Salvare la Primavera.

Fiaba scandinava tradizionale, raccontata da Ilil Arbel (Trad. Maria G. Di Rienzo)


Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per averci messo a disposizione questa sua traduzione


La neve continuava a cadere, il vento a soffiare, e persino i più vecchi non riuscivano a ricordare un inverno tanto freddo. Venne marzo, e poi aprile, e poi maggio, e non un singolo giorno di sole, non un fiore o un filo d’erba. Gli abitanti del villaggio non potevano seminare o piantare nulla, e temevano che sarebbero morti di fame. Cos’era accaduto alla primavera?
In giugno, il sindaco indisse un’assemblea, e gli abitanti del villaggio si radunarono nel municipio. Il fuoco scaldava poco la grande stanza gelata, e le persone sedevano sulle panche di legno sfregandosi le mani e movendo le gambe per stare più calde. Fuori, infuriava la tempesta.
“Cittadini e cittadine,” disse il sindaco, con la faccia scura e tirata, “ho appena ricevuto notizie da un altro villaggio. Sembra che la Primavera sia prigioniera del Vecchio Inverno, su, al Polo Nord. Molti villaggi e città hanno mandato individui coraggiosi a cercare di salvarla, ma nessuno di essi è tornato. Vogliono che anche noi si mandi qualcuno.”
Il silenzio cadde nella stanza. Nessuno osò parlare per lungo tempo. Infine, un giovane uomo di nome Oscar si alzò. Era molto giovane, e solo al mondo, e tuttavia era assai rispettato, perché era onesto ed ingegnoso. “Sindaco,” disse Oscar, “andrò io al Polo Nord, e vedrò se riesco ad essere più in gamba del Vecchio Inverno.”
“Ne sei sicuro?”, gli chiese il sindaco, “Cosa può fare un ragazzo da solo contro la forza del Vecchio Inverno?”
“Forse non è la forza che può vincerlo.”, rispose Oscar, “Forse la perseveranza, e l’astuzia, e l’amore per la Primavera serviranno di più.”
“Va bene.”, disse il sindaco, “Se non facciamo nulla la carestia è sicura. Ti equipaggeremo per il viaggio meglio che potremo, e saremo con te in spirito.”
Dopo un paio di giorni, Oscar si mise in viaggio per il Polo Nord, portandosi dietro un grosso zaino con cibo ed abiti caldi. Gradualmente l’aria divenne più fredda, e il vento a stento gli permetteva di proseguire, e folate di neve gli frustavano il viso. Il paesaggio attorno a lui scintillava di bianco, era deserto e desolato, e terribile, ma il ragazzo andava avanti, pensando con affetto alla Primavera.
Presto gli divenne difficile restare su di morale, perché passava attraverso villaggi distrutti, vuoti di persone e animali, dove tutto era congelato nel ghiaccio. Più avanzava verso nord, peggiore era la devastazione.
Passarono alcune settimane, e finalmente Oscar vide il castello di ghiaccio del Vecchio Inverno apparire all’orizzonte. Si avvicinò prudentemente al grande edificio, perché non voleva certo entrare dalla porta principale. Cominciò a cercare altri ingressi, ma l’ampio spazio attorno non gli permetteva di nascondersi e prima ancora che se ne accorgesse tre soldati armati di tutto punto lo circondarono, e lo trascinarono nel palazzo. Lo gettarono in una vasta stanza, vuota eccetto che per la presenza di alcuni conigli, un piccolo cervo e maiali nani, tutti tremanti dal freddo. Stanco com’era, e sentendosi molto confuso, Oscar crollò sull’unica panca che c’era e si addormentò.
“Svegliati, svegliati!” disse qualcuno accanto a lui. La voce sembrava venire dal pavimento. Oscar aprì gli occhi, ma non vide nessuno. Guardando in basso per cercare la creatura invisibile, lo sguardo gli cadde sulle proprie mani. Con orrore, vide che non erano più mani umane, ma zampe di tigre! Saltando su dalla panca si trovò a quattro zampe, e capì di essere stato trasformato in una grande tigre color arancio. Un coniglio bianco stava a poca distanza da lui. Una collera sanguinaria invase i pensieri di Oscar, cancellando tutto il resto. Sapeva solo che aveva fame, e che voleva prendere il coniglio, ma quest’ultimo era troppo veloce. Correva a zigzag, e Oscar dietro di lui, lungo un corridoio oscuro.
Dopo un po’, Oscar non riuscì più a vedere il coniglio e si sedette lì dov’era, incerto, confuso. Lentamente, la memoria tornò e lui fu sconvolto e orripilato dall’aver inseguito la bestiola. Le lacrime gli riempirono gli occhi, e Oscar si prese la grossa testa pelosa tra le zampe, piangendo di tristezza e vergogna.
“E’ tutto a posto, amico mio.”, la vocetta del coniglio lo raggiunse da un buco nel muro, dove l’animale era ben protetto dalla furia della tigre, se questa si fosse manifestata di nuovo, “Questo è ciò che il Vecchio Inverno fa a chi viene qui per salvare la Primavera. Li muta in animali, ed essi dimenticano la propria umanità.”
“Cosa devo fare?”, sussurrò il ragazzo, “Non voglio fare del male a te, e a nessuna delle altre persone qui. Come posso ricordare la mia umanità ed il mio scopo?”
“C’è un solo modo, e dobbiamo agire ora, prima che tu dimentichi di nuovo. Dammi la zampa, e su essa io tatuerò il tuo nome. Quando sarai di nuovo pervaso da una rabbia cieca, il nome ti ricorderà chi sei. Io ho il mio nome sulla zampa, come tutti quelli che sono qui.” Oscar allungò la zampa verso il buco e disse al coniglio il suo nome. Soffrì il tatuaggio senza battere ciglio.
“Chi sei tu?”, chiese quando fu tutto finito, “Perché hai rischiato la vita per condurmi qui?”
Il coniglio emerse dalla nicchia: “Sono Greta.”, disse sedendo accanto alla tigre, “Vengo da un piccolo villaggio del nord. Tutti i miei amici e parenti e gli animali sono stati uccisi dal freddo, e poiché ero l’unica sopravvissuta sono venuta qui, per aiutare chiunque voglia salvare la Primavera. Sapevamo ben poco di quanto crudele fosse ciò che il Vecchio Inverno aveva in mente. Molte persone vagano per i campi ghiacciati nelle loro forme animali, ed hanno completamente dimenticato chi erano prima. Salvare la Primavera è la nostra unica speranza di sopravvivenza.”
“Ma cosa si può fare? Sono sicuro che i soldati danno la caccia a chiunque non sia diventato completamente animale.”, disse Oscar.
“Viviamo sottoterra, cercando cibo quando possiamo. Stiamo scavando un tunnel sotto il castello di ghiaccio, per raggiungere la prigione in cui è tenuta la Primavera. Ma siamo tutti troppo piccoli, e non abbiamo molta forza. Ogni giorno tento di entrare in contatto con un animale più grande, ma non ho avuto successo sino a che non ho incontrato te. Sono felice che tu abbia ritrovato la memoria. Con le tue larghe zampe potrai scavare più velocemente di noi, e noi staremo dietro di te e porteremo via i detriti.”
Greta condusse Oscar al luogo nascosto, una buia caverna naturale nel sottosuolo. Proteggeva un po’ gli animali dal freddo, ma non aveva luce di alcun tipo, così gli animali usavano delle torce fatte di pezzi di legno e stracci imbevuti d’olio. Dapprima furono terrorizzati dall’apparire della tigre, ma Oscar mostrò la sua zampa tatuata ed essi seppero che non avrebbe fatto loro del male. Gli animali avevano anche recuperato la grossa borsa del ragazzo dalla stanza principale e così tutti poterono condividere il cibo che essa conteneva. Oscar riposò un poco e poi disse: “Mostratemi il tunnel. Sono ansioso di cominciare a scavare.” La galleria era sorprendentemente lunga, considerate le piccole dimensioni degli scavatori, ed illuminata da molte torce. Greta disse ad Oscar che c’erano voluti mesi, a loro, per fare tutto quel lavoro.
La tigre si mise all’opera con tale impeto che gli altri animali a volte facevano fatica a starle dietro. Oscar scavò per giorni, spesso dimenticando persino di mangiare o dormire, mentre Greta gli dava indicazioni sulla direzione da seguire, consultando la mappa del palazzo che andava accuratamente disegnando da quando si trovava lì.
Un giorno, mentre stava scavando, Oscar notò che il tunnel stava andando verso l’alto, e che lui era vicino alla superficie. Greta doveva aver fatto un errore nei calcoli, ma era troppo tardi per rimediare. Il terreno gelato crollò addosso a lui, ed un grosso pezzo di ghiaccio lo colpì alla testa. Oscar perse i sensi, stordito dal colpo, e per alcuni giorni restò tra la vita e la morte. Greta e gli altri animali sedevano stretti attorno a lui, per tenerlo caldo. Non avevano medicine, non potevano chiamare aiuto: potevano solo aspettare e sperare. Infine, la tigre aprì gli occhi. Ruggì di rabbia, perché non sapeva più chi era o dov’era. Gli animaletti fuggirono in tutte le direzioni. Solo Greta restò. Saltò sotto la zampa tatuata della tigre, e la sollevò davanti al suo sguardo. Come vide il proprio nome, Oscar ritrovò la memoria.
“Devo riparare il buco del crollo.”, fu la prima cosa che disse, “Le guardie potrebbero scoprirlo.”
“Lo abbiamo già fatto mentre eri malato.”, gli rispose Greta, “Siamo al sicuro. Ma sono tanto dispiaciuta, perché questo incidente è avvenuto per colpa mia. Forse dovrebbe essere qualcun altro a guidarti, io ho mancato verso di te.”
“Per favore, non sentirti così.”, disse Oscar, “Tu sei la sola qui ad avere talento per le mappe e le direzioni. Cosa faremmo senza di te? Chiunque può fare un errore.” Gli altri animali annuirono, perché erano d’accordo con lui, e Greta si sentì meglio. Il giorno seguente si rimisero tutti al lavoro.
Quando giunsero all’area immediatamente sottostante la cella, Greta chiese ad Oscar di smettere di scavare: “Dobbiamo coinvolgere altri animali di grossa taglia, perché forse dovremo lottare con i soldati che sorvegliano la Primavera.”
Rischiando ogni giorno la vita, Greta andava alla grande stanza dove venivano gettati coloro che arrivavano al castello. Quando portarono dentro un grosso lupo, Greta usò la stessa tecnica che aveva usato con Oscar, e si fece rincorrere per il corridoio sino al tunnel. Oscar, che l’aspettava, saltò addosso al lupo e riuscì a tenerlo fermo mentre il coniglietto gli tatuava la zampa. Il lupo non era in grado di ricordare il proprio nome, e Greta non lo conosceva, così tatuò la parola “Primavera”, sperando che funzionasse allo stesso modo. E in effetti, non appena si guardò la zampa, il lupo ricordò qualcosa: “Sono il capo di un branco di lupi.”, disse, “La mia memoria va e viene, perciò le guardie mi hanno riportato nella sala del castello per perfezionare la mia trasformazione. Fortunatamente voi mi avete trovato in tempo. Il mio intero branco è composto di persone che un tempo erano umane, ed io ricordo tutti i loro nomi. Posso condurli qui uno ad uno, e voi li aiuterete a recuperare la propria umanità, come avete fatto con me.”
E così fu fatto, e anche alcuni orsi ed un leone vennero trovati e coinvolti. Finalmente, il tunnel sboccò accanto alla prigione della Primavera. Prudentemente, Oscar mise fuori la testa dal tunnel per vederla. La Primavera giaceva dietro sbarre di ghiaccio, e almeno venti soldati stavano attorno alla cella. Ella dormiva tranquilla, sotto l’incantesimo del Vecchio Inverno, con i capelli dorati sparsi attorno a lei, il verde abito fresco e intatto. Persino la prigionia non aveva potuto intaccare la sua gloria. Pure, non c’erano fiori attorno a lei, e la Primavera senza fiori è una cosa triste da vedere.
Tutti gli animali sbucarono fuori dal tunnel, e l’improvvisa apparizione di tutti loro, in corsa verso le guardie, fu spaventosa per queste ultime, che fuggirono senza neppure tentare di fermarli, chiamando aiuto. Gli animali avevano ovviamente fretta di finire il lavoro, e risvegliare la Primavera prima che il Vecchio Inverno venisse di persona a distruggerli. Oscar e i lupi si gettarono contro le sbarre. Tentarono più volte di abbatterle, ma le sbarre neppure si piegavano. Disperati, si volsero a Greta per avere consiglio. Erano destinati a fallire nonostante tutti i loro sforzi? Il mondo sarebbe morto di freddo? “Sciogliete le sbarre!”, gridò Greta per farsi sentire in mezzo a tutta quella confusione, e lanciò una torcia ad Oscar, che la prese al volo in bocca. La avvicinò alle sbarre e con immensa gioia degli animali, le sbarre cominciarono a fondersi! Una ad una scomparvero, e Oscar, seguito dagli altri, entrò nella cella. Stettero attorno alla Primavera in silenzio, meravigliati, e senza sapere bene cosa avrebbero fatto ora. Ma la Primavera aprì gli occhi color del cielo, e guardò i propri salvatori con amore. Alzandosi dal suo giaciglio, si resse in piedi, ondeggiando leggermente, e l’aria si fece più calda, e portava con sé un delizioso profumo. Insieme tutti lasciarono la prigione, mentre violette e bucaneve cadevano dalle mani, dai capelli e dal lungo abito della Primavera. La neve si scioglieva in rivoletti sul suo percorso, mentre avanzava verso il castello di ghiaccio, e di colpo il sole uscì da dietro le nubi nere, rovesciando luce e calore sul desolato paesaggio.
Il Vecchio Inverno volò fuori da una finestra su una slitta d’argento, e si mosse verso il gruppo. Appariva terribile, nelle sue vesti grigie fluttuanti, con la barba bianca e i bianchi capelli al vento, e gli occhi spietati che guardavano con odio gli animali. Il Vecchio Inverno arrestò il suo volo davanti alla Primavera, scese dalla slitta e accigliato le puntò contro il suo bastone magico, fatto di ghiaccio più duro del diamante. La Primavera sorrise, e lo indicò con un dito: “Non puoi riuscirci di nuovo, Vecchio Inverno.”, e la sua voce aveva il suono di una fonte montana, e di soffici brezze, e di canti d’uccellini, “Ero addormentata quando mi hai rapita, ed ero sola. Ora sono sveglia, e ho con me creature che mi amano. Ora sono più forte di te, e tu lo sai.” Una luce d’oro fluì dal suo dito, ed il bastone magico si sciolse.
“Torna a casa, Vecchio Inverno.”, disse ancora la Primavera, “E aspetta il prossimo anno. Hai fatto del gran male, e dovresti impiegare i prossimi mesi a pensare alle tue cattive azioni, ed a rammaricarti per esse. Non tentare di nuovo di turbare l’ordine delle stagioni, perché se continuerai a farlo, la Natura te ne chiederà conto.” Il Vecchio Inverno guardò la neve che si scioglieva sotto i suoi piedi, si arrampicò tremando sulla slitta e volò via verso il castello, sconfitto. Gli animali esplosero in grida di gioia. La Primavera li baciò ad uno ad uno, e ad ogni bacio essi recuperavano la propria forma umana. Si sentivano tutti benissimo, e avevano persino abiti nuovi di zecca. Oscar notò che Greta era diventata una fanciulla dai lunghi capelli neri, e la trovò bellissima. Ma questo non lo sorprese, perché l’aveva ammirata e apprezzata sin dall’inizio, e la trovava affascinante anche quando era una coniglietta.
“Devo andare a riparare i danni fatti al mondo.”, disse la Primavera gentilmente, “Grazie a tutti voi, mie eroine, miei eroi: sappiate che tutto andrà bene di nuovo. L’Estate verrà, e poi l’Autunno, ed il Vecchio Inverno non oserà interferire di nuovo.” E se ne andò in un vorticare di petali di rosa, che caddero come una pioggia sulle persone che le auguravano buon viaggio. E tutti si salutarono l’un l’altro, e si incamminarono per far ritorno ai villaggi ed alle città da cui erano venuti. Infine, solo Oscar e Greta rimasero. “Non ho un posto dove andare.”, disse Greta tristemente, “Come ti ho raccontato, il mio villaggio non esiste più.”
Oscar la guardò, e seppe all’improvviso che non voleva separarsi da lei. Le prese la mano nella sua, ed entrambi si accorsero che avevano ancora tatuaggi sulle loro mani umane. Una zampetta di coniglio per Greta, una zampa di tigre per Oscar, a permanente ricordo di quanto vicini animali ed esseri umani sono in realtà.
“Vieni al mio villaggio, e fai di esso la tua casa.”, disse il giovane alla fanciulla, “I miei amici ti daranno il benvenuto, e ancor di più quando sapranno del tuo coraggio e di come astutamente hai salvato la Primavera. Io ci ho messo la forza fisica, ma non avrei potuto far nulla senza la tua saggezza.”
E così fu. Greta ed Oscar tornarono al villaggio, dove furono festeggiati come eroi. Presto si sposarono, sul prato comune del villaggio, dove fiori meravigliosi sbocciavano di nuovo, e vissero per sempre felici e contenti.



Mercoledì, 31 ottobre 2007