Ordinazione degli uomini sposati
In Australia, i vescovi aprono il dibattito

di Agenzia ADISTA

34192. SIDNEY-ADISTA. La Conferenza episcopale australiana discute dell’ordinazione di uomini sposati: un’iniziativa che, sicuramente, risulterà poco gradita in Vaticano, a poco più di sei mesi dal viaggio agli antipodi di papa Benedetto XVI in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù il prossimo luglio. Durante la loro assemblea semestrale, che si è tenuta a Sidney dal 26 al 30 novembre, i vescovi australiani hanno infatti inserito in agenda la petizione, lanciata dall’ex missionario del Sacro Cuore Paul Collins, per chiedere l’ordinazione di uomini sposati e delle donne in risposta alla "gravissima crisi del ministero nella Chiesa australiana" (v. Adista n. 57/07).
Da quando è stata lanciata nello scorso agosto, la petizione ha raccolto quasi 17.000 firme, attraverso una capillare campagna nelle parrocchie, nelle associazioni e negli ordini religiosi, oltre che su internet, tra cui quelle di 167 preti sui 2.556 attivi in Australia. L’appello ha raccolto anche il sostegno di almeno cinque vescovi: tra questi, mons. Patrick Power, ausiliare di Canberra e mons. William Morris della diocesi di Toowoomba. Quest’ultima diocesi, secondo Collins, è un buon esempio della crisi attuale della Chiesa cattolica in Australia e dell’urgenza delle riforme: con un territorio grande come una volta e mezzo la Germania nel 2014, "se nessuno muore", si ritroverà con soltanto 18 preti per 35 parrocchie, tutti ultrasessantenni.
I promotori dell’iniziativa hanno anche avviato un dialogo con il presidente della Commissione per il ministero della Conferenza episcopale australiana, il vescovo di Maitland-Newcastle mons. Michael Malone, che ha inserito la petizione nell’agenda dell’ultimo incontro dei vescovi. Il tema è stato affrontato per almeno tre ore ma, come prevedibile, la discussione non ha portato risultati concreti.
In una lettera allo stesso Collins, il presidente della Conferenza episcopale australiana, mons. Philip B. Wilson, arcivescovo di Adelaide, spiega che "i temi menzionati dalla petizione sono stati esposti da alcuni membri della Conferenza durante la nostra recente assemblea plenaria, nell’ambito di un’ampia discussione su vocazione, ministero ecclesiale e vita della Chiesa". "Durante la discussione – prosegue – è emerso che i vescovi continuano ad essere profondamente preoccupati di assicurare un adeguato servizio pastorale e sacramentale alla Chiesa in Australia. Intendiamo, durante le prossime plenarie, proseguire la discussione su quegli aspetti della vita della Chiesa che rientrano nella nostra competenza come Conferenza episcopale nell’ambito della Chiesa universale".
"Questa lettera è esattamente ciò che ci aspettavamo – spiega Collins –, anche se avremmo sperato che quantomeno si riconoscesse il grave problema pastorale che ha l’Australia, dove i pochissimi preti, specialmente nelle aree rurali, ogni domenica devono coprire enormi distanze per dire 4 o 5 messe. Nella lettera di Wilson di tutto ciò c’è poco o niente". "La petizione, per ora, ha ottenuto il suo risultato – prosegue –. L’Australia è sicuramente un Paese interessante per cercare di spingere su questi temi: la Chiesa cattolica (5 milioni e mezzo, poco più di un quarto della popolazione totale) è abbastanza piccola per permetterci di esercitare un’influenza sulla gerarchia ecclesiastica senza essere però insignificante. Vogliamo continuare a fare pressione sui vescovi, specialmente per far capire loro che la loro responsabilità è duplice, nei confronti sia della Chiesa universale che di quella locale, e che è anzi alla loro diocesi e ai suoi bisogni che devono rispondere in primo luogo. Non sono semplicemente i rappresentanti locali del quartiere generale di una grande azienda". (a. s.)

Articolo tratto da
ADISTA

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Martedì, 11 dicembre 2007