Conferenza stampa di mons. Milingo a Roma
Una visione preconciliare del presbiterato

di Stefania Salomone

Ringraziamo Stefania Salomone per questo suo resoconto della CONFERENZA di MONS. MILINGO tenutasi ieri Giovedì 17 gennaio 2008 alle ore 12:00 presso la Libreria Mondadori, Piazza di Trevi a Roma. Alla fine del testo riportiamo anche il link alla pagina web di RadioRadicale dove è possibile vedere la registrazione della conferenza stampa.


Devo confessare, che non essendo io una giornalista, non sono molto pratica di conferenze stampa. Mi perdonerete quindi per lo stile non proprio professionale.
Mi sono ritrovata con 10 telecamere poggiate sulla testa, schiacciata contro una balaustra, cercando di puntare il telefonino, attivato sul tasto “Registrazione”, verso la scrivania sistemata per gli ospiti, sperando che la calca non mi spingesse al di fuori del raggio del suono.
Milingo è seduto. Alla sua destra l’autrice del libro, Raffaella Rosa, alla sua sinistra la moglie Maria Sung. Più distanti due esponenti politici che poi ho scoperto appartenere a Rifondazione Socialista (Giuseppe Graziani - segretario e la Sig.ra Pipitoni).
Monsignor Milingo (lo chiamo così perché sembra ci tenga particolarmente), si è presentato con tanto di abito nero, zucchetto viola e pettorale, quasi a voler ribadire e sottolineare il suo ruolo.
Il libro, che pare essere la motivazione ufficiale di questo raduno, si intitola “Milingo - Confessioni di uno scomunicato”, editrice Koinè. Ma, di fatto, a parte l’introduzione dell’autrice, se ne parla davvero poco.
Cominciano le domande da parte de moderatore relativamente all’Universalità della Chiesa, un tema molto caro a Milingo. In poche parole la Chiesa Cattolica è già per sua natura universale. Non c’è bisogno di definirla “Romana”, anche perché questa denominazione ha fatto solo danni. Si può parlare in definitiva di una Chiesa Cattolica Indipendente Nazionale, in Brasile, ad esempio, in Australia o in Colombia. Questa sembra essere la definizione più congegnale alle idee di Milingo.
Milingo racconta le sue esperienze con la Chiesa Cattolica Romana, le sue difficoltà nel far riconoscere i propri carismi di evangelizzatore, guaritore ed esorcista.
E’ rimasto ad una visione medievale del ministero presbiterale, tanto che definisce i suoi confratelli e si definisce “sacerdote”, termine teologicamente errato. Infatti nei suoi discorsi, vagamente sconnessi forse a causa di difficoltà linguistiche, si accenna spesso al concetto di “religione”, mai a quello di “fede”, si nomina spesso il diavolo e l’inferno.
L’assemblea è composta principalmente da giornalisti, tra i quali spicca la presenza di Enrico Lucci, de Le Iene, che, sfrontatamente e fuori luogo, pone al Monsignore una domanda piuttosto volgare che lui, forse volutamente, sembra non cogliere.
Alcuni presenti non sono d’accordo sull’abolizione del celibato obbligatorio e, più che rivolgere delle domande, prendono la parola e fanno dei veri e propri sermoni sul significato della “castità” e sulla “fedeltà alla scelta fatta”.
E’ evidente che non sanno quello che dicono o che, quanto meno, non conoscono il Vangelo.
Per fortuna si alza un prete sposato, l’unico presente, che, pur faticosamente, tenta di spiegare la non consustanzialità tra ministero presbiterale e celibato.
Questo, almeno, è un fatto positivo. Si è potuto accennare il discorso, che è poi alla base della lotta che le associazioni di preti sposati e molte organizzazioni laiche stanno portando avanti, nonostante la sordità della gerarchia ecclesiastica.
Devo dire che sono uscita dalla conferenza stampa in uno stato di grande agitazione, forse dettata dal mio non essere avvezza ad eventi di questo tipo. Comunque, mentre tornavo in ufficio, riflettevo sul fatto che è un vero peccato che sia proprio una figura come Milingo a rappresentare la battaglia contro l’obbligatorietà del celibato.
Questo per molti motivi. Primo fra tutti, la sua temporanea appartenenza alla setta del Rev. Moon e la successiva sponsorizzazione da parte di Rifondazione Socialista, lasciano chiaramente intravedere che lui non si sente un uomo come gli altri. Ha bisogno di essere sovvenzionato da qualcuno per poter vivere. Non ha nessuna intenzione di trovarsi un lavoro, lui vuole restare Arcivescovo e vuole essere trattato come tale, soprattutto economicamente. E’ chiaro che avrà sempre bisogno di uno sponsor.
I preti sposati, quelli che ho conosciuto in questi anni, si sono rimboccati le maniche per reinventarsi e costruire una stabilità economica per se stessi e per la propria famiglia. Mi sembra quindi che lui non possa rappresentarli.
In secondo luogo la sua visione del presbiterato, che si ostina a chiamare “sacerdozio”, del diavolo e di tutto ciò che viene appresso, indica il suo disinteresse verso uno studio approfondito ed aggiornato della esegesi biblica. Milingo si è seduto sui suoi paramenti, vuole restare nella Chiesa Cattolica e non vuole fondare una chiesa parallela.
Ha anticipato anche che, a breve, intende effettuare nuove ordinazioni di preti sposati e Vescovi sposati, ma non in Italia, perché i preti italiani, sposati e non, hanno timore del Vaticano. In questo, purtroppo, devo dargli ragione.
Per sintetizzare, Milingo vuole essere apprezzato e riconosciuto per i suoi carismi, senza modificare di una virgola le sue abitudini, che sono poi quelle di ogni altro membro della gerarchia ecclesiastica, scrivendo libri, dispensando verità teologiche (superate), con una moglie a fianco.
Fantastico!



Confessioni di uno scomunicato
Roma, 17 gennaio 2008 - 12:29 - Presentazione del libro di Monsignor Emmanuel Milingo a cura di Raffaella Rosa (Koinè Nuove Edizioni)



Venerdì, 18 gennaio 2008