Secondo Forum Mondiale di Teologia e Liberazione
Spiritualità per un altro mondo possibile

Nairobi, 16-19 gennaio 2007


di Alex Zanotelli


Articolo tratto da:

FORUM (44) Koinonia

del 15-02-2007

http://utenti.lycos.it/periodicokoinonia/


Primo giorno (17 gennaio 2007)
I teologi della liberazione che avevano partecipato al forum sociale avevano notato che molti dei partecipanti ai forum provenivano da una base cristiana, ma che nelle assemblee dei forum, questa dimensione di spiritualità era completamente assente. Per cui i teologi della liberazione che si ritrovano nell’ EATWOT (associazione ecumenica dei teologi del terzo mondo) hanno fatto nascere un comitato internazionale che preparasse un simposio sul tema: liberazione e spiritualità, cercando così di offrire una "anima", una spiritualità per chi si impegna a costruire un mondo altro. Dato che il Forum Mondiale Sociale si tiene a Nairobi dal 20 al 25 gennaio i teologi della liberazione hanno voluto farlo precedere dal secondo Forum Mondiale di Teologia e Liberazione. E’ la prima volta nella storia che questi due eventi si tengono in Africa.
La cerimonia di apertura che si è tenuta nel convento dei Carmelitani a Langata (Nairobi) ha donato quel tocco di africanità ecumenica che proprio ci voleva, e che ha messo i partecipanti in un stato di ascolto sereno, di voglia di entrare in un altro mondo, quello dell’Africa.
Aiutati dai canti e dai ritmi di una delle chiese indipendenti africane, la Israeli African Inland Church - Niniveh, l’assemblea si è posta innanzi al "Dio creatore, madre" di cui si riconosce la grandezza ma anche la sua "vulnerabilità".
I presenti hanno invocato gli antenati ("muovetevi qui con noi", ripetevano tutti), i grandi martiri dell’Africa per "distinguere chiaramente le cose essenziali per cui vale la spesa morire". L’assemblea rispondeva: "Muovetevi qui con noi...", un’assemblea sostenuta dai canti carichi di spiritualità. "Liberi!" cantava il coro. "Alleluia", rispondeva l’assemblea.
Il testo biblico proclamato era quello di Isaia, 65: "Ecco io creo nuovi cieli e una nuova terra." Riletto in maniera brillante dal prof. ghaneano E. Martey, come promessa divina ad una Africa martoriata.
Un tema ripreso poi con forza dal pastore sudafricano M. Dandala, segretario generale dell’AACC (Consiglio delle Chiese di tutta l’Africa) che ha sede a Nairobi: "Ma perchè l’Africa già così provata deve ora anche pagare per i cambiamenti climatici prodotti dal 20% del mondo ricco?" Infatti anche in Africa il clima sta cambiando e i poveri sono i primi a pagarne le conseguenze (i rifugiati climatici).
Davanti ad una sala gremita con rappresentanti provenienti da tutti i continenti, il cappuccino brasiliano L. C. Susin, presidente del WFTL ha ricordato a tutti che per la prima volta, a differenza di Porto Alegre, il Forum era aperto non solo ai teologi ma a tutti i rappresentanti dei movimenti di base che hanno iniziato subito a fraternizzare condividendo il cibo nella splendida cornice della brillante Langata, sotto la luce di uno splendente sole equatoriale.
Nel pomeriggio, François Houtart ha offerto una potente panoramica del neoliberismo che oggi gestisce la globalizzazione a favore di pochi e a spese di molti morti di fame. "Il neoliberismo attuale -ha affermato Houtart- conduce la sua offensiva su tre fronti: contro la forza lavoro (precariato ecc...), contro gli Stati (privatizzazioni), contro la natura (crisi ecologica)”.
Ha sottolineato il dramma del debito, specialmente in Africa e il dumping (svendita dei nostri prodotti agricoli immessi sui mercati del sud, a basso costo, perchè sovvenzionati dai governi).
Ed ha aggiunto che le tre nuove frontiere del neoliberismo sono: ”la distruzione dell’economia agricola locale, le privatizzazioni e il controllo della biodiversità". Per resistere a questo sistema deve nascere un nuovo soggetto storico plurale (donne, poveri, lavoratori...) che "deligittimi" l’attuale sistema mondiale.

A questa analisi impietosa della situazione hanno risposto tre testimoni del sud:
il sudafricano T. Maluleke (Africa), R. Silva (Asia) e il famoso teologo della liberazione Jon Sobrino (America Latina).
Il prof. Maluleke ha posto tutta una serie di domande che ogni religione deve farsi: "Che razza di religione è quella che se ne sta tranquilla davanti a tutte queste tragedie umane?"
Usando l’immagine di Martin Luther King che parlava di "paralisi dell’analisi", ha ribadito con forza che "quello che è importante è il fare".
Un pensiero portato avanti dal teologo cingalese R. Silva, presidente del EATWOT in Asia: "Se non siamo pronti a pagare il prezzo per stare a fianco dei poveri, - ha detto- la nostra riflessione è vana".
Ha riaffermato l’importanza di una teologia delle religioni e ha detto che il cristianesimo in Asia ha bisogno del "battesimo di immersione" nelle acque delle grandi religioni dell’Asia, ma anche nel "Calvario dei poveri".
Ed da qui che è partito Sobrino che ha ricordato il dramma dell’Africa, "peccato dell’Europa". Sobrino con forza si è soffermato sull’importanza primordiale delle vittime, che sono lì a svegliarci. "Non ci siamo ancora svegliati dal sonno dogmatico davanti ad una realtà così disumana". Ricordando le recenti parole del cardinal Kaspers: che “la più antica eresia, il docetismo (negare la realtà), è ancora molto presente nelle nostre chiese di Occidente, Sobrino si è chiesto:
"Stiamo vivendo docetisticamente?"
Stiamo cioè vivendo nell’irrealtà e negando la disumanizzazione di buona parte dell’umanità?
"Io voglio vivere nel reale", ha ripetuto Sobrino, che ha chiesto all’assemblea: “Accettiamo almeno in teoria l’affermazione di Giovanni XXIII, «la Chiesa è la Chiesa dei poveri?»”
E i poveri sono il sottoprodotto dell’impero del denaro (imperium magnum latrocinium, aveva definito Sant’Agostino l’Impero Romano).
L’impero del denaro è oggi costruito sugli idoli che non sono più di legno o di sasso, ma sono il mercato, il profitto a cui si sacrificano milioni di persone. "Gli idoli hanno bisogno di vittime", ha ribadito Sobrino. “E il peso degli idoli è talmente grande che... chi resiste paga”.
Per questo ha ricordato il martirio di Romero, suo grande amico, ma anche quello dei suoi confratelli gesuiti, Ignacio Ellacuria e compagni, trucidati insieme alla cuoca e alla figlia Celina, presenti, nel 1989, (lui è scampato alla morte perchè si trovava in Thailandia).
Mi ha commosso vedere questo uomo fragile ma grande testimone del nostro tempo, sostenere con forza l’aspetto martiriale del confronto con il sistema.
Ma ci ha lasciato un monito finale forte: "Ricordatevi che da solo il potere non può salvare il mondo!" Per questo ci ha ammoniti: "Siate umani".
E’ con queste parole che questa variopinta assemblea ecumenica -sono qui presenti tutti i colori dell’umanità- ha chiuso questa sua prima giornata alla ricerca di una spiritualità per chi si sta impegnando per un altro possibile mondo, ma "più vivibile di questo", afferma sempre Sobrino, "di certo senza potere".

Secondo giorno (18 gennaio)
Seconda intensa giornata al Forum Mondiale di Spiritualità in preparazione al Forum Mondiale Sociale che si aprirà qui a Nairobi, il 20 prossimo.
Una giornata che è partita con una dolcissima preghiera del popolo Maya (oferenda a la terra) guidata da due Maya, Eleazaz Lopez e Nancy Cardoso e conclusasi nel cuore delle baraccopoli di Nairobi: Kibera e Korogocho, nel cuore delle contraddizioni di questa metropoli, la "città al sole".
Una splendida e ricca città di quattro milioni di abitanti ma che vive in stato di "peccato mortale". Oltre il 70% dei cittadini di Nairobi vivono oggi da baraccati in oltre duecento baraccopoli, impacchettati nel 2,5% della terra totale della capitale. Ma neanche questo 2,5% della terra appartiene a loro ma al governo del Kenya. L’80% dei baraccati (sono circa tre milioni) non è proprietario della baracca, ma ne paga l’affitto. Tutte le baraccopoli sono poste sotto la linea fognaria.
Per questo è stato importante per tutti i partecipanti al Forum, uscire dalla splendida Langata della Blixen (“la mia Africa”) e scendere negli inferni umani degli impoveriti di oggi.
Questo calarsi nei sotteranei della vita e della storia, ha riportato la spiritualità alla realtà.
"Il negare la realtà", ci ricordava ieri Sobrino è la più antica eresia cristiana, il docetismo.
Un primo gruppo di convegnisti è andato a vistare la più grande baraccopoli dell’Africa nera, Kibera, un secondo a visitare un centro delle suore di Madre Teresa collocato nel cuore di un’altra baraccopoli, Huruma e un terzo è andato a visitare Korogocho, la terza più grande baraccopoli di Nairobi (in un km quadrato, centomila abitanti).
E’ stata una esperienza molto forte per tutti: incontrare i prediletti di Dio, "i vicari di Cristo", poichè Dio è il Dio degli impoveriti e degli oppressi, il loro Dio. Sono loro che ci possono insegnare la vera spiritualità.
E’ stato bellissimo essere ricevuti a Korogocho da una delegazione di cristiani in rappresentanza delle ventisei piccole comunità cristiane e delle varie chiese presenti in baraccopoli.
"Non siete venuti qui a Korogocho" -ci ha detto un giovane, J. Oluoch- per vedere uno zoo di sofferenza umana. Qui troverete speranza, gioia di vivere, capacità di lottare e di danzare la vita". Abbiamo anche ricevuto il benvenuto dei rappresentanti dei pastori delle molte chiese di Korogocho: siate i benvenuti e sentitevi a casa, è stato il loro saluto.
Abbiamo potuto toccare con mano che cosa significa l’ecumenismo sociale, quello vero, fatto a Korogocho. Un lavoro ecumenico questo molto bello, animato da padre Daniele Moschetti e da padre Paolo Latorre (Chiesa di S. John).
Alla luce di questa drammatica realtà anche il lavoro fatto al mattino nel cuore della ricca Langata incominciava ad assumere un altro significato. Il tema infatti della seconda giornata era: realtà sociale africana a livello religioso e cristiano.
Tale lettura della realtà è stata fatta da uno dei migliori teologi dell’Africa orientale, J. Waliggo che però non è potuto venire dall’Uganda. La sua relazione (letta da padre Lukwata) doveva aiutarci a leggere la drammatica realtà africana. Quello che Waliggo non è riuscito a fare, l’ha fatto l’impatto con la drammatica realtà delle baraccopoli di Nairobi.
"Cosa sta dicendo a voi teologi lo Spirito di Dio davanti a queste terribili realtà?" - ha chiesto una povera donna di Kibera ad un teologo del Forum. La teologa kenyana che insegna all’università Kenyatta, P. Mwaura ha fatto una analisi del continente: “L’Africa è il continente più povero al mondo - ha esordito- ogni africano è oggi più povero di venticinque anni fa”.
Ha poi continuato ad elencare tutta una serie di drammi fino all’ultimo dei problemi: l’Africa sta pagando pesantemente i cambiamenti climatici creati dalle emissioni dei paesi ricchi. Questo ha già prodotto già mezzo milione di enviromental refugees (rifugiati climatici).
Come interpella tutto questo le chiese? Mwaura ci ha ricordato che entro il 2025 metà dei cattolici saranno in Africa e in America latina. E oggi le chiese dove sono? Da che parte stanno? Mwaura ha infine ricordato le pesanti parole del teologo keniano Mugambi: "Come è possibile che il continente che prega di più sia proprio quello che più soffre la povertà? Ma Dio ascolta la preghiera dei poveri?"
Terminando, la teologa kenyana ha insistito che in una tale drammatica situazione l’unica spiritualità che ci può essere è una spiritualità liberatoria, trasformatrice della realtà, che accentua però l’aspetto relazionale tipico dell’Africa. Un concetto che passa oggi sotto il nome di Ubuntu (una parola bantu proveniente dal Sudafrica) che sottolinea in particolare il concetto di umanità, di essere e di essere l’uno per l’altro. "Io sono perchè siamo", recita un proverbio bantu.
E’ a questa liberazione olistica a cui siamo invitati (ma anche a “liberare la teologia dall’impero”, come ha detto un partecipante durante uno dei gruppi di studio) perchè l’Africa viva, perchè il mondo viva e perché vinca la vita.

Terzo giorno (19 gennaio)
La terza giornata del Forum è stata voluta come momento di scambio, di condivisione tra i partecipanti.

Il teologo cileno, Sergio Torres, presidente dell’Associazione Ecumenica dei Teologi del Terzo Mondo (EATWOT) ne spiega il perchè: "Al primo Forum ci sono state molte lamentele, la principale che i teologi si sono parlati addosso. C’é bisogno di partire dalla prassi delle persone e delle comunità impegnate. La prassi della gente che lavora alla base come si relaziona con il lavoro dei teologi?".

E i partecipanti, oltre trecento si sono dispersi in oltre quaranta gruppi di studio guidati da persone qualificate sui temi come Aids, cultura africana, vivere semplicemente, eco/femminismo, la famiglia africana… Impossibile seguirli tutti, ho partecipato a due: baraccopoli in Africa, Teologia Cristiana e Impero Globale.

Il primo sulle baraccopoli è stato guidato da padre Daniele Moschetti, comboniano, che lavora da cinque anni in una baraccopoli di Nairobi, Korogocho, che un gruppo di partecipanti aveva visitato il giorno prima. Ha presentato i dati drammatici di Habitat (organizzazione dell’ONU che si occupa di abitazioni) che afferma che tra una ventina di anni oltre tre miliardi di persone vivranno in baraccopoli e che già oggi il 70% degli abitanti delle città africane vive in baraccopoli. Ha chiesto dove stanno le chiese davanti a questo fenomeno globale e soprattutto dove stanno i missionari? Quando partirà una seria presenza missionaria nelle baraccopoli?

Ho parlato poi della mia personale esperienza a Korogocho, dove sono vissuto per 12 anni, e ho sottolineato l’importanza del vivere con i baraccati con tutto quello che comporta.

E’ la via dell’incarnazione, del battesimo dei poveri i quali diventano poi i nostri maestri che ci aiutano a leggere le Scritture.

Ho potuto poi partecipare al gruppo di Teologia Cristiana e Impero Globale.

Mi aveva attirato subito il nome del teologo tedesco Ulrich Duchrow, autore di Alternative al capitalismo globale. Ha parlato per prima il teologo coreano Kim-Yong Bock, che ha esordito: “Bisogna iniziare dal Gesù asiatico che ha sfidato l’Impero romano. Purtroppo la religione cristiana é diventata la religione dell’Impero. Dobbiamo dunque liberare Gesù dall’Impero. Alla stessa maniera oggi Cristo é stato cooptato dal neoliberismo e dal capitalismo globale”.

Il teologo coreano ha chiesto un ecumenismo di conversione di fede in solidarietà contro l’Impero.

Le fedi devono convergere in unità, in resistenza all’Impero e in solidarietà con i poveri.

Duchrow ha poi costruito su questo, riprendendo un recente studio su Gandhi che diceva: "Coloro che affermano che la religione non ha nulla a che fare con la politica non conoscono cosa sia la religione".

E’ ritornato sul sogno biblico di una economia del sufficiente per tutti. Per realizzare questo bisogna essere pronti a pagarne il prezzo, a volte con la vita.

Un altro professore musulmano sudafricano Farid Esak, ha aggiunto benzina al fuoco: "L’Impero sente l’Islam come una minaccia" - ha detto. E rivolgendosi ai cristiani ha continuato: "Cosa c’é di così sbagliato con voi cristiani, che l’Impero non vi veda come una minaccia?".

A queste provocazioni sono nate tante reazioni e domande da parte dei partecipanti.

Alla domanda di come le chiese del nord del mondo reagiscono a questo, Duchrow ha detto che nella sua esperienza le più dure a convertirsi sono proprio le chiese di Europa.

Quarto giorno (20 gennaio)
L’ultima giornata è stata intensa e stracolma di incontri ed eventi. I volti, questo incrociarsi, intuizioni... che fanno nascere il Mistero della vita e della storia. C’era tutto questo nell’ultimo giorno. E quante sorprese per gente che proveniva da tutto il mondo e che qui si incontrava per la prima volta!

Al mattino una tavola rotonda sulla spiritualità per un altro mondo possibile: dialogo interreligioso in una prospettiva di liberazione.

Importante l’intervento del teologo tanzaniano L. Magesa che ha portato nel dibattito la prospettiva della Religione Tradizionale Africana. Molto contestato invece l’intervento del prof. Patrik Ryan che, partendo da un punto di vista cristiano, metteva in guardia sul pericolo islamico, visto come una minaccia al cristianesimo.

Il pomeriggio è stato dedicato ad un’altra tavola rotonda sul tema: Spiritualità e rispetto della diversità.

Interessante l’intervento del teologo spagnolo J. J. Tamayo che ha affrontato il problema di tanta spiritualità "asservita all’Impero" e ha definito la religione di tanti, oggi, la "teologia del mercato". Per tanti è una "spiritualità a immagine e somiglianza dell’Impero" ha affermato Tamayo, il quale non ha esitato a dire che l’Impero di oggi "ha fatto del cristianesimo la sua religione".

Così il Dio della vita diventa il Dio della morte e la nostra una "spiritualità necrofila" (amante della morte).

Gli altri due teologi al tavolo: la teologa nigeriana Teresa Okure e la pastora portoricana Vuyani Vellen non hanno aggiunto molto al dibattito.

Nel frattempo girava in assemblea un documento in omaggio a due sacerdoti coraggiosi presenti al Forum, l’uno belga, François Houtart e l’altro il salvadoregno Jon Sobrino. Un omaggio a due grandi, in particolare a Sobrino.

Dopo una breve sosta fatta di abbracci, di contatti, di ricercarsi, la conclusione del Forum in una sala stracolma di gente, alla presenza dell’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, premio Nobel per la pace. E qui si è ritornati alla grande spiritualità, perchè proveniente dalla vita, dalla testimonianza, dalla tensione morale.

E’ da qui che è partito il teologo cileno Sergio Torres, ricordando due drammatiche realtà politiche: la dittatura militare di Pinochet, da cui ha dovuto fuggire e rifugiarsi negli USA e il regime dell’apartheid contro cui ha lottato Desmond Tutu. In ambedue i casi, profetiche voci di uomini di chiesa hanno espresso la resistenza della propria gente: il cardinale Silva Henrique in Cile e uomini di chiesa come Tutu, B. Naudé e Hurley, in Sudafrica. E’ stata importantissima questa memoria di grandi testimoni.

"Ci siamo sentiti rappresentati dalla tua voce” - ha detto Torres a Tutu.

In una atmosfera carica di tensione morale, abbiamo sentito aleggiare lo spirito dei vegliardi, degli antenati. “Muovetevi qui con noi”, pregavamo il primo giorno.

“Muovetevi qui con noi: Martin Luter King, Romero, Steve Biko, Gandhi...”

E’ questa la spiritualità di cui abbiamo bisogno oggi. Torres ha fatto notare che mentre, grazie a Tutu, c’é stata una commissione "Verità e Riconciliazione", questo non é avvenuto in Cile, dove Pinochet é morto senza chiedere perdono.

E’ stato bello che a questo punto non sia stato Tutu a intervenire, ma il vescovo anglicano Dandala, segretario generale del Consiglio delle Chiese di tutta l’Africa: un uomo che ha sofferto e lottato sotto il regime dell’apartheid. Ricordando questa sua esperienza ha raccontato quando la polizia è entrata nella sua casa, si è diretta verso la biblioteca, ha bruciato i suoi libri, in particolare quelli di Gustavo Gutierrez, strappandoli foglio per foglio. "Stolti! Non sapevano -ha detto Dandala- che quei libri io li avevo ormai depositati nel mio cuore e nella mia mente".

Dandala con incisività ha affermato che per far nascere una "solida teologia contestuale bisogna partire da serie e profonde domande pastorali".

Dandala ha affermato che Tutu ha il coraggio anche oggi di porsi domande sul perchè ieri abbiamo combattuto l’apartheid. “Ieri a cena -confessò Dandala- Tutu mi ha chiesto: «E’ questa la democrazia del Sudafrica, quella per cui abbiamo combattuto?»”.

E Dandala si è lasciato andare ad una lunga serie di domande: "Quand’é che l’Occidente la finirà di esportare teologie? Quand’é che permetteremo che queste teologie partano dal basso? Cos’é una teologia contestuale?".

Ha tentato qualche risposta: "La teologia contestuale é quella che ascolta le teologie che nascono dal basso, ma che si confronta con il testo biblico letto in profondità e con l’aiuto scientifico".

E con forza ha detto: "Il tempo di coscienza nera (black consciousness di Steve Biko ucciso nel 1978) é oggi!". Per questo Dandala chiede un intervento serio anche finanziario da parte delle chiese per centri di ricerca, per approfondire questi temi.

"Tutu, ci hai lasciato il mantello," ha detto Dandala.

"Dio mi ha fatto ritirare al tempo giusto!" ha risposto Tutu, fra le risate generali. "Questo é uno dei tempi più difficili per le chiese".

“La chiesa è diventata una delle tante cose che trovi al supermercato -ha sottolineato Tutu-. Ma é questa la chiesa?” E Tutu si è lasciato andare a fare memoria di cosa era per lui la chiesa nei tempi della lotta contro l’apartheid. Poi ha aggiunto: “Noi la cosa più rivoluzionaria che abbiamo è la Scrittura. Nessun manifesto politico é così rivoluzionario”.

Nelle Scritture é talmente chiaro che Dio non é neutrale ma è un Dio di parte, dei poveri, degli affamati, degli oppressi. "Voi dovete proclamare a tutti che Dio ha compassione, sente la sofferenza di ogni oppresso, impoverito, affamato".

Ed ha concluso dicendo che ogni uomo ha diritto di avere "il suo pezzetto di torta qui su questa terra". Questo mondo così com’é non é accettabile, un mondo altro é possibile, anzi per i credenti, necessario.

Alex Zanotelli



Giovedì, 15 febbraio 2007