La vedova e l’infoetica

di Mario Mariotti

Uno degli episodi più significativi del Vangelo per capire che la Parola non va assolutizzata, che Essa va presa in Spirito e non alla lettera, che gli stessi Vangeli sono espressione delle riflessioni storiche e teologiche delle prime comunità cristiane, e che infine vengono spesso messe in bocca al Signore delle parole che Egli stesso non avrebbe sicuramente pronunciato, ebbene, uno di questi é l’episodio della vedova e del tesoro del Tempio.
Come i miei lettori già sanno, i miei maestri di teologia sono i distrofici, i portatori di spina bifida, i poliomielitici, i piccini della grande favela del Sud che ormai si va globalizzando anche al Nord, e per questo motivo io non sono in grado di fare l’elenco preciso degli enunciati e degli episodi che attestano che il Signore ce l’aveva con gli scribi, i farisei, con le prescrizioni della legge di Mosé e con il Tempio. Questo elenco lo sanno fare gli esperti in esegesi, i teologi. Tuttavia, per quello che io posso conoscere del Signore, so benissimo che Lui parlava e agiva per rompere la logica religiosa dell’Alleanza, per farci capire che Dio non é padrone, ma Padre, che noi non siamo servi ma figli e, in sintesi, che il sabato é per l’Uomo e non viceversa. Per questo i sacerdoti e gli intellettuali allineati venivano da Lui definiti sepolcri imbiancati, razza di vipere, autori della prostituzione del Tempio in una spelonca di ladri: perché, invece di servire la Verità, se ne servivano a proprio vantaggio, e a danno dei semplici; perché si ponevano quali mediatori indispensabili nel rapporto fra Dio e gli uomini, perché separavano i puri dagli impuri; perché si ponevano quali custodi ed amministratori del “sacro” separato, quest’ultimo, dal profano, dalla laicità, dal popolo, dalla gente.
Il simbolo della custodita e dell’amministrazione del “sacro” era poi costituito dal Tempio, e questo Tempio, guarda caso, custodiva a sua volta il tesoro. Ora, se il Signore non poteva non esprimere una condanna dello stesso, quale simbolo della logica religiosa dell’uomo per il Sabato, degli eletti alleati col Dio-con-noi, sicuramente non poteva non considerare il tesoro come la parte più negativa dello stesso Tempio. I Profeti avevano definito Dio come il difensore dell’orfano, della vedova e, dello straniero, cioè dei non-garantiti della società del tempo; quindi il tesoro aveva la propria ragion d’essere principalmente, nel soccorso ai non-garantiti.
Se poi uno avesse voluto trarre le conseguenze strutturali della bontà attribuita a Dio, del1a necessità dell’amore fra gli uomini, della necessità da parte dei ricchi di soccorrere i poveri, ecco che l’esistenza stessa del tesoro sarebbe stata a rischio; man mano che entravano le offerte degli scribi, dei farisei, delle persone più agiate di quella società a quel tempo, contemporaneamente le richieste di aiuto delle persone in difficoltà, numerosissime allora come d’altra parte anche oggi, qualora soddisfatte, avrebbero eroso il tesoro, e lo avrebbero mantenuto sull’orlo dell’a estinzione.
Se Dio é Amore, l’amore dà e quindi condivide; se Dio é Condivisione, coloro che sono di Dio sono dei “condivisori”, sono delle persone che servono e condividono. In questo modo l’accumulo, il tesoro, non trovano spazio, e se essi sussistono, ricchezza personale e privilegio istituzionale, significano contraddizione e negazione di Dio-Amore. Per questo il Signore non poteva non essere incavolato col Tempio e soprattutto col suo tesoro, negazione emblematica di quel Dio-in-noi che si manifesta come Colui che é venuto non per essere servito, ma per servire, e per farci sapere che l’unico vero tempio di Dio é l’uomo stesso. A questo punto arriva la vedova, paradigma dei poveri del mondo, butta le monetine nel tesoro, monetine che per lei costituiscono il necessario per vivere, e il tesoro cresce proprio con e per il contributo dei poveri, dei non-garantiti, la cui semplicità­trasparenza viene sfruttata ed usata per ingrassare quella casta sacerdotale che, invece, avrebbe dovuto dare testimonianza dell’aiuto di Dio ai poveri usando del tesoro per soccorrere la vedova e tutti i poveri come lei.
A questo punto il Vangelo formalizza le esternazioni del Signore come un elogio del comportamento della vedova, il quale costituirebbe un esempio da imitare. Ora io non so se l’episodio sia vero o se sia inventato. Se fosse stato vero, il Signore non se ne sarebbe uscito con un elogio, ma con un turpiloquio che non poteva sfociare in bestemmia solo perché il Signore non ha chi bestemmiare. Sicuramente avrebbe rischiato di dare in escandescenze, come quando si mise a sferzare i mercanti ed i cambiavalute, ed avrebbe costretto gli estensori dei Vangeli ad operare una censura nelle verbalizzazioni di Chi era venuto per spendere sé stesso per amore degli uomini, e stava invece toccando con mano la perversione luciferina dell’uso, dello sfruttamento e dell’alienazione dell’uomo, e specialmente del povero, a favore del Sabato, della casta, del Tempio con il suo tesoro.
lo non credo affatto, se l’episodio é reale, che il Signore abbia detto quello che gli hanno fatto dire, e penso che sia più probabile che lo stesso episodio sia stato costruito da qualche comunità cristiana che già nei primi tempi, quelli più vicini all’esistenza terrena di Gesù, voleva stimolare i credenti ad essere più generosi. Spero che, a tutto questo, fosse sotteso il desiderio di avere più risorse per i poveri e di avere più coerenza nella testimonianza di Dio-Condivisione.
lo spero che sia così, perché nei primi tempi la Chiesa era più coerente nella testimonianza di carità, e i primi cristiani erano gli atei­comunisti del loro tempo, (evangelico peccato) abbandonato nel 4° secolo e mai più ripreso.) In ogni caso, la contradditorietà di questo messaggio all’interno di una sequenza di altri, che si esplicitano nella direzione opposta, mi ha fatto aprire gli occhi sulla necessità di relativizzare la Parola e di vagliarla secondo lo Spirito. Bisogna passare dall’"ama Dio e il prossimo” all’”ama il prossimo come Dio lo ama”, dalla religione alla laicità fraterna e solidale. Solo così il sabato per l’Uomo, e uno si ritrova ad essere mano di Dio per il Regno.
L’episodio della vedova e della monetina nel tesoro va utilizzato non per elogiare quello che é alienazione, ma per denunciare la strumentalizzazione dei poveri da parte del cristianesimo reale, lo sfruttamento della bontà degli umili e dei semplici da parte della casta sacerdotale, la quale é dal 4° secolo che li sta ingannando ed usando, aiutandone una piccola parte e sostenendo e cementando la macchina che li produce. Ogni tanto il Papa ne dice una buona: che é necessaria l’infoetica, cioè una moralità nell’ informazione, che non é affatto solo testimone, ma quasi sempre concausa del negativo che incombe. Bene! Beati gli ultimi ad aprire gli occhi, perché saranno i primi. E quando saranno i primi, si accorgeranno che l’infoetica é necessaria anche alla casta, a S.R.Chiesa, che se ne sta tranquilla dentro a quell’informazione evacuata dai mass-media, che non é affatto etica, che permette al Tempio di starsene in simbiosi con l’Impero, e di godere dei privilegi elargiti da lui e dalle povere vedove che buttano gli spiccioli nel tesoro, oggi Vaticano. Nel futuro di Dio non ci sono né le vedove, né i tesori, né le sante sedi piene di sesterzi. Il Beati i poveri per scelta, l’infoetica, il fare agli altri ciò che vorremmo ricevere da loro, unificheranno il genere umano nella cultura del necessario e nella condivisione con amore.
23-05-08

Mario Mariotti



Sabato, 24 maggio 2008