Il dio di Dio

di Mario Mariotti

ESSENDO, Dio, Spirito creatore, e questa è l’ipotesi della creatura, che si trova esistente, e di conseguenza creata, ed essendo Dio invisibile, ecco che Egli viene definito come Spirito. Spirito positivo, Spirito che crea la vita, Spirito-Amore. Anche l’attributo di Padre-Madre è significativo: la vita è frutto, è espressione di amore; Dio creatore è Spirito-Amore che da la vita, Dio è Padre-Madre.
Il Creatore, per amore, crea la vita, ed è portato ad amare ciò che Egli crea, l’opera delle Sue mani, l’espressione oggettiva di Sé stesso. Ecco che la creatura, oggetto dell’amore del Padre-creatore, destinataria dell’amore del Padre-creatore, diventa preziosa ai suoi occhi, diventa l’oggetto dell’amore di Chi l’ha creata, diventa lo scopo dell’esistenza dello stesso Creatore, che trova la Sua felicità, la Sua pace nel riempire di necessario e di gioia l’oggetto da Lui creato. Ecco che lo spirito si manifesta in Gesù come Colui che non vuole essere servito, ma servire l’oggetto del suo amore. Ecco che il destinatario dell’amore di Dio creatore e Padre, cioè la creatura, diventa il dio di Dio.
Il comandamento nuovo: “Amatevi come io vi ho amato”, è una prova significativa della precedente ipotesi: che la creatura sia, in quanto destinataria dell’amore del Creatore, il dio di Lui. Se l’ipotesi è fondata, e lo è, (Gesù affronta il suo assassinio per amor nostro), questo modo di concepire la realtà mette in discussione, mette fuori circuito la dimensione religiosa del rapporto creatura-Creatore. L’“ama Dio e il prossimo” diventa l’“ama il prossimo come Dio lo ama”, essendo, il prossimo, il dio di Dio. Fino qui tutto bene.
Il problema comincia quando l’uomo, il destinatario dell’amore del Padre, si trova ad essere contemporaneamente anche lo strumento della materializzazione dell’amore, lo strumento dell’esistenza dell’amore del Padre in questo mondo. E perché questo è un problema? Perché il creatore lascia libera la creatura di dire “si”, di scegliere di materializzare Lui stesso, Spirito-Dio, amando e condividendo; oppure di dire “no”, di contrastare i frutti positivi dell’Amore incarnato, accumulando ed usando gli altri, le altre creature, per soddisfare sé stesso.
L’oggetto d’amore, la creatura, è contemporaneamente, strumento d’amore, e se lo strumento non si determina come tale, come strumento d’amore, la creatura, da oggetto d’amore, si ritrova ad essere vittima di sfruttamento, di violenza, rifiuto, di umiliazione, del razzismo di chi ha eletto sé stesso come dio di sé stesso. Quali conseguenze trarre dai frutti di questa ricerca? Che coloro che pensano e decidono di porsi alla sequela del Signore, devono fare come Lui, cioè considerare, come dio, come oggetto dell’amore, del Servizio, della condivisione, il proprio prossimo, le altre creature, tutti i viventi. Ecco che la dimensione laica, il rapporto delle creature fra loro, diventa fondamentale. Ecco la formalizzazione laica di tale rapporto: fate agli altri ciò che vorreste ricevere da loro, diventa anch’essa fondamentale, perché lo Spirito è uno, la necessità del superamento delle religioni è imprescindibile, l’unificazione del genere umano deve passare per il “si” alle richieste dell’affamato e dell’assetato.
Come uomo è il dio di Dio, così gli uomini devono essere il dio degli uomini, dato che il Padre non manca niente se non il “si”, il corpo, gli uomini stessi, per far arrivare a loro il proprio amore per loro. Per questo tutte le Scritture vanno guardate con uno sguardo nuovo, che tenga conto del fatto che nessuno può bloccare e cristallizzare in formule ed enunciati la inesauribile ricchezza e la sterminata profondità della natura di Dio. Per questo diventa estremamente importante aggiungere a “parola di Dio” il “secondo l’uomo”, e ancora più importante capire che Essa non va mai intesa come rivelazione, ma sempre come ricerca, per riuscire a dare senso ed efficacia al meccanismo strutturale dell’Incarnazione, meccanismo secondo il quale gli uomini che amano e condividono, quando e se lo fanno, in quel momento e in quel luogo sono “corpus Domini”; sono figli di Dio, sono fratelli del Signore, impegnati, Lui Spirito e loro corpo, a costruire il Regno.
A questo punto, poi, diventa necessario un ulteriore passo in avanti: anche se non è possibile dire che tutte le creature, che tutti i viventi possono venir considerati il dio di Dio, tuttavia anche i minimi sono, essi pure, dei miracoli di bellezza e di intelligenza strutturati in vita; essi pure sono delle espressioni della ricchezza e della forza del Dio dei viventi, per cui noi ci dobbiamo convertire dal considerarci padroni a ritenerci custodi, custodi ed anche responsabili quando interveniamo, della vita e della qualità anche dei minimi.
Questi ultimi enunciati sembrano assurdi in un mondo che lascia morire migliaia di piccini ogni giorno, ma è anche vero che ci deve entrare nella zucca il fatto che anche gli altri viventi sono, per l’appunto, dei viventi, ed hanno un linguaggio, e provano dolore, e cercano l’affetto, per cui, da creature, devono fruire dell’amore di Chi le ha create, e devono ricevere rispetto e cura da parte di coloro che hanno la possibilità di incarnare l’amore del loro Creatore anche per loro. Io non so chi abbia partorito l’idea di un Dio che prima si sarebbe messo tranquillo se noi gli sgozzavamo un agnellino, e poi ora si placherebbe al soave odore del sacrificio del proprio Figlio, schernito, straziato ed assassinato da noi per metterci in condizione di essere perdonati da Lui della nostra cattiveria nei nostri rapporti fra noi.
Per me questa è la perversione delle perversioni, è il peccato contro lo Spirito che non può essere perdonato, è il peccato che trasforma l’uomo da dio di Dio a bestemmia del Dio dei viventi, che dovrà disperdersi con il fumo della Geenna nella sterminata profondità nel nulla assoluto…
Allora, a quel punto, il Padre, l’uomo e l’agnellino vivranno insieme, nella serenità e nella gioia dell’Amore tutto compiuto in tutti, e la sofferenza, il dolore recato e subito, la morte non saranno più.

Mario Mariotti



Domenica, 02 novembre 2008