SITUAZIONI CON TORTE
di Renée Lareau
I mille espedienti escogitati dalle parroc-chie statunitensi rimaste senza preti per sopravvivere come comunità di fede.
Renée Lareau è l’autrice di questo articolo, pubblicato dalla rivista dei religiosi claretiani “U.S. Catholic” (10/12/2007). Titolo originale: “O father, where are thou?” Le pietre angolari della parrocchia di St. Augustine a Republic, in Michigan, sono le tonde e friabili torte di sfoglia infarcite con carne di vitello e di maiale, patate e altre verdure. Vendite promozionali mensili di pasties, come vengono chiamate le creazioni culinarie originali della Penisola settentrionale, sovvenzionano i costi economici di questa parrocchia di sessanta famiglie che è priva di un sacerdote residente da vent’anni.La suora francescana Margey Schmelzle, coordinatrice pastorale presso Sant’Augustine e presso la parrocchia vicina, del Sacro Cuore, lavora sodo per garantire che i parrocchiani siano fisicamente e spiritualmente ben nutriti. Ma mentre vi sono montagne di pasties in questa cittadina rurale, un tempo centro minerario, i preti mancano. A volte la Schmelzle ha chiamato sette preti diversi prima di riuscire a garantire la presenza di un celebrante per le messe del weekend. Deve prenotare i preti per le messe di Natale e delle festività con mesi di anticipo, altrimenti rischia che l’altare resti vuoto. “Qui abbiamo avuto scarsità di preti ben prima che altrove”, afferma spiccia e realistica. “È stato un duro colpo”.Ad una prima occhiata, si potrebbe avere compassione della parrocchia St. Augustine e delle 3.000 “parrocchie senza preti” che le fanno compagnia, dal Montana al Mississippi, concentrate in modo più pesante nel Sud rurale e nel Midwest. Dopo tutto, può essere difficile ottenere i preti - e di conseguenza i sacramenti come l’Eucaristia o l’estrema unzione - quando il sacerdote più vicino vive a 35 miglia di distanza. Uno sguardo più attento alle parrocchie senza preti, tuttavia, rivela che se queste parrocchie hanno scarsità di sacerdoti, sono dotate invece di un alto senso della comunità, della partecipazione volontaria e di una leadership laica competente e professionale. Se le questioni del futuro accesso ai sacramenti e del significato dell’Eucaristia si profilano sullo sfondo, la fedeltà dei parrocchiani e l’industriosità dei loro amministratori laici tengono vive queste parrocchie coese e colme di fede. Come siamo arrivati fin qui?Il numero di preti, sia diocesani che religiosi, ha subito un crollo dagli anni ’70, secondo il Centro per la Ricerca applicata nell’apostolato (Cara). La carenza di preti ha avuto l’attenzione dei media nel 1993 con la pubblicazione di Banchi pieni e altari vuoti (University of Wisconsin Press) dei ricercatori Richard Schoenherr e Lawrence Young. In questo studio ampiamente pubblicizzato, Schoenherr e Young presentarono alcune statistiche allarmanti: entro il 2005, il numero dei preti diocesani attivi negli Stati Uniti sarebbe precipitato a 21.000, vale a dire il 40% in meno rispetto al 1965.Un articolo dell’ottobre 2003 nel National Catholic Reporter lancia un allarme ancora più minaccioso: “Morte, pensionamento e dimissioni hanno già ridotto le file clericali a quel numero due anni prima delle previsioni di Schoenherr e Young”.Le soluzioni proposte alla carenza di preti sono molteplici e varie. Alcuni suggeriscono il celibato opzionale per i preti o un cambiamento nei requisiti dell’ordinazione. Altri ritengono che chi si occupa di vocazioni deve semplicemente lavorare di più per reclutare il futuro clero. Il dibattito sobbolle negli ambienti cattolici, e una soluzione pastorale rapida resta vaga. Nel frattempo, rimane il fatto che negli Stati Uniti il 16% delle parrocchie è già senza preti residenti. Qui conosco tuttiUnite. Calorose. Orientate alla famiglia. Solidali. Le parrocchie senza preti residenti, la maggior parte delle quali piccole e rurali, danno valore alla dimensione comunitaria. “Tutti conoscono benissimo tutti, e tendiamo a prenderci cura gli uni degli altri molto bene”, afferma Mike Denton, parrocchiano di St. Joseph a Big Timber, Montana, una parrocchia di 75 famiglie in una cittadina che un tempo era centro di allevamento del bestiame.Carol McAdory della parrocchia del Sacro Cuore a Louisville, nel Mississippi, un paese di 7.000 abitanti, condivide analoghi sentimenti. “Sembriamo tutti lavorare insieme. Ho avuto il cancro e un nipote che è diventato cieco, e la chiesa è stata molto solidale in tutto questo”.I parrocchiani di queste chiese senza preti, che siano nel Michigan o nel Mississippi, lavorano duramente per darsi a vicenda solidarietà e compagnia, e anche per agevolare le operazioni quotidiane della parrocchia. Ci sono volontari che dirigono i programmi di educazione religiosa, che portano la Comunione ai malati e a quelli che non possono uscire di casa e che offrono servizi di manutenzione. Servono anche come ministri dell’eucaristia, come lettori e si occupano della musica. Nelle parrocchie così piccole, la partecipazione è della massima importanza.Virginia Stillwell, autrice di Priestless Parishes (Ave Maria Press) offre le sue considerazioni sulla base di uno studio approfondito di 11 di queste parrocchie in tutte le regioni della nazione: “La partecipazione in una comunità sembra aumentare sotto la guida di un laico in risposta a questa sfida esterna (quella di non avere un prete residente). La gente sembra farsi avanti, scambiare le proprie opinioni e collaborare più volentieri”.Invitare la gente a farsi avanti è l’ideale, secondo suor Virginia Schwartz, Osm, direttore della parrocchia di St. Ann a Cable, una città dove, secondo lei, “non ti viene in mente di chiudere a chiave la macchina quando vai dal droghiere”. La cittadina è a 45 miglia dal Lago Superiore.“Spingiamo le persone ad assumersi responsabilità per la propria famiglia parrocchiale”, afferma la Schwartz.Il parrocchiano di St. Ann Charles Bowman è d’accordo. “Abbiamo molti comitati attivi e facciamo tante cose. Ma le facciamo con il consenso”.Jane Kendall, un nuovo acquisto della parrocchia del Sacro Cuore a Champion, Michigan, una parrocchia di 90 famiglie a 10 miglia da quella di St. Augustine a Republic, si è lasciata coinvolgere più di quanto avrebbe mai pensato. “Sono la segretaria del consiglio parrocchiale, e nemmeno nei miei sogni più stravaganti ho mai pensato che avrei fatto una cosa del genere”, spiega. Le parrocchie senza preti, secondo i loro parrocchiani, non sono soltanto luoghi in cui tutti conoscono tutti per nome. Sono luoghi dove tutti hanno un lavoro da svolgere. Portami dal tuo capoAd assumersi la responsabilità di guidare queste comunità di fede sono uomini e donne competenti e con una formazione, laici e religiosi. I loro titoli sono numerosi e diversi, a seconda della diocesi in cui sono impiegati. Che si chiamino coordinatori della vita parrocchiale, amministratori pastorali, o direttori pastorali, la descrizione del loro lavoro è la stessa: factotum pastorale. Visitano i malati e quelli che stanno a casa, chiamando un prete quando sono necessari i sacramenti dell’estrema unzione o della confessione. Assolvono a varie mansioni liturgiche, dirigono programmi di educazione religiosa, facilitano la preparazione al matrimonio e al battesimo e si occupano delle questioni amministrative quotidiane della parrocchia.“Ho molti compiti finanziari”, afferma la Schmerlzle. “Non ho segretaria né usciere. Scrivo il bollettino ogni settimana”.I leader professionisti laici nelle parrocchie senza preti si trovano ad affrontare molte sfide, ma per loro le difficoltà maggiori sono le responsabilità amministrative e finanziarie. “Non sono una manager e non sono una segretaria”, afferma Barbara Sturbaun, amministratrice pastorale delle parrocchie di St. Therese e del Sacro Cuore a Louisville e Kosciusko, nel Mississippi. La Sturbaun, che ha un master in teologia e un dottorato in zoologia, afferma: “Faccio queste cose, ma sono la parte meno piacevole del mio lavoro. Faccio le cose più lentamente di come le farei se fossi una manager”.Per Tom Schedler, amministratore pastorale alla parrocchia di St. Jospeh nel Montana, le responsabilità finanziarie comportano decisioni che interessano direttamente il suo standard di vita. “Abbiamo dovuto lottare molto per conservare la stabilità e la sopravvivenza dal punto di vista finanziario, come il mio salario e i benefici pensionistici”, afferma Schedler, che ha un master in teologia. “Ho dovuto trattenere per diverse settimane il mio stipendio perché prima dovevo pagare i conti della parrocchia. Ho dovuto anche occuparmi dei risparmi parrocchiali, cosa che non mi piace fare”. Questioni di aggiustamentoOltre ai problemi amministrativi e finanziari, gli amministratori parrocchiali laici e coloro che essi guidano si trovano di fronte a sfide uniche. Denton, la cui parrocchia nel Montana è guidata da un laico sposato, condivide con noi questa osservazione: “Abbiamo bisogno di un po’ di tempo per capire qual è il ruolo della moglie dell’amministratore pastorale. Se fossimo episcopaliani lo sapremmo, ma non lo sappiamo. Come dobbiamo trattarla? Il protocollo è confuso! Di fatto, lei è una parrocchiana, come me e te e chiunque altro”. Denton osserva anche che “un amministratore laico non ha il colletto romano, quindi deve dimostrare chi è come individuo”.Sebbene ciò possa essere vero all’inizio, gli amministratori pastorali per lo più si sentono molto appoggiati e accettati dai propri parrocchiani. “Ci è voluto un po’ perché si abituassero a me, perché erano abituati alle suore”, afferma la Sturbaun, “ma sembrano aver corretto il tiro”.I parrocchiani hanno difficoltà nell’accettare le donne come leader? “Non ci penso nemmeno, proprio no”, afferma Marilyn Scott, una parrocchiana di St. Therese a Kosciusko, Mississippi. “Sono ansiosi di vedere qualcuno in casa, di vedere le luci accese”, afferma Schmelzle. “Non ho incontrato nessuna opposizione”.Le religiose, che rientrano nel novero degli amministratori parrocchiali, hanno incontrato ben pochi scettici, forse perché, come dice Bowman di St. Ann, “Molti dei nostri parrocchiani più anziani hanno avuto delle suore come maestre”. Anche se gli amministratori parrocchiali affrontano lotte amministrative e di identità pesanti, nessuna è teologicamente e pastoralmente difficile come quella che ruota intorno alla celebrazione domenicale dell’Eucaristia. Questa non è una messaPer molti leader laici, in parrocchie prive di preti, guidare una “celebrazione domenicale in assenza di un prete”, più comunemente nota come servizio di Comunione, è una responsabilità ormai consueta. Un servizio di Comunione – che consiste nella lettura delle Scritture della domenica, in canti, in una riflessione sulle letture condotta da un laico e nella distribuzione di ostie precedentemente consacrate – è offerto al posto della messa. In molte parrocchie come St. Ann nel Wisconsin si riesce a trovare un prete che celebri una messa la domenica e normalmente si offre un servizio di comunione il sabato. In altre, come St. Jospeh nel Montana, c’è la messa la prima e la terza domenica del mese, e un servizio di comunione la seconda, la quarta e la quinta. Le messe sono spesso un favore fatto da preti in pensione che guidano per 30 miglia o più e “arrivano al volo”, afferma Schedler.Come reagiscono i parrocchiani al fatto che talvolta il servizio di Comunione rappresenta la loro unica possibilità di celebrazione domenicale? I leader laici riferiscono che la maggioranza dei parrocchiani si adatta alla situazione e spesso la comunità sembra oscurare l’Eucaristia per importanza. “Abbiamo lo stesso numero di parrocchiani ogni settimana, a prescindere dal tipo di servizio che c’è”, afferma Schedler. “Hanno bisogno della celebrazione domenicale nella loro comunità. Se non celebrassimo (un servizio di comunione) la seconda e la quarta domenica, loro comunque non andrebbero in altre comunità a cercare l’Eucaristia domenicale. Per noi la messa dovrebbe essere più importante, ma la situazione è questa”. Sturbaun concorda sull’importanza del partecipare insieme, che si tratti di un servizio di comunione o di una messa. “Abbiamo bisogno di ritrovarci con regolarità, perché se non lo facessimo crolleremmo, visto che siamo una comunità così piccola”. Schmelzle aggiunge: “Il fatto che ancora funzioniamo come parrocchia, qualsiasi sia il sistema a disposizione, è importante per noi. Noi riuniamo la comunità per un tipo di celebrazione che non è l’Eucaristia in sé, ma riusciamo a tenere insieme le persone, e di questo siamo molto felici”.L’autore di Priestless parishes, Stillwell, ne dà una spiegazione teologica. “Le persone (nelle parrocchie prive di sacerdoti) stanno scoprendo la presenza di Cristo nelle comunità, che diventa sempre più chiara senza una presenza sacerdotale e senza eucaristia. Sembra che le persone preferiscano celebrare con la propria comunità piuttosto che andare da un’altra parte dove avrebbero potuto ascoltare la preghiera eucaristica”. Anche se questa mentalità è una realtà per molti cattolici di oggi, essa fa nascere negli scettici alcuni interrogativi. L’Eucaristia in via di estinzioneQuale effetto ha l’“Eucaristia in via di estinzione” sui cattolici, per i quali essa è il cuore della vita liturgica? Che cosa significa per i cattolici il fatto che la disponibilità dell’Eucaristia sia in diminuzione? Paul Wilkes, autore del libro uscito nel 2001 Excellent Catholic Parishes (Paulist Press), afferma che i servizi di Comunione come alternativa alla messa sono “tristemente inadeguati… l’Eucaristia è il vero centro della vita cattolica, e coloro che si sentono realizzati come cattolici cercano l’Eucaristia. In essa noi siamo toccati dal divino e portiamo la presenza di Dio dentro di noi”.I parrocchiani nelle parrocchie prive di sacerdoti in generale sembrano soddisfatti di ricevere la Comunione senza celebrare la messa. Secondo Karen Kane, direttore dell’Ufficio per il culto dell’arcidiocesi di Cincinnati, ciò indica una mancanza di adeguato insegnamento sulla Messa. Non siamo riusciti ad aiutare le persone a capire realmente l’importanza di lodare e ringraziare attraverso la preghiera eucaristica”, dice Kane. “Le persone valutano la presenza di Cristo nelle ostie consacrate – credono ancora in questo – ma che ne è della presenza di Cristo nella vera celebrazione dell’Eucaristia?”Kane concorda sul fatto che mentre i servizi di Comunione sono necessari da un punto di vista pratico, sono problematici dal punto di vista teologico per il fatto che minano gli insegnamenti di Cristo.“Come Chiesa affermiamo che rinunciamo volentieri alla eucaristia domenicale per il celibato”, afferma. “Affermiamo che rinunciamo volentieri a ciò che Cristo ci ha comandato. Ci ha comandato non solo di prendere e mangiare, ma anche di prendere e benedire, spezzare e mangiare. È una triste situazione. Tutto questo mi dice che non abbiamo svolto un adeguato lavoro nel suscitare un amore per la celebrazione dell’Eucaristia, il vero agire della liturgia eucaristica, lo spezzare del pane, il mangiare e il bere”.Anche se un servizio di Comunione è ben lungi dall’essere la soluzione perfetta alla carenza di preti, Schmelzle ritiene che sia molto meglio che chiudere una parrocchia, obbligando la gente a cercare altrove i sacramenti. “Dobbiamo continuare a far funzionare questi luoghi come comunità di fede. Lavoriamo insieme nella Chiesa in questi giorni per fare ciò che è meglio per le persone. Ridurre il nostro ministero chiudendo una parrocchia non è la risposta”.Stillwell è d’accordo. “Vi è un grande valore nel vedere noi stessi come elementi costitutivi della Chiesa, con o senza Eucaristia”. Padre chi?Da chi è formato il clero che, facendo molte miglia in macchina, mette a disposizione il proprio ministero sacramentale nelle parrocchie prive di preti? I leader laici delle parrocchie sprovviste di clero concordano assolutamente sul fatto che i preti in pensione siano una risorsa inestimabile. Nelle parrocchie servite dallo stesso ministro sacramentale ogni settimana, quel prete particolare diventa un membro a pieno titolo della comunità. È il caso della parrocchia di St. John, nella periferia di North Charleston, South Carolina, una parrocchia di 164 famiglie. P. Ed Bergeron, cfc, collabora con un prete in pensione che si fa 40 miglia in macchina per celebrare la messa, la riconciliazione, amministrare l’unzione degli infermi della parrocchia. “Penso che abbiamo la soluzione ideale”, afferma Bergeron. “Lui è molto fedele, non ho che da chiamarlo. A lui piace questa soluzione. In sette anni non abbiamo avuto una domenica senza messa”.Non tutte le parrocchie prive di preti, tuttavia, hanno il lusso di un ministro sacramentale regolare. In alcune parrocchie i leader laici sono costretti a chiamare chiunque sia disponibile, ed un prete esterno non sempre si armonizza perfettamente con queste comunità così unite.“I sacerdoti non vivono qui e non condividono gli eventi della vita di queste persone, e non hanno il tempo di conoscerle”, dice Schwartz del Wisconsin. “Le persone sono attratte dal servizio svolto dalla suora perché conoscono la suora”.Kendall, della parrocchia del Sacro Cuore in Michigan, è d’accordo. “Non sai mai che prete ti capiterà, e questo rende le cose molto difficili”.Che la situazione sia complicata è avvertito non solo dai parrocchiani ma anche dagli stessi preti. Il servizio da “predicatori itineranti” è una sfida per i sacerdoti, afferma p. Eugene Hemrick, direttore dell’Istituto Nazionale per il rinnovamento del sacerdozio. “Quando si fa qualcosa troppo spesso, per esempio, cinque funerali al giorno, può diventare qualcosa di molto meccanico e non si colgono più gli aspetti centrali dell’evento. Diventa una routine”.E proprio come i parrocchiani, anche i sacerdoti apprezzano il legame tra sacramenti e comunità. “Ciò che i preti amano soprattutto è dire la messa con la gente”, afferma Hemrick. “Ma questo va oltre il semplice dire messa, perché implica incontrare le persone dopo, riuscire a conoscerle, aiutarle quando è possibile. È qui che i preti trovano la maggiore soddisfazione”. Kane concorda sul fatto che quando un ministro sacramentale è separato dalla vita di una comunità, si perde una parte del significato. “Vi è la grande preoccupazione che i preti stiano diventando dei maghi dei sacramenti e che i sacramenti non abbiano più legami con l’esperienza vissuta della comunità. I sacramenti divengono atti magici che accadono quando arriva il sacerdote. Questo è un grave dilemma per tutti noi”, afferma.La vita sacramentale futura delle parrocchie senza prete resta precaria ed incerta, come lo è il numero delle parrocchie che resteranno prive del sacerdote nel prossimo futuro. Ciò che resta costante, tuttavia, è la fedeltà del laicato. I laici continuano ad andare avanti pure di fronte alle avversità, tanto da professionisti come da volontari, e persone come Karen Kane conservano la speranza. “La grazia di Dio è sempre presente nella Chiesa”, afferma. “È spaventoso pensare a ciò che accadrà, ma forse resteremo piacevolmente sorpresi. Potremmo vedere la Chiesa assumere un modo di essere completamente nuovo”. E quando clero e laici insieme faranno uno scatto in avanti alla ricerca di questo nuovo modo di essere, le persone come gli arditi parrocchiani di St. Augustine si sforzeranno di tenere le cose insieme, cercando di garantire il loro futuro, torta dopo torta. Articolo tratto da Martedì, 18 dicembre 2007 |