«Che fine hanno fatto i cattolici democratici?»

Risposte su Micromega


di Alberto Bruno Simoni

Un’ampia sezione del n.4/07 di Micromega è dedicata a questo tema: “Che fine hanno fatto i cattolici democratici?”. Si apre con una lettera aperta di Mauro Pesce - “È possibile un cattolicesimo adulto?” - a cui seguono varie risposte da diversi punti di vista. A parte la segnalazione per chi potesse e volesse andare al testo, ritengo opportuno cogliere qualche spunto da alcuni interventi.

Dalla lettera riprendo questo interrogativo: “Come è possibile fare opera di formazione, divulgazione, trasmissione culturale tra le masse in modo che la fede dei credenti sia nutrita di riflessione critica e non aderisca alla deriva fondamentalista che sta spingendo le religioni di oggi verso l’intolleranza e i conflitti? Chi sarà in grado di presentare una teologia criticamente illuminata che formi personalità autonome di credenti, capaci di pensare liberamente e costituire una ossatura democratica solida per la nostra società?” (Mauro Pesce, È possibile un cattolicesimo adulto? Lettera aperta, in Micromega, 4/07 p.22).
Da parte nostra non si tratta di raccogliere proclami o fermarsi a dichiarazioni di intenti, ma di far passare queste parole nel tessuto e sul terreno della nostra vicenda, per vedere se possono maturare e portare frutto. Con questa precisa avvertenza: che non si può guardare subito ad una soluzione e risultato finale, ma che bisogna solo mettere mano all’aratro e non voltarsi indietro.

Paolo Prodi ci avverte subito che “prima di procedere oltre si debba tentare di approfondire la diagnosi perché dalla diversità della diagnosi possono nascere diversi percorsi”. E aggiunge: “Non possiamo pensare ad un pensiero teologico di tipo accademico staccato dalla vita cristiana: siamo di fronte ad uno squilibrio che non può essere sottaciuto o sottovalutato ma che deve investire la spiritualità, la devozione, l’arte, la musica… Abbiamo tante teologie per ogni realtà terrena, ma non abbiamo più un discorso teologico… Il problema non può però essere posto come possibilità di resurrezione di un ’cattolicesimo democratico’, ma per me il problema consiste proprio nella possibilità di un cristianesimo senza aggettivi”.

La sfida è proprio quella di “un cristianesimo senza aggettivi”: ed Alberto Melloni, sempre a proposito di “cattolicesimo democratico” crede che “sia bene dire con la dovuta chiarezza che quella formula rischia di far apparire il problema del cattolicesimo in generale o del cattolicesimo italiano, al fondo, ideale o ideologico e dunque più semplice di quel che in realtà non sia”. “Per cui, prosegue Melloni, la ’possibilità’ di un cattolicesimo ’moderno e democratico’ può essere certo un nodo: ma ciò che ferisce una sfera più ampia e più amorfa di credenti è la riduzione del cattolicesimo a un sindacato dei valori, la trasformazione della partecipazione alla divina liturgia in un’occasione per schierare ideologicamente la proprie nostalgie pseudotridentine, la sostituzione di una tradizione di erudizione e cultura con una serie di ideogumeni dietro i quali l’ignoranza pigra s’accomoda serena: il tutto accompagnato da una drastica riduzione dell’atto di fede a test di una passività interiore, nella quale la fede non può alla lunga resistere, la carità dissecca in fund raising e la speranza s’eclissa”.

Sempre su questo filo conduttore, Aldo Maria Valli precisa che “il problema della Chiesa probabilmente più che la modernità è la credibilità. È come riuscire ad essere sempre attuale non perché in primo piano sui mass-media ma perché capace di trasmettere la vicinanza di Dio alle persone. È come riuscire a praticare la coerenza tra insegnamento evangelico e scelte concrete. È come dimostrare che il vangelo non è tanto ’moderno’, nel senso di allineato con mode passeggere, quanto sempre nuovo, perché ha sempre qualcosa da dire all’uomo di ogni tempo”. E a conclusione: “Da qualche tempo sembra che le cose relative alla fede si siano fatte molto più complicate e che solo le grandi menti posano parlarne. Anche questa è mancanza di carità. Nella Lettera a Diogneto, a proposito dei cristiani, si dice: ’La loro dottrina non è frutto dell’acuta indagine di uomini di genio’. Tornare ad una fede semplice, che non teme di mostrarsi disarmata sul piano intellettuale ma ricca di umanità, potrebbe riallacciare il rapporto con tante persone che oggi quasi ne sono spaventate”.

Parlando della vitalità di gruppi ed iniziative chiusi nel proprio specifico, Vittorio Bellavite denuncia che “non si riesce a fare un’azione ’politica’ all’interno della Chiesa. Per dirla in breve, il disagio esistente non si organizza. Si aspettano tempi migliori, ci si separa in gruppi di interesse specifico o di ricerca biblica o teologica, si resta nelle strutture per necessità di cose cercando di fare il proprio meglio oppure si sbotta quando non è possibile fare diversamente, ma ancora senza un progetto che diventi collettivo e che sappia proporre ’non una nuova chiesa ma una chiesa nuova’, una chiesa che faccia un passo indietro sulla scena mediatica e politica ed un passo in avanti nella pastorale dell’ascolto e della accoglienza”.

Ettore Masina così conclude la sua risposta a Mauro Pesce: “È stato il grande teologo luterano Jurgen Moltmann a scrivere che la Chiesa può (e deve) scegliere tra la risonanza (l’evidenza sociale delle strutture, l’importanza del suo potere mondano eccetera) e la significanza (cioè il risultato di una sempre più profonda fedeltà al vangelo). Se è così possiamo e dobbiamo, come ci esorta a fare l’apostolo Pietro, rispondere a chi ci chiede ragione della nostra identità, ma tra noi dobbiamo ricordare che il nostro peculiare contributo alla società, dev’essere quello di spenderci nella massa come sale e lievito piuttosto che cedere alla tentazione di trasformarci in indigeribili blocchi di lievito o di sale”.

Come si vede, sono tutti motivi ricorrenti nel nostro cammino e nei nostri discorsi, sono le motivazioni di un impegno che dura da anni senza risonanza ma con perseveranza, e che richiede ora un supplemento di convinzione e di dedizione, anche se senza gratificazioni e sempre in perdita: in questo anno vogliamo semplicemente accompagnare questo cammino e darci l’aiuto necessario, sapendo che ciascuno ha un contributo di partecipazione e di riflessione da dare.


Alberto Bruno Simoni

Articolo tratto da:

FORUM (67) Koinonia

http://utenti.lycos.it/periodicokoinonia/



Lunedì, 24 settembre 2007