Lo sguardo di Dio

di Mario Mariotti

Io penso di sapere il perché il Vangelo usa il verbo “credere” invece del verbo “amare”. L’amare include il condividere, perché chi ama cerca di fare di se stesso il necessario e la gioia per gli altri, e quindi soccorre le loro necessità con il proprio impegno e le proprie risorse.
Il “credere, invece, è molto meno costoso, perché Dio sembra si accontenti di preghiere e di esercizi spirituali, dato che non manca di nulla, e perciò il condividere diventa virtuale, e il soggetto credente rimuove i propri peccati di omissione e di solidarietà riempiendo il proprio animo dell’orgoglio di essere fra coloro che credono, orgoglio di sentirsi fra gli eletti, e quindi separato e superiore ai pubblicani, alle prostitute, ai comunisti, ai marocchini, ai rom e via di seguito. Probabilmente dietro l’uso di questo verbo “credere” che sostituisce il verbo “amare”, c’è lo zampino della casta sacerdotale, la quale, estremamente sensibile a che la propria dieta sia equilibrata, usando tale verbo riesce ad aggregare anche i ricchi e i potenti (che se amassero si estinguerebbero in quanto tali), e non solo le pecore proletarie, il che permette a lei, con concordati e meccanismi vari, di provvedere alla propria dieta, al tetto per coprirsi, al proprio benessere e prestigio sociale.
Dice Giovanni nel suo Vangelo: “ma quanti l’accolsero, (il Verbo), dette il potere di diventare figli di Dio, ai credenti nel suo Nome, ai quali non dal sangue né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono nati…”. Se questi enunciati non seguissero le due logiche, quella religiosa del credere e del potere, e quella dell’Incarnazione dei figli di Dio, nati da Lui, e non le mescolassero insieme, il messaggio potrebbe essere molto più chiaro e liberante: “ma quanti l’accolgono, cioè: ma quanti amano, se e quando amano, sono figli di Dio, sono Corpus Domini, sono Suo corpo, sono tralci della Vite, sono nati, come dice l’Evangelista, da Lui.
E la condizione di figli di Dio, tradotta in “praticanti amore e condivisione”, è tutto meno che potere, è rinuncia ad ogni potere, è rendersi ostaggi della compassione, e farsi strumenti dello Spirito, che è venuto non per farsi servire, ma per servire tutte le creature, oggetto dell’amore incondizionato del Padre che le ha create.
Come sarebbe bello se riuscissimo a cogliere questa realtà del nostro essere, se amiamo, corpus Domini; del nostro essere in quel momento figli di Dio, suoi figli; e come sarebbe interessante provare ad essere anche Suoi occhi, suo sguardo, suo giudizio, data la nostra condizione, se amiamo e condividiamo, di essere “nati da Lui”, e quindi suoi figli. Come potrebbe essere lo sguardo, il pensiero, il giudizio dello Spirito-Amore di fronte alla nostra realtà? Per prima cosa Esso, e quindi noi con Lui, metteremmo in discussione tutto quello che contraddice l’amore. E allora dovremmo denunciare, per prima cosa, la cattiveria degli uomini, che sono tante volte equiparabili ad un branco di lupi, che si azzannano tra di loro, ma che vengono superati in crudeltà e malvagità luciferina dagli uomini stessi. Poi ci troveremmo davanti al problema dei problemi: anche per praticare amore e condivisione è necessario consumare altra vita, e quindi fare di lei pane per noi, e quindi recare dolore. Poi c’è tutta la violenza intrinseca alla natura, dove i carnivori sbranano e straziano nella più assoluta indifferenza gli erbivori, dove gli esserini difettosi vengono abbandonati, buttati dal nido, lasciati senza cibo a pigolare sempre più piano.
E dove mettere lo strazio di certi tipi di agonie, e quello di certe malattie genetiche progressive, che pian piano isolano lo spirito dal corpo, e portano all’autocoscienza della propria completa e irreversibile impotenza, esposta solo alla sofferenza e poi a dolore senza remissione? E dove mettere la sofferenza delle malattie mentali, che espongono le persone a condizioni esistenziali terribili, confondono il virtuale con il reale, rendono le persone stesse refrattarie ad ogni linguaggio e ad ogni tipo di comunicazione e di aiuto?
E dove mettere la superficialità, l’insensibilità, l’incoerenza, la stupidità, l’ipocrisia, l’indifferenza, la crudeltà gratuita, la mancanza di razionalità e di memoria storica della quasi totalità del genere umano, che neanche finisce di subire violenza, che subito si mette a praticarla, come colore che un attimo prima denunciava, condannava e cercava di contrastare? Nessuno può certo conoscere i contenuti del pensiero di Dio quando su trova davanti alle precedenti realtà, che fanno parte di questo nostro mondo, ma se Dio c’è, e se Dio-Spirito è amore, di sicuro tutti i negativi che prima ho esplicato devono essere dei negativi e dei grossi problemi anche par Lui. E se è vero che Lui si è incarnato in Gesù per dirci che è possibile incarnare l’amore e trasformare il mondo secondo amore, io non so come faccia a reggere la sofferenza di un Creatore, che è anche Padre, ma, in quanto Creatore, è anche responsabile di tutto il negativo di tutto lo sterminato dolore di un creato che continua a rifiutare l’amore, e a determinarsi come una lotta di tutti contro tutti, prima semplicemente per esistere, poi per sussistere, poi per accumulare e infine per dominare.
Da parte nostra, prendendo l’amore e la condivisione come criterio, ci troveremmo fra le mani il compito della nostra vita, il perché del nostro esistere: far esistere l’amore nel mondo, e quindi togliere sofferenza e portare il necessario e la gioia a tutti i viventi
Se l’amore nasce, viene da Dio, il dare esistenza all’amore significa vivere Dio come Progetto, significa non credere, ma costruire Dio nel mondo, cioè costruire il mondo secondo lo sguardo di Dio, secondo Dio. Ci troviamo allora davanti a una responsabilità enorme: dobbiamo passare dal “credere” e dal “pregare”, all’“amare” e al “condividere”, nella dimensione laica universale del fare agli altri ciò che vorremmo ricevere da loro
Se siamo atomi del corpo di Dio, forse lo siamo anche del Suo pensiero e del Suo progetto; e se Lui non c’è, il Suo pensiero ed il Suo progetto, che sono della Verità, vanno fatti esistere, vanno costruiti.
La vita è da una parte un eccezionale miracolo, di sterminata grandezza, profondità e bellezza, e dall’altra è sofferenza, è lotta, è violenza, è esposta a sterminato dolore: proviamo a trasformarla come potrebbe diventare se dicessimo “si” all’amare e al condividere, e creeremo le condizioni per il “nuovo di Dio”.
Facciamo di questa Verità il nostro Dio, e aiutiamolo a portare a compimento la creazione secondo Sé stesso. Allora anche la minima gioia portata all’esserino più umile e nascosto nella terra dei viventi assumerebbe il valore della luce più preziosa.

Mario Mariotti



Domenica, 09 novembre 2008