Corpus Domini

di Aldo Antonelli

Corpus Domini!

Ovverossia Il Corpo del Signore!

Non ho parole e questa festa mi mette a disagio.

Rientro in casa mentre per la città sfila la processione e in qualche cittadina circostante si ammirano le “infiorate” di tradizione.

Il disagio mi viene dal vuoto scandaloso che abbiamo scavato attorno all’eucarestia e che si cerca di riempire con cerimonie altisonanti.

C’è ormai un vuoto “interno”, potremmo dire, all’Eucarestia e un vuoto “esterno” ad essa.

All’interno della partecipazione eucaristica non si può non notare il contrasto tra le sfarzose feste delle cosiddette Prime Comunioni, delle Celebrazioni Matrimoniali e delle Processioni “Eucaristiche” da una parte e il deserto di partecipazione delle domeniche normali e delle ferialità quotidiane dall’altra.

Bambini e bambine imbalsamati a festa per una comunione cui in avvenire non adiranno più.

Ancora più scandaloso il vuoto che separa l’Eucarestia dalla vita reale, sociale e politica dei cristiani stessi. Il segno della comunione dentro le chiese, il Pane, diventa il segno della scomunica e della lotta fuori delle chiese. Al gesto della comunione e della condivisione nel rito corrisponde, nella società, la corsa alla conquista e all’accaparramento nell’economia.

Persino a livello teologico l’eucarestia, separata dalla vita, è diventata un totem: il pane azzimo è diventato un sacramento sterile.

Il pane da mangiare è diventato pane da adorare.

Il pane da distribuire è diventato pane da custodire.

Il tabernacolo stesso è stato degradato a forziere.

Nonostante i tentativi del Concilio, ci ritroviamo in un cammino invertito di ritualizzazione del sacramento, invece che della sua attualizzazione.

Quel “prendete e mangiate” detto da Gesù prima della sua passione, invece che una invito a farsi mangiare dalla fame, dai diritti e dalle necessità dei poveri, lo abbiamo tradotto nel più facile e comodo uso di mangiar ostie.

Comodo e funzionale soprattutto oggi, quando non solo non si lotta più per un “mondo migliore”, ma non si grida più nemmeno che “un altro mondo è possibile” e ci si rinchiude nella difesa dei piccoli, personali e privati privilegi.

E nel chiedermi se, allo stato delle cose, un futuro diverso sia veramente possibile mi consola e mi da speranza quanto scrivono gli amici della Comunità del Bairro dal Brasile:

«“Ciò che è impossibile agli uomini, è invece possibile a Dio”. Persino rovesciare questo clima di odio e intolleranza che, giorno dopo giorno, sembra montare sempre più lì da voi. E non solo lì da voi. Persino all’altro capo del mondo, in Sudafrica. Poveri contro più poveri ancora. E capiremo quanto sia diabolica questa cultura dell’identità che ci separa e ci mette gli uni contro gli altri e chiederemo perdono e misericordia e abbracceremo il diverso che Dio ci ha destinato e a cui ci ha destinati. E formeremo un corpo solo: l’unico corpo di Cristo. Che nessuno potrà mai più separare. Anche se tutte le leggi ci saranno contro».

E mi infonde coraggio e mi da nuovo ardire ciò che scrive don Paolo Farinella da Genova:

«Nel giorno in cui viviamo Dio in quanto corpo/carne, non possiamo non pensare ed essere uniti e solidali con tutti i corpi/carne dilaniati, squartati, violati, violentati e stuprati nel mondo. Oggi il nostro cuore è accanto ai bambini e alle bambine vittime della pedofilia, di cui si rendono colpevoli anche coloro che dovrebbero maestri e custodi dei corpi indifesi.

Oggi vogliamo essere accanto e solidali con le donne violate e vilipese nel loro corpo e quindi nella loro «carne», cioè nella loro fragilità e vogliamo chiedere di essere noi stessi un argine alle violenze immonde e per questo chiediamo di diventare «ostie» di frumento fragile e fragrante, simbolo di fedeltà alla Vita. Celebrare il «corpo del Signore» significa anche prendere coscienza che questo «corpo» di Dio patisce la fame a causa della miseria causata da sistemi d’ingiustizia e di potere che si autodefiniscono cristiani. La fame di tanta parte dell’umanità, dopo duemila anni dall’incarnazione di Cristo nella nostra umanità, è la bestemmia più grave che grida al cospetto di Dio. «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» è ancora l’urlo dei «corpi di Cristo» abbandonati alla morte per fame e miseria: fame di dignità e di decoro, fame di giustizia e decenza, fame di diritti e di ospitalità, fame di vita e di amore.

Nel ricevere «il corpo e il sangue di Cristo» nella comunione, prendiamo consapevolezza e coscienza di essere responsabili di quella di affamati nel corpo da non avere nemmeno la forza di accorgersi di avere un’anima».



E che il Domani e il Domani altro siano veramente “Altro”.



Aldo



Mercoledì, 28 maggio 2008