Le Omelie di Padre Aldo Bergamaschi
Il pane vivo

Giovanni 6,51-58


di Padre Aldo Bergamaschi

24 maggio 2008

Pronunciata il 24 giugno 1984

Giovanni 6,51-58
In quel tempo Gesù disse alle folle dei Giudei: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò é la mia carne per la vita del mondo”.
Allora i Giudei si misero a discutere fra di loro: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Gesù disse: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne é vero cibo e il mio sangue é vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre che ha la vita ha mandato me e io vivo per il Padre, cosi colui che mangia di me vivrà per me. Questo é il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiavano i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.



Questo discorso di Gesù che si presenta come cibo e bevanda, suonò scandaloso alle orecchie di molti discepoli. Qui non é detto, ma poco dopo il testo di san Giovanni si dice che molti discepoli lo abbandonarono. La sfida é certamente pesante, ma anche decisiva. É ovvio che il passo é uno dei più delicati di tutto il Vangelo.
Cristo si presenta come valore assoluto, usiamo il termine, come salvezza per l’individuo singolo, e potremmo dire, si presenta come alimento. Voi vedete che abbiamo bisogno di mangiare tre volte al giorno; Gesù Cristo si presenta come salvezza per l’individuo, cibo e bevanda, e come salvezza della comunità degli individui, ecco questo, l’altro aspetto singolare. O l’Eucarestia mantiene questo significato o diversamente diventa un rito pericoloso che non ha più nulla a che fare con il discorso di Gesù.
Circa la frase che spiega questa seconda mia affermazione, Gesù Cristo come salvezza è alimento per l’individuo in quanto tale, é una linfa vitale che tiene in sesto gli l’individui, tiene in sesto la comunità di questi individui in quanto credenti in Lui. Anche dal punto di vista psicologico, noi abbiamo questa divaricazione, dal punto di vista sociale abbiamo questa divaricazione, già i sociologi hanno individuato in noi un io personale e un io sociale e qualcuno dice che lo spazio dell’io personale é molto ridotto e per la maggior parte é occupato dall’io sociale.
Mi illudo di esprimere me stesso, invece io sono solo il portavoce del gruppo, il quale gruppo ti condizione nel vestito, il quale gruppo ti condiziona nel modo di parlare, nel modo di ragionare, nel modo di condurre gli affari e cosi via. Ed ecco perché la massificazione in genere é totale e radicale. Dunque, due sono i livelli da conquistare, la consistenza dell’io, che per il credente si rifà alla persona di Cristo, io sono cibo, io sono bevanda, e poi il riflesso sociale, cito la frase, la più forte: “Il pane che io darò e la mia carne per la vita del mondo”. Dunque non soltanto per l’individuo ma anche del mondo, dell’individuo in quanto associato con altri individui.
Poi secondo passo. Gesù si presenta come carne e come sangue. Oh che parole! Perché? Perché abbiamo la tendenza alla vita e alla morte. Ma sarà Freud a dire che abbiamo nel sangue la voglia di uccidere e anche quando ci esplichiamo con l’eros, si tratterebbe di imporre la nostra esistenza, prolungata nella nostra famiglia, volendo distruggere tutti gli altri essendo noi al centro dell’Universo. Questo sarebbe l’eros e thanatos (amore e morte), tradotto: il sesso e la guerra.
Sembra che Gesù dica allora agli uomini: volete tenere a piombo questa specie di idra che é connaturata al vostro stesso spirito? Ebbene, per togliervi queste grane in una maniera lecita non c’é che una strada, mangiate la mia carne e vi toglierete questa tentazione per la carne, - diamo alla carne il significato di sesso -, e bevete il mio sangue, e toglierete dal vostro sangue questa voglia di cui parlava Freud di uccidere, di dominare, di spargere sangue per potere costruire la vostra grandezza.
Vi cito un esempio classico, tutti conosciamo la congiura di Catilina. In questa congiura troviamo l’episodio dove Sallustio stenta a credere, perché pare a lui una cosa inaudita. Però ci aiuta a capire che cosa dovrebbe essere l’Eucarestia per i credenti, se per i congiurati, (quello che sto per dirvi ebbe una forza dirompente di unità) Catilina aveva pensato alla sua congiura perché si era trovato di fronte (siamo negli anni sessanta a.C.) la corruzione della classe politica, che era arrivata al punto tale da creare nella testa di un individuo - che poi ne trovò molti altri - questa specie di ribellione.
Adesso prima di dirvi del rito cui arrivarono nella casa di Catilina i congiurati, vi cito due righe di questa oratoria con cui Catilina cercò di coagulare intorno a se i congiurati. E poi ditemi se non siamo alle medesime, meglio conoscerla per non doverla ripetere poi supinamente. Dice Catilina ai congiurati: “Chi dotato di animo virile, può tollerare che essi (la classe politica) sovrabbondino di ricchezze, che la sperperino nella costruzione di ville protese sul mare, o nello spianamento di montagne, mentre a noi mancano i mezzi necessari, che essi fabbrichino in continuazione un sempre crescente numero di palazzi mentre a noi non è concesso in alcun luogo un focolare domestico”. I congiurati ascoltavano in silenzio, applaudirono sommessamente il discorso di Catilina, poi si passò a questo rito. Tra i congiurati si fece passare una coppa con dentro del vino misto a sangue umano. Cosa era accaduto? I congiurati si erano bucata una vena e avevano dato gocce del loro sangue, poi lo avevano mescolato col vino e lo avevano passato dentro a coppe, perché i congiurati - mi pare che dica Sallustio - fossero reciprocamente più fedeli giacché ognuno aveva bevuto il sangue dell’altro. Erano così pronti a procedere finalmente all’azione.
Ecco il secondo significato della Eucarestia del discorso di Gesù. Uniti attorno alla Sua persona, uniti fra di noi. Due cose uguali a una terza sono uguali. Io sono unito a Cristo, ed ecco il primo aspetto del discorso, e colui che é unito a Cristo come me, è unito a me, io sono uguale a lui e sono uguale all’altro che é unito a lui.
Ora, la diversità fra i congiurati di Catilina e i cristiani che accettano il discorso di Gesù sul pane e sul vino, sulla carne, vuole sostituirsi alla memoria guida, ma non correggere i rapporti tra gli uomini. Nella visione di Gesù, il cristiano é unito perché ama. I cristiani dunque sono uniti perché amano, e per attuare un nuovo tipo di convivenza.
Ora vi leggo una pagina famosa di Tolstoj presa dal suo diario dove racconta il dramma di una comunione e il suo allontanamento dalla chiesa ortodossa. Io vi cito, e chi volesse controllare può andare a vedere Le confessioni Leone Tolstoj, 1879-1881. Egli dice che é stato educato alla religione cristiana ortodossa, siamo in Russia, ed ecco che cosa gli accade a cinquant’anni circa. “Non dimenticherò mai il sentimento doloroso da me provato il giorno in cui mi comunicai per la prima volta dopo parecchi anni”.
Ci sono questi casi di persone che fanno la comunione da piccoli, poi c’é l’allontanamento, per vari motivi, poi c’é un ritorno. Continua Tolstoj: “Il servizio del culto, la confessione (la confessione l’hanno anche gli ortodossi) i regolamenti mi erano comprensibili e producevano in me la coscienza gioconda che il senso della vita mi si svelava, mi spiegava la comunione come un atto compiuto in memoria di Cristo”. Lasciamo correre, non sarebbe del tutto esatto dire cosi, comunque vediamo che Tolstoj non era disinformato sulla sua fede, era molto informato invece “Fate questo in memoria di me”, é vero che Gesù dice questo, è indicante la purificazione dal peccato e l’accettazione completa della dottrina cristiana. Ancora Tolstoj: “Ero cosi contento di umiliarmi davanti al confessore, di mettere alla luce tutto il fango della mia anima, di confondermi col pensiero con i santi padri che avevano scritto le preghiere, (qui per un ortodosso le preghiere dei padri hanno un grandissimo valore) di sentirmi in unione con tutti i credenti, che non vedevo l’artificio della mia spiegazione, (adesso é critico perché sta scrivendo le sue memorie) ma quando mi avvicinai alle porte del santuario e il prete mi obbligò a ripetere che io credevo che ciò che stavo per assumere, fosse il vero corpo e il vero sangue di Cristo, fu per me come un colpo di coltello al cuore. Vedevo lì, non solamente qualche cosa di falso, ma un’esigenza crudele imposta da qualcuno che evidentemente non aveva mai saputo cosa fosse la fede egli stesso”.
Non mi attardo a fare commenti perché é troppo importante. Cito ancora Tolstoj: “Ero venuto alla fede perché all’infuori della fede non trovavo nulla tranne la morte. Per questo mi era impossibile respingere quella fede e mi sottomisi; mi sono umiliato - badate Tostoj ha cinquant’anni - ho assunto questo sangue e questo corpo senza nessun sentimento sacrilego, col desiderio profondo di credere, ma il colpo era già portato e sapendo in anticipo ciò che mi attendeva non sarei più portato a quella cerimonia”.
E allora cosa fece Tolstoj: “Portai la mia attenzione su ciò che si fa in nome della religione, restai terrorizzato e rinunziai quasi completamente alla ortodossia. Il secondo rapporto fra la Chiesa, i problemi della vita e il mondo con cui ella considera la guerra e la pena di morte”. In questo caso Ortodossia vuol dire alla religione ortodossa.
In quel tempo la Russia era in guerra, i Russi in nome dell’amore di Cristo si misero ad uccidere i loro fratelli e nello stesso tempo nelle chiese si pregava per il successo delle loro armi, i dottori della fede riconoscevano quel delitto come un’opera derivante dalla religione, e non solo i delitti commessi in guerra, ma anche quelli commessi nei disordini che ne seguirono. Conclude Tolstoj: “Io vidi membri del clero, monaci, pellegrini approvare la condanna a morte di giovani smarriti e abbandonati, portai la mia attenzione su tutto ciò che facevano uomini confessando il cristianesimo e ne fui terrorizzato. Ma da dove veniva la menzogna, da dove la verità? La menzogna come la verità esistono nella tradizione, in ciò che si chiama la santa tradizione e le scritture, la menzogna come la verità è trasmessa da ciò che si chiama la Chiesa”.
Voi direte vedendo questa Chiesa deviata, é lecito abbandonare anche Cristo? Questo é il punto misterioso, mi pare di avervi già parlato di Tolstoj, e detto che é un personaggio curioso sotto questo profilo. Curioso perché nella critica negativa mi trova consenziente, facciamo bene attenzione, si potrebbe dire ecco un uomo che abbandona la Chiesa perché la considera deviata rispetto a Cristo, la santa tradizione, e poi quando si tratta di fondare principi etici, é l’unico autore che continua ad appellarsi al Vangelo.
Ma se voi chiedete, Gesù Cristo é Dio? Tolstoj risponde no, non credo nemmeno che sia Dio, perché non posso più credere in questa Chiesa che ha fatto tutto questo. Se lei dice che Gesù Cristo é Dio, io dico no non é Dio, però quando si tratta di fondare principi etici, mi appello al Vangelo, mentre gli altri li vanno a cercare fuori la visione cristiana del mondo, cito Marx per tutti. Tolstoj stranamente mette sempre in esergo alle sue soluzioni un passo del testo evangelico.
Ebbene colui che si é trovato nelle medesime condizioni é Francesco di Assisi, sennonché egli porta a termine la sua sfida, non é prete e nella mia tesi non é neanche diacono, non consacra e quindi non dà Cristo nell’Eucarestia. Non scopre il Cristo nell’Eucarestia, ma nell’ascoltare il Vangelo. Anche questo ci deve fare riflettere, cosa era diventato questo Gesù Cristo sacramentalmente impacchettato, era diventato un rito che non aveva più nulla a che fare con il discorso di Giovanni che abbiamo letto.
Non é sacerdote, non consacra l’Eucarestia, ma propone Cristo in tutta la sua vita, tanto che anche i papi saranno costretti a dire: ecco un Alter Christus. E allora l’alter Christus, lo vedete, non passa attraverso il problema eucaristico, passa attraverso qualche cosa d’altro.
La domanda su cui vi lascio é questa: quale è - per il medioevale e anche per noi - l’autentico cristiano in Gesù Cristo? È quello che riceve Gesù sotto le speci del pane e del vino, oppure é colui che mette in pratica il comandamento di Gesù: “Amatevi Come io vi ho amato?”



Sabato, 24 maggio 2008