovanni XXIII ) potè dire, in un suo memorabile discorso, che Dio è anche Madre. Ma ahimè, papa Luciani visse troppo poco (chissà perché…!?!? ) per poter continuare questo discorso, che avrebbe rimesso in discussione tante pseudo-verità riguardanti il sacerdozio celibe e la preclusione al sacerdozio femminile. Allora costringere i sacerdoti- presbiteri a non sposarsi è un atto disumano tra i tanti che la gerarchia, nel tempo, ha perpetrato a danno dei figli della Chiesa. Risultato? La gerarchia vaticana proclama al mondo il rispetto dei diritti umani, ma al suo interno li vieta per motivi misteriosi, andando anche contro il suo stesso diritto canonico, il quale afferma che il matrimonio è un diritto inalienabile di tutti. E per i preti? Caduta la motivazione teologica, per i motivi da me espressi, resta la regola del 1100 ( Questioni di eredità ). E qui il dio denaro (Mammona )la fa da padrona. Come d’abitudine d’altronde. Togliete pure all’uomo l’esigenza interiore, creazionale, del legame con la donna ! Che cosa accade? L’uomo si rifugia nel potere e nel denaro, per non parlare della pedofilia. Sono tutte forme di compensazione psichica, ormai acclarate da illustri teologi-psicanalisti ( vedi Eugen Drewermann ). Questa è, in ultima analisi la situazione della gerarchia odierna. Non sarebbe meglio ritornare ai tempi del primo cristianesimo quando gli animi erano docili perché anche i presbiteri e i vescovi erano liberi di scegliersi la modalità di vita ad essi più congeniale? Grazie a Dio oggi sono maturi i tempi perché ogni uomo e donna, liberamente, scelgano il celibato, che , come già accennato dal Concilio Vaticano II, non è in antitesi con la scelta del presbiterato. Ma sono anche consapevole che la gerarchia cattolica non farà passi in questo senso, ancora fino a quando avremo una gerarchia romana che spadroneggia perfino nei confronti delle conferenze episcopali di tutto il mondo. Il papa è diventato un monarca assoluto in tutti i sensi. La storia ci ha insegnato che solo un Concilio può determinare la vita operativa della Chiesa Universale. Da una ventina di anni a questa parte abbiamo invece assistito ad una escalation di documenti papali che contraddicono in modo netto l’ultimo Concilio di Giovanni XXIII. Molto spesso i Sinodi delle Chiese continentali arrivano a definire linee di condotta il più possibile confacenti alle situazioni di vita locali, con grande beneficio delle popolazioni del luogo. Penso al problema dell’inculturazione della fede in Cina o alla teologia della liberazione nell’America latina o alla proposta di allentare la morsa terribile dell’etica sessuale in Spagna, ecc. Tutti fenomeni dovuti all’esigenza di incarnare la fede in quelle realtà. Ma la nostra fede non è la fede nell’Incarnazione del Figlio di Dio, Gesù di Nazareth? E Gesù di Nazareth non ha forse ascoltato ogni essere umano per ridargli la Pace e la libertà di agire, per amore, in modo libero, facendo sì che ogni persona autodeterminasse se stessa riguardo alla propria vita privata? E invece ecco che si solleva il vaticano: No ! Tutte le decisioni dei Sinodi delle Chiese locali devono avere l’Imprimatur del papa. Storicamente sono stati sempre i Sinodi e i Concilii a determinare la vita operativa della Chiesa. I Concilii facevano determinate affermazioni legate ai tempi storici che si vivevano, siano esse in materia di fede e di morale. Il papa, come “ Primus inter pares” nella Carità ( come diceva S. Ignazio di Antiochia ) si faceva garante delle decisioni dei Concilii osservando il comando di Gesù:« Pasci i miei agnelli……». E non “spadroneggia” non solo sui miei agnelli, ma anche suoi tuoi pari (i vescovi ). Così infatti agisce oggi il papa insieme ai suoi pochi “ bravi “ che fanno il bello e il cattivo tempo. Infatti, dal Concilio Vaticano II in poi, ma ancora più oggi, il papa è diventato monarca assoluto anche nei confronti delle conferenze episcopali locali. Lo stesso Concilio Vaticano II, di cui mi sento figlio, sta per essere spazzato via attraverso un ritorno all’indietro per volontà del papa, con, dietro le quinte, la magistrale opera dell’Opus Dei, che essendo elevata a Prelatura personale del papa, sta riportando la chiesa in pieno medioevo. E i vescovi, quelli buoni, quelli in gamba, purtroppo abbassano la testa e rassegnati vanno avanti per inerzia. Ma io non mi rassegnerò mai fin quando Dio mi darà la forza di parlare. E per parlare, come figlio del Concilio Vaticano II, sono dovuto uscire da questa gerarchia. A quale grande ipocrisia stiamo assistendo a causa della gerarchia vaticana!!! E di quale grande peccato siamo vittime!!! Mi sembra di ascoltarlo adesso Gesù, che, in questo tempo così oscuro per la gerarchia, che ha fatto il suo tempo, fa rimbombare le sue tremende parole: « guai a voi ipocriti, razza di vipere, sepolcri imbiancati ………. Voi che caricate fardelli sulle spalle delle persone e voi non li portate nemmeno con un dito». Questa è la realtà della gerarchia cattolica, inseritasi prepotentemente e senza alcun mandato divino all’interno della Chiesa santa di Cristo( che è tutt’altra realtà e di cui mi sento di fare ancora parte ). E allora solo legge, diritto canonico, scomuniche per chi pensa diversamente, censura per chi aiuta le categorie di persone emarginate dalla gerarchia: penso agli omosessuali, ai divorziati risposati, tenuti lontano dai sacramenti quasi fossero persone di serie B; quando invece, nel Vangelo, Gesù non ha mai escluso nessuno dalla comunione con Dio (episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci). Penso, a livello generale, ai teologi che cercano di dimenarsi tra tanta povertà, nel mondo, per dare dignità a quei poveri Cristi sfruttati dal potere. Mi riferisco alla Teologia della Liberazione, in America Latina, così aspramente osteggiata dalla gerarchia cattolica, la quale gerarchia mostra, così, di schierarsi apertamente con il potere. Penso ancora ai tanti teologi progressisti di grande fama, scomunicati solo perché hanno osato dissentire dalle farneticazioni papali. Non posso allora non biasimare, anche a livello nazionale, l’atteggiamento della gerarchia cattolica e della CEI che scendono, oggi più che mai, a patti con i potenti di turno, per assicurarsi il “piatto di lenticchie” di biblica memoria, fatto di tornaconti, di potere, di privilegi; tutto a discapito della povera gente che lavora e che soffre per arrivare alla fine del mese ( la vera Chiesa di Cristo ). Non c’è che dire: tutto perfettamente evangelico eh…….?!?!? Lo dico con dolore. Ancora: nella mia esperienza presbiterale ho incontrato migliaia di persone tormentate dal “presunto” peccato nei confronti del sesto comandamento. E questo accade perché la gerarchia deve mettere il naso perfino nelle camere da letto dei coniugi. Si considerino, a tal proposito, le ingerenze politiche ormai all’ordine del giorno, dove la gerarchia cattolica preme per legiferare in materia di etica sessuale, secondo una morale cattolica che non ha nulla di evangelico. Vedi i pacs. No! Non me la sento più di essere un prete gerarchico. Volevo essere un prete “pensante”, evangelico, con coscienza propria. Mi sono ritrovato ad essere un prete che, più che il Vangelo, deve insegnare le leggi canoniche. Un prete uomo dei rifiuti e delle regole capestro per la povera gente. E questo anche per non urtare la suscettibilità di tanti pii cattolici, pronti al giudizio spietato nei confronti dell’uomo moderno, ritenuto peccatore, attraverso il paravento del proprio perbenismo rituale. Cattolici pronti a farsi giudici del prossimo e che manifestano una spietatezza senza pari nel mandare anzitempo persone all’inferno, per giustificare la propria pretesa giustizia di fronte a Dio; quasi che l’episodio del fariseo e del pubblicano al tempio non abbiano insegnato nulla a costoro, che pensano solo ad un cristianesimo ridotto ad un’accozzaglia di leggi da osservare, ma che non conoscono nemmeno l’ombra dell’Amore di Dio, che va accolto e non meritato attraverso l’osservanza dei precetti. Questo cattolicesimo fatto di regole da osservare per guadagnarsi la benevolenza di Dio, io non lo accetto. Ma è questo il cristianesimo che moltissimi presbiteri e vescovi si ostinano a inculcare nelle coscienze dei ragazzi e dei giovani e che porta questi ultimi ad abbandonare l’Eucaristia. Da parte mia, mi sono sforzato fino all’inverosimile per aiutare giovani e ragazzi a ragionare con la propria coscienza, così come ci insegna Gesù nel Vangelo. Risultato? Io sono stato additato come il traviatore di coscienze. E coloro che tengono legate le coscienze attraverso la paura del peccato mortale, attraverso lo spauracchio di un ipotetico inferno, inventato di sana pianta per la crassa ignoranza dei testi evangelici originali, scritti in greco; costoro, dicevo, presumono di essere i protettori delle coscienze. Ma questo è un insulto a Cristo e al suo Vangelo d’Amore e di Misericordia. Ed io non posso sopportare oltre. Dico ai presbiteri, senza presunzione, ma molto fraternamente: studiate i testi evangelici greci. Non posso sopportare, nessun cristiano può più sopportare che il Vangelo venga oltraggiato in questa maniera, per ridurlo ad una somma di regole da osservare per guadagnarsi il paradiso ( teologia alquanto medievale che è in vigore sempre più nelle nostre comunità cristiane ). I testi evangelici primitivi, scritti in greco, sono un Inno Eterno alla Misericordia di Dio. E invece i Vangeli sono stati tradotti, prima in un discutibile latino e poi in un pessimo italiano da pessimi traduttori intenti solo a far rimanere i cristiani nell’ignoranza delle Sacre Scritture, per non perdere il potere di spadroneggiare sulle coscienze e tenerle così all’oscuro della Verità evangelica uscita dalla bocca di Gesù Cristo. E dico anche ai cristiani: destatevi dal sonno dell’ignoranza dei testi sacri, in cui la gerarchia vi tiene, per paura che apriate gli occhi alle menzogne che vi insegnano, fatte passare per Vangelo e che Vangelo non sono. E’ finito il tempo della “delega della coscienza”. Decidete da voi stessi le sorti della vostra vita. Gesù Cristo ama tutti e non vuole imporvi alcun peso se non il dolce peso del Suo Amore. Non lasciate che siano altri uomini, spacciantisi per intermediari di Cristo, a guidare la vostra vita e quella dei vostri figli a colpi di ricatti che non hanno nulla da invidiare alla corruzione più becera e più antievangelica. Ho lasciato, a suo tempo, un lavoro statale e sono andato in seminario a tarda età perché credevo alla sequela di Cristo e ci credo ancora. Ma io credo in una sequela che ha i connotati dell’UMANO, di uomo tra gli uomini, così come Gesù Cristo ci ha insegnato con il Suo meraviglioso Amore per gli uomini e le donne di ogni tempo; e non di persona sacra a cui obbedire (L’istituzione cattolica ha fatto dell’obbedienza un cappio che si stringe sempre più al collo dei cristiani semplici e volenterosi). Ma credo anche in una sequela di Cristo che ha i connotati umani dell’amore per chi soffre e dell’indignazione nei confronti delle ingiustizie; quelle ingiustizie causate anche da una gerarchia cattolica chiusa alla novità e all’uomo moderno; chiusa a tutto ciò che è moderno. Altrochè relativismo morale del mondo. Siete voi coloro che si chiudono al mondo. Voi gerarchi con la pretesa del comando. Voi, uomini consacrati, con la sete del potere e del denaro. (un potere che Gesù ha condannato apertamente ). Un attaccamento al denaro che mette in ombra ciò che Gesù disse, quando affermò: «Non potete servire Dio e Mammona». Io aborro questo potere e per questo motivo non voglio appartenere un minuto in più a questa gerarchia. E allora ho deciso che la misericordia di Cristo per TUTTI, senza distinzioni, può essere annunciata anche senza far parte della gerarchia. Per questo motivo esco dalla gerarchia ma resterò cristiano, evangelico così come Gesù Cristo ha voluto per i suoi apostoli. Un cristiano senza titoli e senza cariche, ma UNIVERSALE, nel senso pieno del termine originario; e non cattolico difensore della fede e dei dogmi a discapito dell’ Uomo. Voglio tornare ad essere un uomo libero, un uomo amico di Gesù e del suo Messaggio, con tutti i miei difetti e con tutte le mie pochezze. Ma un cristiano libero di annunciare l’Amore di Cristo a tutti; senza più parlare nelle assemblee cosiddette sacre e dentro mura altrettanto presunte sacre. Ho parlato a sufficienza e chi ha voluto o potuto apprendere da me, lo ha fatto e questo basta a me e a loro. Adesso è giunto il momento di testimoniare il Vangelo di Gesù Cristo oltre le sacre mura, fuori dalla cerchia degli “eletti”. Da “ridotto” e non da uomo sacro (sacerdote ). Come Gesù, che non si è mai autoproclamato sacerdote, ma solo servitore dell’umanità. E se il sacerdote, per questa gerarchia, è colui che comanda e detta legge, preferisco essere colui che serve. Parlerò ancora alla gente che vorrà ascoltarmi, ma fuori dalle sacre mura. Ho deciso di tornare laico che, peraltro, per me, significa, come già detto, una “riduzione” allo stato laicale, come afferma la “santa” legge del diritto canonico. Che bella espressione razzista eh?!?! Proprio secondo la logica evangelica…..non c’è che dire ! Secondo la gerarchia il laico è un “ridotto” rispetto al clero. Questo testimonia la grande considerazione che la gerarchia ha nei confronti dell’uomo-donna della strada. Anche il linguaggio tradisce la pretesa superiorità della gerarchia rispetto al “ridotto” mondo degli umani. Torno laico, intanto perché ho capito, nella mia evoluzione presbiterale, che Gesù era laico anche Lui. Mi sono già autodispensato, nella mia coscienza, da ogni legame con la gerarchia e ancor più da ogni legame papalino. Almeno Pietro era un uomo che sbagliava e sapeva di essere fragile e io mi riconosco in lui. Ma dopo di lui, il vuoto assoluto, altrochè vicari di Cristo in terra! Ma non vedete che non ci crede più nessuno? I papi , invece, e specialmente gli ultimi due, hanno avuto sempre la presunzione di non avere dubbi. Ed io ho sempre avuto timore delle persone che non hanno dubbi, perché sono le più spietate. Mi assumo la responsabilità del passo che sto per fare, perché mi sento chiamato, oggi più che mai, da Gesù Cristo a predicare la sua Parola da laico. Ho sperato, nel tempo del mio presbiterato, che l’istituzione cattolica apprezzasse il mio sforzo di evangelizzazione e mi aiutasse ad esprimerlo appieno per il bene del popolo di Dio, così come Gesù Cristo mi aveva suggerito nel cuore, nel giorno della mia conversione a Lui. E invece non ho avuto altro che opposizioni ed emarginazione, da quella stessa istituzione che avevo scelto come garante della mia opera evangelizzatrice. Voi, fratelli presbiteri, non vi siete mai chiesti che cosa significa la solitudine che un presbitero prova quando, rinunciando agli affetti umani, si sente abbandonato anche da quella istituzione gerarchica che dovrebbe fungere da catalizzatore di tutte le istanze affettive che ogni presbitero percepisce in sé? Forse qualcuno ha la sfacciataggine di appoggiarsi a surrogati dell’affettività repressa e non espressa( denaro, potere, sete di comando); tutte forme sostitutive di una, così chiamata, sublimazione delle pulsioni affettive. Ma allora io che aborro la corsa al denaro, al potere e la sete di comando, che cosa dovrei fare? Nella mia esperienza presbiterale, forse perché ho predicato sempre e costantemente l’Amore di Dio, non ho avuto altro che isolamento ed emarginazione. E allora dovrei rimanere in una istituzione di cui non mi fido più in alcun modo e continuare a vivere come se nulla fosse accaduto? No ! Il mondo, quello che è intorno a noi, deve conoscere la realtà. La gente, ignara delle torbidità esistenti nella Chiesa di Cristo, deve sapere con chi ha a che fare. I fedeli devono sapere con chi hanno a che fare ! E questo è il compito che oggi voglio portare avanti e che io mi sento chiamato a svolgere. Per questo motivo esco dalla gerarchia. Non esco dalla Chiesa, non voglio uscire dalla Vera Chiesa di Cristo, fondata sulla Roccia che è Gesù Cristo; ma esco solo dalla istituzione gerarchica che, nella sua bramosìa di apparire potente e di spadroneggiare sulle persone, tutto rappresenta, fuorché la vera Chiesa di Cristo. Non cambierò lavoro. Guai a me se non predico il Vangelo, come dice Paolo. Se non predico, cioè, la Misericordia di Cristo e se non mi indigno delle ingiustizie che vedo all’interno della Sua Chiesa. Fin quando Dio mi darà la forza di predicare, lo farò come discepolo del Suo Figlio, ma laico alla maniera di Gesù e quindi evangelico, libero di predicare il Vangelo e non legato agli schemi schiavizzanti dell’istituzione cattolica che ha la presunzione di dirigere la coscienza e di togliere la libertà di parola, quando questa è scomoda.
Non mi ritrovo più in questa istituzione ecclesiale, che a mio avviso e non solo a mio avviso, ha smarrito lo spirito del Concilio Vaticano II, pur citandolo continuamente in modo ipocrita. Lo ha smarrito sia nei rapporti con il mondo, arroccandosi in un esasperato legalismo canonico e mettendo da parte la misericordia evangelica; sia nei rapporti tra vescovi e presbiteri, dettati solo da un legame curiale freddo e legalista, dove prevalgono il Lei e i titoli principeschi. Il titolo unico con il quale Gesù connotò Se stesso fu “il figlio dell’uomo” ; mentre i titoli principeschi( don, monsignore, eccellenza, eminenza, santità ) sembrano connotare i gerarchi cattolici come “figli di dei”. Giovanni XXIII ci insegnò, da buon pastore, che (testuali parole): «oggi, più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo la chiesa cattolica. Non è il Vangelo che cambia. Siamo noi che cominciamo a conoscerlo meglio». E allora, io “prete conciliare”, non mi ritrovo più in questa istituzione ecclesiale che rende l’uomo schiavo del diritto canonico, invece che promuoverlo come figlio di Dio , attraverso il Vangelo, unico testo che è la chiave unica e irripetibile per aprire la porta della comprensione del “Crittogramma umano” o del “Fenomeno umano”, come direbbe Tehillard de Chardin e così come ha ampiamente dimostrato Gesù Cristo nella sua vita terrena. Ancor di più adesso ci troviamo in un tempo buio, ma non per il mondo, ma per la chiesa gerarchica, dove le cose che contano, per questa istituzione, sono l’abito del prete, la liturgia fatta in certo modo, il culto formalistico fatto di novene, tridui, processioni, adorazioni e via dicendo (cose tutte che non hanno mai indotto nessuno alla ricerca della fede); e non la promozione dell’uomo; il quale viene, così, lasciato a se stesso e lasciato marcire nei crocicchi delle strade del mondo, nella più indecente povertà e nella possibilità, quindi, di delinquere. E tutto questo avviene mentre le cattedrali e le curie sono autentici caveau pieni d’oro e d’argento; per non parlare dei calici e delle pissidi imperlate di diamanti, le croci dorate e le tuniche color scarlatto dei monsignori, che fanno bella mostra di sé; mentre milioni di bambini muoiono di fame ogni giorno, senza che il Vaticano spenda una parola contro questo sterminio di massa perpetuato dall’occidente cosiddetto cristiano e alleato con la cosiddetta santa sede. Una santa sede ricca a tal punto da far rabbrividire perfino il ricco Epulone. Una gerarchia ecclesiastica che, più che il Concilio Vaticano II, sta riaffermando lo spirito non solo preconciliare, ma anche anticonciliare di lefebvriana memoria; svalutando, in pieno, il forte desiderio evangelico di Giovanni XXIII per una Chiesa sempre più Ecumenica. Oggi l’ Ecumenismo ha ricevuto un colpo mortale e l’istituzione cattolica si sta isolando di nuovo nella rocca delle proprie leggi; capitanata da un papa che, dichiarandosi successore di Pietro, si arroga il diritto di essere infallibile, dimenticando che il vero Pietro fu chiamato così da Gesù perché era il più testardo tra tutti gli apostoli, ( altrochè infallibilità…! ). Una istituzione dalla veste costantiniana, mai dismessa nel corso dei secoli e che fa della propria tradizione religiosa il fondamento che ha già causato persecuzioni nei confronti di altre confessioni religiose, e, oltre agli scismi d’Oriente e d’Occidente, già gravi di per sé, ha causato milioni di vittime con le crociate, i roghi, le torture, la schiavitù ed altra roba da non poter trovare posto perfino nei più cruenti films horror. Ma oggi la gerarchia crede di aver riguadagnato credibilità con la sua parvenza di perbenismo, con le vesti di bisso e raso, con i vestiti di porpora coperti di gioielli, al punto tale da diventare un’autentica attrazione mass-mediatica, dimenticando che la gente muore di fame nelle strade del mondo per denutrizione. No, questa non può essere la chiesa di Cristo. A questo punto comincio a pensare, non me ne vergogno, che Gesù Cristo non abbia fondato alcuna chiesa. Cordiali saluti


Amedeo Gaetani
ex presbitero, “ridotto” felice di esserlo.
E-mail: amedeo.gaetani@virgilio.it



Domenica, 28 ottobre 2007