Protestanti storici e pentecostali: prove di unità nella diversità

di Pawel Gajewski, pastore valdese

Un proficuo dialogo istituzionale tra chiese pentecostali e quelle del protestantesimo storico è ormai una realtà ben consolidata. La terza Assemblea della Federazione delle chiese pentecostali (FCP) in Italia ha confermato ancora una volta tale apertura. Se consideriamo il sostantivo “evangelismo” come denominatore comune per tutte le chiese cristiane che in un modo o nell’altro si richiamano ai principi fondamentali della Riforma, questo dialogo fa dell’evangelismo italiano una realtà abbastanza avanzata nel panorama ecumenico europeo. Senz’altro il ruolo della Federazione delle chiese evangeliche in Italia in questo processo di avvicinamento è fondamentale. Dall’una come dall’altra parte ci troviamo davanti a ecclesiologie diverse che possono coesistere e collaborare soltanto all’interno delle strutture di tipo federativo.
Sul piano teologico il dialogo tra pentecostali, valdesi e metodisti ha prodotto una serie di documenti che affrontano le questioni fondamentali della fede cristiana, tra cui la fede nel Signore Gesù, la fede nel Dio trinitario, la fede nello Spirito Santo, l’autorità della Bibbia (AA.VV., Valdesi, metodisti e pentecostali in dialogo, Torino, Claudiana, 2002). I documenti appena menzionati sono stati approvati dal Sinodo valdese e metodista, il che costituisce un precedente piuttosto singolare per la famiglia delle chiese riformate. Dichiarazioni dottrinali rischiano talvolta di avere una scarsa risonanza; non è questo il caso della FCP. Il primo frutto concreto di un percorso teologico condiviso è la Facoltà pentecostale di scienze religiose, inaugurata in queste settimane ad Aversa (in provincia di Caserta). Si tratta di un progetto di formazione accademica che ha già ottenuto certificazioni internazionali. La particolarità di questo progetto consiste nel fatto che il corpo docente della Facoltà è composto anche da professori appartenenti alle chiese valdesi, metodiste e battiste. Si tratta indubbiamente di un’apertura reciproca. Da un lato, le sorelle e i fratelli pentecostali riconoscono nel protestantesimo storico un patrimonio di riflessione teologica attuale e una testimonianza cristiana valida. Dall’altro lato, battisti, metodisti e valdesi si aprono verso una sensibilità spirituale e teologica diversa dalla propria, non facile da comprendere fino in fondo, basata tuttavia sulla comune confessione della fede cristiana. Č abbastanza probabile che tale esperienza comune di formazione dia anche una nuova linfa alla collaborazione territoriale. A titolo d’esempio si possono menzionare il Piemonte, la Toscana, la Campania e la Sicilia, dove alcune chiese pentecostali collaborano in varie forme con quelle battiste, metodiste, valdesi e avventiste. L’estensione di questo fenomeno, tuttavia, non è ancora sufficiente per mettere a frutto i risultati di un intenso e ben avviato lavoro di comune ricerca teologica.
Dal punto di vista ecumenico bisogna riconoscere che la FCP rappresenta soltanto una parte della complessa galassia pentecostale. Una delle caratteristiche principali di questo movimento è la sua frammentazione, legata senz’altro alla vivacità e alla flessibilità ecclesiale che i pentecostali dimostrano da più di un secolo. Resta da esprimere un auspicio che l’esperienza della FCP diventi un incoraggiamento a uno scambio spirituale e intellettuale sempre più intenso tra tutte le espressioni del pentecostalesimo e del protestantesimo storico in Italia. (NEV 48/07)



Giovedě, 29 novembre 2007