Libertà di scelta
di Diego Rojas e Bruno Lazzaro
Per la prima volta, un gruppo di sacerdoti argentini si pronuncia. Sono preti cattolici che si muovono per reclamare il diritto di formare una famiglia. Il caso Lugo ha dato luogo alla polemica: servire Dio è incompatibile con la sessualità?
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Sono tempi di decisioni e dibattiti all'interno della Chiesa Cattolica. Tempi in cui sorgono dubbi e si fanno ancor più evidenti gli sforzi per trovare risposte, tempi in cui in ogni luogo in cui si incontrano sacerdoti, religiosi e laici si sente pronunciare la domanda: bisogna mantenere l'obbligo al celibato se si vuole servire Dio? Il clima di discussione si è aperto quando è venuto alla luce un fatto inquietante: il presidente paraguaiano Fernando Lugo - vescovo che ha ottenuto la dispensa ecclesiastica per poter assumere la presidenza - ha riconosciuto un bambino di due anni come suo figlio. Altre due donne affermano di essere state messe incinte quando ancora lui esercitava il sacerdozio. E' venuto alla luce il sospetto circa l'inadempienza di una regola che molti considerano obsoleta. Ed è stata oggetto di discussione la necessità di permettere un naturale esercizio della sessualità nel clero. Sono questioni che tornano ciclicamente. Ma per la prima volta un gruppo di sacerdoti argentini hanno deciso di esprimere apertamente la loro richiesta affinché il celibato diventi facoltativo e non obbligatorio, così che i preti che lo desiderano possano sposarsi, formare una famiglia ed avere figli, e che questo non sia un impedimento all'esercizio della loro vocazione.
Sono i religiosi che hanno deciso di rimetterci la faccia, il nome e i titoli per poter aprire un dibattito che includa una ampia fetta di società e che rinforzi questa petizione con la sua testimonianza.
"Quale prova migliore dell'essere a favore del celibato facoltativo di un prete con figli?", tuona Eduardo de la Serna mentre accarezza sorridente la pancia di Luis Farinello, che non si preoccupa e suggerisce l'uso di photoshop per nasconderla, provocando l'ilarità dei suoi colleghi nella fede. Cinque sacerdoti tra quelli che hanno promosso l'approvazione del celibato facoltativo, si sono riuniti con Veintitrés per esprimere un punto di vista che ha sollevato molta polemica: "Gesù non ha mai menzionato il celibato e di fatto tra i Dodici c'erano sia celibi che sposati. Pietro, su cui si è edificata la Chiesa, aveva una moglie" - dice Farniello. "Il celibato è un dono, un carisma e nulla può essere contrario ad una tale immensa consacrazione. Ma credo che debba essere facoltativo per quei preti che vogliono avere una famiglia".
De la Serna aggiunge: "Sostegno questa posizione perché credo che il celibato sia una cosa molto buona. E' un segno, ma se rappresenta altro, perde la sua funzione. E perché abbia un significato, non deve essere imposto. Il problema si fonda laddove, secondo la Chiesa, il sesso viene considerato una parolaccia". Secondo Daniel Echeverìa "la sessualità è una realtà che necessità di controllo e dominio di sé. La Chiesa non è esente da queste forme di manipolazione. Il celibato obbligatorio può essere strumento di controllo sulle persone". La serietà con la quale questi preti sostengono le proprie posizioni è il risvolto positivo del boom mediatico scaturito dal caso Lugo. La tendenza ad opporsi al celibato che è presente tanto nel clero come nei fedeli cattolici ha occupato le pagine di cronaca rosa, i programmi di intrattenimento e di comicità scontata, sebbene realistica. "Lugo ha cuore, ma non ha usato il profilattico", ripete un ritornello popolare e già si raccontano fiabe dal titolo "Non sono figlio di Lugo" o "Figli miei! Lugo". Ma la questione è molto più drammatica. Nel tempo il problema dell'esercizio della sessualità ha segnato il destino di molte persone e anche di quello della loro Chiesa. "Quando un prete si innamora si produce un gran vuoto" - dice Farinello. "Io mi sono innamorato a 30 anni e so che non è facile osservare con la fedeltà che la Chiesa impone. Conosco il caso di un prete che, per allontanare l'amore che sentiva per una donna, ha cominciato a mangiare, preda di una angoscia terribile. E continua a farlo."
L'esperienza amorosa è una delle forme in cui si manifesta il sentimento umano, è una possibilità che poche persone non sperimentano almeno una volta ella vita.
"Tutti siamo passati attraveso l'innamoramento, è normale", dice Anìbal Filippini. "E questa situzione si percepisce come una privazione, alla stregua
di molta gente che vive per le strade che non ha accesso a tante cose".
"Quando accade qualcosa del genere, vengono le lacrime agli occhi prima di riuscire a decidere il da farsi", afferma Ignacio Blanco. "Tutti almeno una volta siamo stati innamorati ed è difficile andare avanti. Il celibato è un sacrificio molto grande", sostiene Rodolfo Taboada. "Tutti noi lo siamo stati e ci ha aiutato poterne parlare con i confratelli. Nulla va al di là dell'innamoramento", ci racconta Félix Gibbs.
Le conseguenze di una scelta d'amore sono drastiche e definitive: la Chiesa esige che i presbiteri che decidono di vivere apertamente una relazione, ivi compreso il matrimonio, abbandonino l'abito e l'esercizio del ministero. "Colui che abbandona il ministero è considerato un traditore e viene marchiato a fuoco", dice Josè Mariani, un po' in disparte.
Nell'enciclica Sacerdotalis Caelibatus, scritta nel giugno 1967 da papa Paolo VI, si legge: "Noi dunque riteniamo che la vigente legge del sacro celibato debba ancora oggi, e fermamente, accompagnarsi al ministero ecclesiastico; essa deve sorreggere il ministro nella sua scelta esclusiva, perenne e totale dell'unico e sommo amore di Cristo e della consacrazione al culto di Dio e al servizio della Chiesa". Nel 2006, papa Joseph Ratzinger ha comminato le sue prime scomuniche e i destinatari furono l'ex vescovo dello Zambia, Emmanuel Milingo, che sosteneva la possibilità di esercitare il sacerdozio anche se si era sposato, e quattro altri preti sposati statunitensi, consacrati vescovi dallo stesso Milingo. Più tardi Benedetto XVI ha riunito la Curia romana per discutere sul tema, riaffermando il mantenimento della misura. Inoltre ha proibito la discussione di questo tema all'interno del clero. Sono norme che la chiesa argentina difende e fa proprie nella persona della sua massima autorità il cardinale Jorge Bergoglio.
A prescindere da questo, Vìctor Acha afferma che "Esistono molti preti che fanno buon viso e cattivo gioco rispetto al problema. Esistono uomini che fanno parte della gerarchia ecclesiastica che hanno dei figli. Si oppongono al celibato facoltativo per ragioni ideologiche che non condizionano però il loro agire". Tuttavia, nelle stesse alte sfere Vaticane ci sono voci dissidenti. Il cardinale Carlo Martini (che fu il più votato nell'ultima elezione papale ma che rifiutò l'incarico per ragioni di salute) è a favore del celibato opzionale. "Credo che Ratzinger sia coerente con le sue posizioni filosofiche ed è questo il problema, giacché, da buon platonico, considera il corpo e le sue emozioni sono inferiori", argomenta De la Serna. "Benedetto XVI è un conservatore, un uomo adulto che ha una visione nostalgica di ciò che era la fede in Europa", aggiunge Farinello. "Non c'è apertura al dialogo, si risponde a domande nuove con risposte vecchie", protesta Ángel Caputo. "Il papa che deciderà di cambiare questa regola sarà segnato. Non è una decisione facile da prendere", riconosce Jorge Aloi. "La Chiesa vive una stasi e in tal modo provoca una lentezza in tutto ciò che si riferisce ai cambiamenti. Così non può andare avanti", osserva Miguel Berotaràn. "Nel 1971 Paolo VI non accettò che si votasse al riguardo perché la maggioranza sarebbe stata a favore del celibato facoltativo. Oggi viviamo una sorta di regresso", dice De la Serna. Al momento in cui si cercano le cause a favore del celibato obbligatorio, molti sacerdoti pensano che siano di ordine economico. "Come potrebbero le comunità cristiane mantenere sacerdoti con moglie e figli? Quale dovrebbe essere lo stipendio in questi casi?", si domanda Daniel Echeverrìa. Secondo Germàn Pravia "sono molto poche le diocesi che hanno un sistema di mantenimento. Lo Stato paga lo stipendio dei vescovi e riconosce una rimessa ai seminari, come si potrebbe dare luogo ad un nuovo sistema che contempli una famiglia per i sacerdoti?
Nel clero locale il problema è antico e si potrebbe affermare che i precursori di questa controversia sono argentini. Mons. Jerònimo Podestà fu il primo vescovo al mondo che ammise di essere stato innamorato. Negli anni '60 fu uno degli esponenti dell'ala progressista della Chiesa e nella sua diocesi di Avellaneda cominciarono ad arrivare i preti operari e i futuri dirigenti del Movimento dei Sacerdoti del Terzo Mondo. Nel 1966 conobbe Clelia Luro, madre di sei figli, frutto del matrimonio con un nipote del possidente Rubstiano Patròn Costas. Fu subito assunta presso la segreteria della diocesi e da quel momento i due diventarono inseparabili. Nel 1967 - lo stesso anno in cui Paolo VI promulgò la sua enciclica sull'argomento - decisero di vivere insieme come una coppia, quando il caso venne alla luce e si recò personalmente da Paolo VI per spiegare la situazione, ma non ci riuscì, poiché il pontefice non accettò di ricevere neanche Clelia. Podestà fu sospeso dall'esercizio del ministero e dovette rinunciare alla diocesi. Nel 1974, minacciato da Tripla A (alleanza anticomunista argentina) e si ritirò in esilia insieme alla sua famiglia. Fu il presidente della Federazione Latinoamericana di Sacerdoti Sposati e Mogli fino alla sua morte nel 2000.
Attualmente Clelia è presidentessa a vita dell'associazione che rappresenta 150mila sacerdoti a livello mondiale che hanno deciso di unirsi in matrimonio. Il totale dei sacerdoti su scala globale sale a 400 mila. "La carenza di preti è una questione pratica Il celibato volontario potrebbe aiutare a sanare questa situazione", spiega Lucio Carvalho Rodrìguez.
Negli ultimi giorni, due nuovi casi commuovono l'opinione pubblica argentina. Il 5 aprile il prete di Cordoba Victor Hugo Casas ha annunciato ai suoi fedeli di rinunciare all'abito per mettere su famiglia. E la settimana scorsa si è scoperto un caso di un prete di Mendoza Alberto Ortega, che ha deciso di abbandonare il sacerdozio quando ha saputo che la sua donna era incinta. Sette anni prima aveva avuto un altro figlio dalla stessa donna. Nel 2005, un documento inviato alla Conferenza Episcopale fu firmato da 91 membri del Encuentro Nacional de Curas en la Opción por los Pobres. In uno dei suoi punti il testo richiamava l'attenzione sulla necessità di riformare la Chiesa e avanzare nella "revisione delle modalità di vita che separano i presbiteri dal popolo, inclusi il lavoro, l'abito e il celibato obbligatorio". Molti dei firmatari hanno opinato sul tema mediante questa nota. "La chiesa ha il terrore di affrontare questa questione e si difende con una posizione dogmatica", afferma Pablo Agüero. “Per la gente del barrio, è una cosa evidente. Che si mantenga il celibato è una questione economica. Non si può contraddire un papa. Bisogna difendere l'associazione, anche se si è in disaccordo. La gente che sta a Roma non è poi così aperta", contesta José Luis "Cubi" Calcagno. Se il caso Lugo ha suscitato la polemica, i risvolti politici che si producono rispetto al suo ruolo presidenziale potrebbero oscurare l'apertura di una necessaria discussione. "Gli esacerbati rimproveri a Lugo per la sua situazione provengono dalla destra, quale parte di una speranza di cambiamento nel continente accanto a Evo", sostiene Ignacio Blanco. Il vescovo emerito di Posadas Joaquìn Piña ha espresso solidarietà al presidente paraguaiano: "Bisogna accettare che siamo umani e che possiamo trasgredire il celibato, che non è un mandato divino, ma una determinazione ecclesiastica. E' una campagna dei nemici politici che stanno approfittando della situazione per tentare di pregiudicarla". Sulla base di studi e sondaggi realizzati in seno alla comunità cattolica, il sociologo cattolico Pedro Gorondi assicura che "la maggior parte dei fedeli e del clero è a favore del celibato facoltativo". Senza dubbio, a giudicare dalla vastità di questa protesta, nessuno degli intervistati prevede un cambiamento a breve. "La Chiesa del potere non ascolta la voce del popolo, sta lontano da ciò che accade al basso", lamenta Farinello. In qualche modo, tutti concordano che è un cambiamento che dovrà realizzarsi ad un certo momento. "Quando un uomo si sposa, si libera e si impegna al tempo stesso - specifica Clelia Luro, la vedova di Podestà, in dialogo con Veintitrés. Ma per la Chiesa è difficile condurre gli uomini alla libertà, preferisce la gente sottomessa. Ma nei prossimi anni il celibato facoltativo verrà introdotto per decantazione".
Prodotto da: Lucas Cremades e Leandro Filozof Testo reperito da Patrizia Vita
Traduzione di Stefania Salomone
Libertad de elección
30-04-2009 / Por primera vez, un grupo de sacerdotes argentinos se pronuncia. Son curas católicos que se animan a reclamar el derecho a formar familia. El caso Lugo destapó la polémica: ¿servir a Dios es incompatible con la sexualidad?
Por Diego Rojas y Bruno Lazzaro
Son tiempos de deliberación y debate en el interior de la Iglesia Católica. Tiempos en los que surgen dudas y se hacen evidentes los esfuerzos para brindar respuestas, tiempos en los que toda reunión en la que se encuentran sacerdotes, monjas y laicos gira alrededor de una pregunta: ¿debe mantenerse vigente el celibato obligatorio si se desea servir a Dios? El clima de discusión se abrió cuando salió a la luz un hecho inquietante: el presidente paraguayo Fernando Lugo –obispo que fue dispensado de la tarea eclesiástica para asumir el cargo de primer mandatario– reconoció a un niño de dos años como su propio hijo. Dos mujeres más afirman que fueron embarazadas por él cuando todavía ejercía el sacerdocio. La sospecha acerca del incumplimiento de una regla que muchos consideran obsoleta se puso sobre el tapete. Y la necesidad de permitir un ejercicio natural de la sexualidad en el clero volvió a ser discutida. Son temas que siempre regresan. Pero por primera vez un grupo de sacerdotes argentinos decidió expresar de manera abierta el reclamo para que el celibato sea una opción y no un mandato, para que los curas que así lo deseen puedan casarse, formar familias y tener hijos, y que esto no sea un impedimento para ejercer su vocación. Son los religiosos que decidieron poner la cara, sus nombres y sus apellidos para abrir un debate que involucra a una porción mayoritaria de la sociedad y que pueblan con sus testimonios esta nota. “¿Qué mejor prueba de que estamos a favor del celibato optativo que un cura embarazado?”, bromea Eduardo de la Serna mientras acaricia sonriente la panza de Luis Farinello, que no se amilana y sugiere el uso del photoshop para disimularla y provoca la risa de sus colegas en la fe. Cinco sacerdotes de los tantos que promueven la aprobación del celibato voluntario se reunieron con Veintitrés para expresar un punto de vista que levanta polémica. “Jesús no mencionó al celibato y de hecho entre sus doce apóstoles había solteros y casados. Pedro, sobre quien se erigió la Iglesia, tenía esposa –afirma Farinello–. El celibato es un don, un carisma, nadie puede estar en contra de una consagración tan formidable. Pero creo que debería ser optativo para los sacerdotes que quieran formar familia.” De la Serna coincide: “Sostengo esta posición porque creo que el celibato es una cosa muy buena. Es un signo, pero si no significa algo, pierde su función. Y para que signifique, no debe ser impuesto. El problema radica en que, para la Iglesia, el sexo sigue siendo casi una mala palabra”. Para Daniel Echeverría “la sexualidad es una realidad en la que se ejerce control y dominio. La Iglesia no está exenta de estas formas de manipulación. El celibato obligatorio puede ser instrumento de control de las personas”. La seriedad con la que estos presbíteros dan cuenta de sus posiciones es la contracara del boom mediático que inició el caso Lugo. La tendencia al cuestionamiento al celibato que se incuba tanto en el clero como entre la feligresía católica ocupó los escaparates de la prensa del corazón, los programas de chimentos y la burla fácil, aunque efectiva. “Lugo tiene corazón, pero no usó el condón”, repite el estribillo de un hit cumbiero y ya aparecieron remeras con leyendas como “No soy hijo de Lugo” o “Hijos míos! Lugo”. Pero la cuestión es mucho más dramática. A lo largo del tiempo el problema del ejercicio de la sexualidad decidió el destino de muchas personas y también el de su Iglesia. “Cuando un cura se enamora se produce un vacío muy grande –dice Farinello–. Yo me enamoré a los treinta años y sé que no es fácil cumplir con esa fidelidad que impone la Iglesia. Conozco el caso de un cura que, para alejarse del amor que sentía por una mujer, empezó a tomar, movido por una angustia muy grande. Y continúa haciéndolo.” La experiencia del amor, una de las formas en que se manifiesta el sentido de la humanidad, es una posibilidad que pocas personas no atraviesan jamás. “Todos hemos pasado por situaciones de enamoramiento, es normal –acota Aníbal Filippini–. Y esa situación se percibe como una privación tal como mucha gente que vive en la calle y que no tiene acceso a un montón de cosas.” “Cuando sucede algo así, te planteás con lágrimas en los ojos cuál es la decisión que vas a tomar al respecto”, agrega Ignacio Blanco. “Todos alguna vez estuvimos enamorados y es muy difícil de llevar. El celibato es un sacrificio muy grande”, sostiene Rodolfo Taboada. “A todos nos pasó, yo pude resolverlo hablando sobre esto con otros compañeros. Nunca fui más allá del enamoramiento”, cuenta Félix Gibbs. Las consecuencias de elegir el amor son drásticas y terminantes: la Iglesia exige a aquellos presbíteros que deciden establecer una relación de manera abierta e, incluso, contrayendo matrimonio, que deban abandonar los hábitos y, por ende, el ejercicio del sacerdocio. “El que deja el ministerio es considerado un traidor y porta una deuda de sangre”, señala José Mariani (ver aparte). En la encíclica Sacerdotalis Caelibatus, escrita en junio de 1967 por el papa Pablo VI, se afirma: “Pensamos que la vigente ley del sagrado celibato debe estar unida al ministerio eclesiástico y sostener al ministro en su elección exclusiva, perenne y total del único y sumo amor de Cristo y de la dedicación al culto de Dios y al servicio de la Iglesia”. En 2006, el papa Joseph Ratzinger realizó sus primeras excomuniones y los castigados fueron el ex obispo de Zambia Emmanuel Milingo, que defendía la posibilidad de ejercer el sacerdocio a pesar de haberse casado, y cuatro curas casados estadounidenses a los que el africano consagró obispos. Más tarde, Benedicto XVI reunió a la Curia romana para discutir el tema y reafirmó la vigencia de la medida. Además, prohibió que el tema se siguiera discutiendo en el seno del clero. Son normas que la Iglesia argentina defiende y hace propias en la figura de su máxima autoridad, el cardenal Jorge Bergoglio. A pesar de ello, Víctor Acha afirma que “hay muchos curas que llevan una tolerancia callada con este problema. Existen hombres que forman parte de la jerarquía de la Iglesia que incluso tienen hijos. Se oponen al celibato voluntario por razones ideológicas que no condicen con su accionar”. Sin embargo, incluso en las altas esferas del Vaticano existen voces disidentes. El cardenal Carlo Martini (que fue el más votado en la última elección papal pero que declinó el puesto por razones de salud) aboga por el celibato voluntario. “Creo que Ratzinger es honesto en sus posiciones filosóficas y ese es el problema ya que, como buen platónico, considera que el cuerpo y sus emanaciones son inferiores”, opina De la Serna. “Benedicto XVI es un conservador, un hombre mayor que tiene una visión nostálgica de lo que fue la fe en Europa”, agrega Farinello. “No hay apertura a los cambios, se contestan preguntas nuevas con respuestas viejas”, se queja Ángel Caputo. “El Papa que decida cambiar esta regla quedará marcado. No es una decisión fácil de tomar”, reconoce Jorge Aloi. “La Iglesia vive desfasada y provoca así una lentitud en todo lo que se refiere a los cambios. Así no se puede avanzar”, asevera Miguel Berotarán. “En 1971 Pablo VI no aceptó que la cuestión se votara, porque la mayoría estaba a favor del celibato optativo. Hoy vivimos una época de retroceso”, dice De la Serna. A la hora de buscar las causas del sostenimiento del celibato obligatorio, muchos sacerdotes creen encontrarlas en las razones económicas. “¿Cómo podrían sostener las comunidades cristianas a sacerdotes con esposa e hijos? ¿Cuál debería ser el salario familiar en esos casos?”, se pregunta Daniel Echeverría. Para Germán Pravia “son muy pocas las diócesis que tienen un sistema de manutención. El Estado paga los sueldos de los obispos y da una remesa a los seminarios, ¿cómo se podría dar curso a un nuevo sistema que contemple a las familias de los sacerdotes?”. En el clero local el problema es antiguo y se podría afirmar que los precursores de la controversia son argentinos. Monseñor Jerónimo Podestá fue el primer obispo en el mundo que reconoció haber estado enamorado. Durante los sesenta fue una de las cabezas del ala progresista de la Iglesia y a su diócesis de Avellaneda comenzaron a llegar curas obreros y futuros dirigentes del Movimiento de Sacerdotes del Tercer Mundo. En 1966 conoció a Clelia Luro, madre de seis hijas fruto de su matrimonio con un sobrino del hacendado Robustiano Patrón Costas. Pronto, se incorporó al obispado como secretaria y se volvieron inseparables. En 1967 –el mismo año en que Pablo VI promulgó su encíclica sobre el asunto– decidieron vivir juntos como pareja y, cuando el caso salió a la luz, intentó explicarle personalmente la situación al papa Pablo VI, pero no lo logró, ya que el Pontífice no aceptó recibir también a Clelia. Podestá fue suspendido en el ejercicio sacerdotal y debió renunciar a la diócesis. En 1974, amenazado por la Triple A, marchó al exilio junto a su pareja. Fue el presidente de la Federación Latinoamericana de Sacerdotes Casados y sus Esposas hasta su muerte en el año 2000. En la actualidad, Clelia es la presidenta vitalicia de la asociación que a nivel mundial representa a 150 mil sacerdotes que decidieron unirse en matrimonio. El total de sacerdotes a escala global asciende a 400 mil. “La falta de sacerdotes es una cuestión práctica. El celibato voluntario podría servir para paliar esta situación”, especula Lucio Carvalho Rodríguez. En los últimos días, dos nuevos casos conmovieron a la opinión pública argentina. El 5 de abril el cordobés Víctor Hugo Casas anunció a sus fieles que renunciaría a los hábitos para formar familia. Y la semana pasada se conoció el caso del mendocino Alberto Ortega, quien decidió abandonar el sacerdocio cuando supo que su novia estaba embarazada. Siete años atrás había tenido otro hijo con la misma mujer. En 2005, una carta enviada a la Conferencia Episcopal fue firmada por 91 miembros del Encuentro Nacional de Curas en la Opción por los Pobres. En uno de sus puntos, el texto llama la atención sobre la necesidad de reformar la Iglesia y avanzar en la “revisión de los modos de vida que separan a los presbíteros del pueblo, incluyendo trabajo, vestimenta y celibato obligatorio”. Varios de los firmantes opinaron sobre el tema para esta nota. “La Iglesia tiene miedo de enfrentar esta cuestión y se defiende con una posición dogmática”, afirma Pablo Agüero. “Para la gente del barrio, es una boludez. Que se mantenga el celibato es una cuestión económica. Cómo vas a contradecir a un Papa. Hay que defender la corporación, por más que se esté en desacuerdo. La gente que está en Roma muy abierta no es”, dispara José Luis “Cubi” Calcagno. Si bien el caso Lugo desató la polémica, los ribetes políticos que se producen debido a su rol presidencial podrían oscurecer la apertura de una discusión necesaria. “Los exacerbados reproches a Lugo por su situación provienen desde la derecha, cuando forma parte de esa esperanza de cambio en el continente junto a Evo”, señala Ignacio Blanco. El obispo emérito de Posadas Joaquín Piña se solidarizó con el presidente paraguayo: “Hay que aceptar que somos humanos y que podemos fallar al celibato, que no es un mandato divino, sino una determinación de la Iglesia. Es una campaña de enemigos políticos que aprovecharon la situación e intentan perjudicarlo”. Basado en estudios y encuestas que realizó en el seno de la comunidad católica, el sociólogo católico Pedro Gorondi asegura que “la mayor parte de la feligresía y el clero está a favor del celibato voluntario”. Sin embargo, a pesar de la masividad de este reclamo, ninguno de los consultados auguró cambios cercanos en el tiempo. “La Iglesia del poder no escucha la voz del pueblo, está lejos de lo que sucede abajo”, se lamenta Farinello. De cualquier manera, todos coinciden en que es un cambio que deberá realizarse en algún momento. “Cuando un hombre se casa, se libera y empieza a ser él mismo –destaca Clelia Luro, la viuda de Podestá, en diálogo con Veintitrés–. Pero para la Iglesia es difícil conducir a hombres libres, ella prefiere personas sumisas. Pero en los próximos años el celibato voluntario se impondrá por decantación.” Producción: Lucas Cremades y Leandro Filozof Mercoledì 06 Maggio,2009 Ore: 13:07 |