LETTERA APERTA A BENEDETTO XVI

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

LETTERA APERTA A BENEDETTO XVI

Messaggiodi Stefania » 1 apr 2010, 15:14

Come credo ormai tutti sappiate, un gruppo di donne ha scritto una lettera aperta, firmata da alcune di noi, ma scritta a più mani. In tutto abbiamo collaborato in 8, in modo diversi.
Questa lettera è stata spedita a 134 testate giornalistiche, a molti siti internet, ad amici, conoscenti e mailing list.

Ecco qui di seguito il testo, e, nei post successivi, allegherò commenti e feedback.

Lettera aperta a Benedetto XVI
(e a tutti coloro che amano definire il celibato obbligatorio un “valore sacro”)

Lo spunto è la notizia di alcuni giorni fa, una delle tante affermazioni a valle di una vera e propria esplosione degli scandali di pedofilia nelle fila del clero:

PAPA: Il Celibato è un valore sacro
"L'orizzonte dell'appartenenza ontologica a Dio costituisce la giusta cornice per comprendere e riaffermare, anche ai nostri giorni, il valore del sacro celibato, che nella Chiesa latina è un carisma richiesto per l'Ordine sacro ed è tenuto in grandissima considerazione nelle Chiese Orientali", ha spiegato il Pontefice durante il convegno "Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote".
"Esso è autentica profezia del Regno, segno della consacrazione con cuore indiviso al Signore e alle 'cose del Signore', espressione del dono di sè a Dio e agli altri. Quella del sacerdote è, pertanto, un'altissima vocazione che rimane un grande mistero anche per quanti l'abbiamo ricevuta in dono. I nostri limiti e le nostre debolezze devono indurci a vivere e a custodire con profonda fede tale dono prezioso, con il quale Cristo ci ha configurati a sé, rendendoci partecipi della sua missione salvifica".

Chi scrive è un gruppo di donne, di ogni parte d’Italia, che ha vissuto o vive tutt’ora l’esperienza di una relazione con un prete o religioso. Siamo abituate a vivere nell’anonimato quei pochi momenti che il prete riesce a concedere e viviamo giornalmente i dubbi, le paure e le insicurezze dei nostri uomini, supplendo alle loro carenze affettive e subendo le conseguenze dell’obbligo al celibato.
E’ una voce, la nostra, che non può essere ignorata, dal momento che vi ascoltiamo riaffermare la sacralità di ciò che sacro non è, una legge, ignorando al contempo i diritti fondamentali delle persone. Ci ferisce
il disprezzo con cui nei secoli e nelle recenti dichiarazioni si cerca di mettere a tacere il grido di uomini e donne che patiscono nell’ormai lacerato sudario del celibato obbligatorio.
Intendiamo ribadire – nonostante ormai molta parte dei cristiani lo sappia - che questa disciplina non ha niente a che vedere né con le scritture in genere, Vangeli in particolare, né con Gesù, che non ne ha mai parlato.
Anzi, per quanto ne sappiamo, egli amava circondarsi di discepoli, quasi tutti sposati, e di donne. Ci direte che anche Gesù ha vissuto da celibe e il prete semplicemente si conforma alla sua scelta. Ecco, appunto, una scelta. Ma una norma non può essere una scelta, se non forzandone il senso. Se poi lo si definisce carisma, non può dunque essere imposto né richiesto, tanto meno al Signore, il quale ci ha voluto liberi, perché amore è libertà, da sempre.
E’ quindi verosimile pensare che intendesse negarne determinate espressioni ad alcuni dei suoi discepoli, al di là di ogni supposta opportunità?
Sono risapute le ragioni che, a suo tempo, hanno spinto la gerarchia ecclesiastica a inserire questa disciplina nel proprio ordinamento giuridico: interesse e convenienza economica. Poi il tutto nei secoli è stato condito con una certa dose di misoginia e ostilità verso il corpo, la psiche e le loro esigenze primarie.
E’, dunque, una legge “umana”, nel senso lato del termine. E’ da qui che bisogna partire, affinché ci si interroghi se, come tutte le leggi umane, ad un certo punto, in un certo momento storico, non sia il caso di ridiscuterla e modificarla o addirittura, come auspichiamo, eliminarla.
Per far questo, occorre molta umiltà, molto coraggio, quello di discostarsi dalle logiche di potere per scendere con lealtà nel mondo degli uomini al quale, piaccia o no, anche il prete appartiene.
Citando Eugen Drewermann (“Funzionari di Dio – psicodramma di un ideale, Raetia, 1995), “Secondo l’ideologia teologica la persona del singolo chierico assomiglia a un secchio d’acqua: bisogna svuotarlo completamente del suo contenuto per riempirlo fino all’orlo con tutto ciò che ai superiori ecclesiastici sembra desiderabile. In questo modo si neutralizza tutta la sfera dei sentimenti umani a favore del decisionismo del potere. Di tutta la gamma dei possibili rapporti umani sopravvive solamente un tipo di rapporto: la corrispondenza fra l’ordine e la sottomissione, il rituale di padrone e servo, l’astrazione e la riduzione della vita al formalismo del rispetto di determinate direttive”.
Non è una questione di avere più tempo da dedicare agli altri, come recita la più gettonata tra le innumerevoli frasi fatte utilizzate da coloro che ritengono che il chierico non debba e non possa avere un compagna, ma piuttosto un rifiuto dell’idea che gli sia consentito di godere di una presenza sentimentale più intima e personale, a volte addirittura delle stesse amicizie.
Infatti, prosegue Drewermann, “L’identificazione obbligatoria con il ruolo professionale non gli permette di vivere se stesso come persona, e quindi non ha altra possibilità che fingere il calore umano, la vicinanza emotiva, la comprensione pastorale, l’empatia, facendo smancerie, invece di vivere in modo autentico”.
Secondo questa visione istituzionalizzata, il prete si realizza nel suo ministero, attraverso l’ordine sacro, solo da celibe e per tutta la vita. Ma la decisione presumibilmente libera di un giovane ragazzo, entusiasta di una grande proposta che pensa di aver ricevuto, non presuppone che la sua profonda adesione al messaggio di Gesù non possa crescere, maturare, cambiare e magari meglio esprimersi, ad un certo punto, attraverso un presbiterato uxorato. E’ semplicemente questo che accade, quello che non si è in grado di vedere o di valutare a pieno.
Una scelta di questo tipo non può essere immutabile, e non si tratta né di un tradimento né tanto meno di una caduta o di una trasgressione perché l’amore non trasgredisce l’amore. E il prete, come ogni essere umano, ha bisogno di vivere con i suoi simili, di provare dei sentimenti, di amare e di essere amato e anche di confrontarsi profondamente con l’altro, cosa che, difficilmente è disposto a fare per paura di esporsi ad un pericolo.
Dietro alla cortina del detto e non-detto, questo è ciò che viviamo. E’ come se questo sistema ecclesiastico, con le sue norme, riuscisse ad imprigionare la parte più sana di tutti noi.
Cosa accade, di fatto, se il prete si innamora? Può scegliere:
1. Di immolare le proprie esigenze e i propri sentimenti, nonché quelli della donna, a vantaggio di un “bene più grande” (quale?)
2. Di viversi la storia di nascosto, con l’aiuto e la complicità dei superiori, basta che non si venga a sapere e che non si lascino tracce (leggi figli)
3. Di “gettare la tonaca alle ortiche”, espressione consueta che definisce la scelta di qualcuno che non ce l’ha fatta, cioè di un traditore.
Ciascuna di queste opzioni provoca un dolore grande alle persone coinvolte che, comunque vada, hanno molto da perdere.
E quali sono le scelte per la donna?
1. Immolare le proprie esigenze ed i propri sentimenti a vantaggio di “un bene più grande” (in questo caso il bene del prete)
2. Di accettare di vivere la storia di nascosto, passando il resto della sua vita nell’attesa che il prete possa dedicarle alcuni ritagli del suo tempo, attimi rubati, sacrificando il sogno di una storia accanto ad un uomo “normale”
3. Portare il peso di colei che ha costretto il prete “a gettare la tonaca alle ortiche”, oltre a condividere il peso del suo presunto “fallimento”.
Un prete che lascia è comunque considerato “colui che non è riuscito a portare avanti la grande necessaria rinuncia”, e quindi in qualche modo viene isolato. E questa è una cosa difficile da sopportare, per chi è convinto di essere “un prescelto, uno che ha ricevuto una chiamata speciale”, l’Alter Christus, che con un solo gesto delle mani consacra, trasforma la natura delle cose … che perdona, che salva!
E’ possibile rinunciare a tutto questo? E per che cosa?
Per una normale vita di coppia, che suona perfino banale al confronto delle potenzialità che il “funzionario di Dio” può esercitare attraverso l’ordine sacro.
Eppure, una delle frasi ricorrenti detta dai preti alle loro “compagne” , si riassume in poche parole “ho bisogno di te per essere quello che sono”, cioè , un prete.
Non stupitevi! Per riuscire ad essere testimoni efficaci dell’amore hanno bisogno di incarnarlo e viverlo pienamente, così come la loro natura esige. E’ una natura malata? Trasgressiva?
A ben leggere, questa espressione tradisce invece l’urgenza di essere anche parte di un mondo a due, di poter esercitare quel diritto naturale e fondamentale di cui spesso la chiesa istituzionale parla nelle ufficialissime e latine encicliche, riservato evidentemente ai soli laici, e negato ai chierici, che diventano così esseri soprannaturali, talmente separati da tutti gli altri, da non riuscire più a distinguerne i contorni.
Ma è possibile che non riusciate a vedere che il prete è dolorosamente solo? Ha un sacco di cose da fare, che gli riempiono la giornata ma gli svuotano il cuore. Spesso neanche se ne accorge, preso com’è dalle liturgie e dalle incombenze del suo ufficio.
E può capitare che tra le conoscenti ve ne sia una speciale che sembri, già a un primo sguardo, fatta apposta per scaldargli il cuore, completando ed arricchendo anche il ministero. E’ questo che accade, molto semplicemente.
Ma la disciplina ecclesiastica dice “No, tu sei stato scelto per qualcosa di più grande”. E si sente mancare, perché non riesce ad immaginare qualcosa di più grande di ciò che sta provando. Ma si fida dell’obbedienza che ha promesso, pensando che rappresenti la volontà di Dio, il suo piano per lui e per quelli come lui. Il celibe eroe torna quindi alla ribalta di un’istituzione che lo pretende così e magari ha già pronta una promozione in cambio della necessaria separazione.
E tutto questo scempio in nome di quale amore?
Quello che fa nascondere, che fa rinunciare, quello che fa male. Non è l’amore del Padre. Citando una conclusione di Drewermann, “Il Dio di cui parlava Gesù vuole proprio ciò che la chiesa cattolica oggi teme più di ogni altra cosa: una vita umana libera, felice e matura, che non nasce dall’angoscia, ma dalla fiducia obbediente e che è liberata dalle costrizioni della tradizionale tirannia di una teologia che preferisce cercare la verità di Dio in sacre scritture anziché nella santità della vita umana”.

Antonella Carisio
Maria Grazia Filippucci
Stefania Salomone
… insieme alle altre … anche a nome di tutti coloro che stanno soffrendo a causa di questa legge ingiusta
(a cura della redazione de Il Dialogo http://www.ildialogo.org)
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Re: LETTERA APERTA A BENEDETTO XVI

Messaggiodi Stefania » 1 apr 2010, 15:32

ALCUNI COMMENTI DI AMICHE ED AMICI, FIRMATI E NON

mi sembra scritta molto bene. spero che il papa la legga tutta e che rimanga sveglio la notte per trovare una soluzione adeguata.

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... spero che venga letta... se non da LUI, almeno da qualcuno all'interno del Vaticano.... ma dubito fortemente.
Mi auguro che venga letta da tanta gente, gente comune, per quello che può servire... anche se, devo dire la verità, comincio a pensare che i più non la capirebbero...

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Non riesco nemmeno ad andare oltre le prime righe ... Mi dispiace non poterti supportare in questa cosa ...

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Non si può rimanere indifferenti a ciò che avete scritto

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Cara Stefania, ti ringrazio di averci proposto con l'invio di questa lettera che ripropone un tema sempre più grande come una casa, e da parte di persone che ogni giorno devono misurarsi con esso, a cui non può non andare la comune conprensione e condivisione.
Il mio modo di esprimerla, in questa sede, per ragioni di brevità, non può non essere che quello di sottolineare due aspetti entrambi cruciali , già in parte presenti nella lettera
Il primo è che il celibato sacerdotale, a differenza della scelta di castità del religioso o delle religioso, non nasce affatto come profezia e consacrazione ma come risposta a problemi concreti e storicamente datati della istituzione Chiesa, prima per evitare il rischio dell'ipoteca di potenziali eredi sui beni della Chiesa, e quindi con una esclusione del matrimonio formale che nella pratica non comportava una formale voto di castità, poi, con la riforma cattolica come risposta alla riforma protestante, irrigidendo la severità contro la pratica diffusa del concubinato, storicamente allora pagata di fatto da moltissime povere donne. E dunque storicamente può essere superato.
Il secondo è che non si avverte a sufficienza fino a che punto l' attuale congiuntura (sviluppatasi intorno agli episodi disastrosi di pedofilia, che costringono la Chiesa a rinunciare alla protezione di uno sorta di speciale statuto giuridico del clero, garantito fino alla secolarizzazione moderna, di fatto praticato anche dopo) muti nel profondo l'idea stessa del sacro così come collegata con la figura sacerdotale, cioè con il diverso, il separato, in qualche modo trascendente la quotidianità comune. In tal modo l'enfasi sul ruolo ministeriale ha segnato storicamente l' essere altro dei ministri rispetto alla ministerialità dei cristiani comuni, ma anche connotato il sacro diversamente dal messaggio evangelico, ove Gesù si incontra in mezzo ai bisogni del prossimo ( quando darete da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, ecc) e nella cena in comune non nel rito e nella sua separata solennità. E questo ha anche entro la Chiesa contribuito a esaltare il dovere della difesa dell' Istituzione rispetto alla ricerca dell'autenticità della Profezia.
Credo che da qui dovremo, volenti o nolenti ripartire per una comune riflessione.

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Fa piangere leggere certe lettere aperte e ritrovarsi perfettamente dentro tali situazioni. Dio ci ha creati per farci vivere una vita in pienezza, nell'amore e nella nostra realizzazione completa come uomini e donne. Per questo motivo, di fronte al "non so cosa devo fare ancora della mia vita" pronunciato dal sacerdote che ho amato per due anni, io ho scelto di gettare la spugna e arrendermi a un amore che non mi avrebbe probabilmente portato a quella completezza che Dio invece mi ha promesso nel momento in cui mi ha creata.
E' passato quasi un anno da quando con le lacrime agli occhi di chi piange e soffre un amore che non doveva nascere (secondo il Papa), ho deciso di non alimentare più vane speranze, tempo, sogni e quanto altro dietro al mio lui.
Sono uscita con altri ragazzi, ho cercato di rimettermi in gioco, perchè mi sto fidando della promessa di Dio per la mia vita... ma mi sento tanto tanto vicina a chi come me ha sofferto osoffre ancora...
E' molto vero quando nella lettera aperta viene usata la frase : gettare la tonaca alle ortiche...
E' molto vero che poi il resto del clero isola chi non è riuscito, chi ha tradito, chi ha peccato....
Da catechista quale sono, mi rendo conto che il modello da "buon cristiano" che la Chiesa ci propina, fa più vittime a livello psicologico che tanti altri discorsi. Nei seminari i giovani che aspirno al sacerdozio, passano ore ore ore mesi, anni interi solamente a sentire catechesi, a fare colloqui personali, a leggere libri morali su come gestire la solitudine affettiva che la loro scelta gli comporterà.
Mi domando se Gesu avesse pensato proprio a questo quando ci ha chiesto di andare in tutto il mondo e predicare il Vangelo a ogni creatura.
Cosa se ne fa Dio dei nostri sacrifici da quattro soldi??? Dio ama chi dona con gioia... questo Lui ci chiede...
Ho conosciuto suore e preti che per compensare la mancanza di affetto si buttavano nel cibo, nella non cura di se, nello studio esagerato...
E dietro a tutto questo, ci sono poi le storie di vita di quelle donne e quegli uomini che devono sentirsi in colpa di essere innamorati di un religioso... allora è molto vero quando ci viene detto dai superiori: L'importante è che non si sappia in giro.... Cosi è stato detto anche a me...
Vi sono vicina care amiche e cari amici che soffrite per dover soffocare un sentimento... vi capisco... piango con voi...
...Io ne sono uscita, ho dovuto mettere in moto tutta la mia intelligenza, la mia Fede, la mia razionalità per poter continuare a sognare ancora un grande amore corrisposto che mi faccia sentire donna amata, madre, e moglie cosi come Dio ha pensato per me.... il mio sacerdote purtroppo non è riuscito a prendere in mano la sua vita e unirla alla mia come forse desiderava piu di ogni altra cosa al mondo...
un abbraccio
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Re: LETTERA APERTA A BENEDETTO XVI

Messaggiodi Stefania » 6 apr 2010, 13:23

Questa mattina Giovanni Sarubbi, il direttore del nostro sito Il Dialogo è stato intervistato da Radio Radicale a proposito della nostra lettera.
Su questo link è possibile ascoltare l'intervista:
http://www.radioradicale.it/scheda/3008 ... -cattolici

In seguito verranno contattate le firmatarie della lettera stessa per una seconda intervista o eventuale iniziativa di cui discutere con l'emittente e alcuni suoi esponenti.
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Re: LETTERA APERTA A BENEDETTO XVI

Messaggiodi Stefania » 7 apr 2010, 13:01

Questa mattina invece Radio Radicale ha intervistato me

Ecco il link
http://www.radioradicale.it/scheda/3009 ... -sacerdoti

Certo in così poco tempo non è stato facile condensare alcuni anni di questa nostra attività ...
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Re: LETTERA APERTA A BENEDETTO XVI

Messaggiodi mgfilippucci » 7 apr 2010, 18:14

Sei stata veramente brava e, come sempre, ci hai rappresentato nel migliore dei modi.
<Grazie Stefania, un abbraccio
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Re: LETTERA APERTA A BENEDETTO XVI

Messaggiodi antonella carisio » 9 apr 2010, 14:25

Concordo pienamente con Maria Grazie. Brava Stefi.
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Re: LETTERA APERTA A BENEDETTO XVI

Messaggiodi Stefania » 14 mag 2010, 11:49

La nostra lettera è stata tradotta e pubblicata da un sito spagnolo.

Questo il messaggio che è arrivato in redazione:

(...) facedo uno del normale intercambio di Internet, ho tradotto e pubblicato nel nostro sito http://www.atrio.org la lettera aperta al papa delle donne dei sacerdoti sul celibato obbligatorio.
Magnifica lettera!
Potresti ringraziare a quelle brave donne il servizio fatto?
Tutto il nostro sito è a vostra disposizione.

Antonio Duato
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Re: LETTERA APERTA A BENEDETTO XVI

Messaggiodi Stefania » 14 mag 2010, 11:51

FINALMENTE PUBBLICATA SU ADISTA!!!!!!!!!!!!!!!

LE ‘DONNE DEI PRETI’ SCRIVONO AL PAPA: “ABOLIAMO IL CELIBATO OBBLIGATORIO"

35584. ROMA-ADISTA. Una lettera aperta al papa per chiedere l’abolizione del celibato obbligatorio per il clero: a sottoscriverla è un gruppo di donne - Antonella Carisio, Maria Grazia Filippucci, Stefania Salomone, “insieme alle altre… anche a nome di tutti coloro che stanno soffrendo a causa di questa legge ingiusta” - che “ha vissuto o vive tutt’ora l’esperienza di una relazione con un prete o religioso”.
L’occasione è stata fornita dal discorso tenuto da Benedetto XVI nel corso del convegno teologico internazionale “Fedeltà di Cristo, fedeltà del Sacerdote”, promosso dalla Congregazione per il Clero e svoltosi nei giorni 11 e 12 marzo presso la Pontificia Università Lateranense. “L’orizzonte dell’appartenenza ontologica a Dio”, ha dichiarato in quella sede il papa, “costituisce la giusta cornice per comprendere e riaffermare, anche ai nostri giorni, il valore del sacro celibato, che nella Chiesa latina è un carisma richiesto per l'Ordine sacro ed è tenuto in grandissima considerazione nelle Chiese Orientali”. “Esso è autentica profezia del Regno, segno della consacrazione con cuore indiviso al Signore e alle ‘cose del Signore’, espressione del dono di sé a Dio e agli altri”.
Secondo le redattrici della lettera, con queste parole Ratzinger ha voluto “riaffermare la sacralità di ciò che sacro non è”. Per questo motivo occorre ribadire, “nonostante ormai molta parte dei cristiani lo sappia”, “che questa disciplina non ha niente a che vedere né con le scritture in genere, Vangeli in particolare, né con Gesù, che non ne ha mai parlato. Anzi, per quanto ne sappiamo, egli amava circondarsi di discepoli, quasi tutti sposati, e di donne. Ci direte che anche Gesù ha vissuto da celibe e il prete semplicemente si conforma alla sua scelta. Ecco, appunto, una scelta. Ma una norma non può essere una scelta, se non forzandone il senso. Se poi lo si definisce carisma, non può dunque essere imposto né richiesto, tanto meno al Signore, il quale ci ha voluto liberi, perché amore è libertà, da sempre. È quindi verosimile pensare che intendesse negarne determinate espressioni ad alcuni dei suoi discepoli, al di là di ogni supposta opportunità?”.
La regola del celibato è dunque “una legge ‘umana’, nel senso lato del termine. È da qui che bisogna partire, affinché ci si interroghi se, come tutte le leggi umane, ad un certo punto, in un certo momento storico, non sia il caso di ridiscuterla e modificarla o addirittura, come auspichiamo, eliminarla”. Anche perché la possibilità di vivere un’esperienza affettiva completa ed appagante è spesso un presupposto fondamentale per sviluppare quella capacità di ascolto e comprensione dei problemi concreti del mondo e della condizione umana che al prete è chiaramente richiesta dal proprio ruolo e direttamente sollecitata dai fedeli della propria comunità: “Una delle frasi ricorrenti detta dai preti alle loro ‘compagne’”, si legge ancora nella lettera, “si riassume in poche parole ‘ho bisogno di te per essere quello che sono’, cioè, un prete. Non stupitevi! Per riuscire ad essere testimoni efficaci dell’amore hanno bisogno di incarnarlo e viverlo pienamente, così come la loro natura esige. È una natura malata? Trasgressiva? A ben leggere, questa espressione tradisce invece l’urgenza di essere anche parte di un mondo a due, di poter esercitare quel diritto naturale e fondamentale di cui spesso la Chiesa istituzionale parla nelle ufficialissime e latine encicliche, riservato evidentemente ai soli laici, e negato ai chierici, che diventano così esseri soprannaturali, talmente separati da tutti gli altri, da non riuscire più a distinguerne i contorni. Ma è possibile che non riusciate a vedere che il prete è dolorosamente solo? Ha un sacco di cose da fare, che gli riempiono la giornata ma gli svuotano il cuore. Spesso neanche se ne accorge, preso com’è dalle liturgie e dalle incombenze del suo ufficio. E può capitare che tra le conoscenti ve ne sia una speciale che sembri, già a un primo sguardo, fatta apposta per scaldargli il cuore, completando ed arricchendo anche il ministero. È questo che accade, molto semplicemente”.
È possibile leggere il testo integrale della lettera sul sito del periodico Il Dialogo (ww.ildialogo.org). (e. c.)
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Re: LETTERA APERTA A BENEDETTO XVI

Messaggiodi Stefania » 19 mag 2010, 16:11

QUESTA SERA MERCOLEDI' 19 MAGGIO 2010 ...
E' con piacere che comunico, in anteprima, che questa sera tre donne del gruppo parteciperanno ad un incontro/intervista per un'agenzia di stampa estera che è intenzionata a realizzare un servizio sulla base della nostra lettera aperta. (Altre due amiche parteciperanno in collegamento telefonico).
Conto di aggiornarvi al più presto.
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