Natale 2007
GESÙ, UN FUORI SISTEMA

di p. Aldo Bergamaschi

Omelia inedita di p. Aldo Bergamaschi


Giovanni 1,1-18

In principio era il verbo e il verbo era Dio e il verbo era presso Dio. Egli era in principio presso Dio, tutto é stato fatto per mezzo Lui e senza di Lui niente é stato fatto di tutto ciò che esiste.
In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini, la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di Lui eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la Sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto, a quanti però l’hanno accolto ha dato poteri di diventare figli di Dio quelli che credono ne1 Suo nome i quali non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo ma da Dio sono stati generati.

Oggi vi é nato un Salvatore che é Cristo Signore, è venuto nella sua casa, il mondo e i suoi non lo hanno accolto.
No, io non me la sento di sostenere la tesi che l’uomo, nella profondità del suo io é l’assoluto stesso, ed é quindi da sempre salvo, come ha sostenuto di recente un filosofo. Non me la sento nemmeno di identificare il cristianesimo così come é, con la salvezza in atto nella storia. Chi crede solo nell’uomo o nella sua ragione contrappone poi la verità alla fede. Chi crede nel Dio-con-noi contrappone la Verità alla religione, ma non potrà mai più identificare né uomo e Verità, né Chiesa e Verità.
Un romanziere invece, più propenso alle immagini, ha detto che il Natale gli fa pensare quelle anfore tutte ricoperte di conchiglie che i pescatori di tanto in tanto tirano fuori dal mare, per cui, per ritrovare la forma, bisogna togliere tutte quelle incrostazioni. Così il Natale, per ritrovare o per trovare il significato autentico bisognerebbe liberarlo da tutte le scorie sopraggiunte, da tutte le abitudini cerimoniose e consumistiche poi, dice lo scrittore, si vedrebbe.
Ma, se anche il Natale é incrostato, coloro che vi si ispirano, o che si richiamano ad esso, subiscono la stessa sorte. E se per ipotesi fosse liberato dai detriti marini, cosa si vedrebbe? Ebbene si vedrebbe un Bambino posto in una mangiatoia, ma attenzione un Bambino che appartiene alla serie umana solo per parte di Madre e cioè quel tanto che basta per dire che é come noi, ma con quel tanto di diverso per affermare che non appartiene culturalmente ad alcuna etnia e per abilitarlo, almeno in linea di principio, al ruolo di Salvatore della natura umana. Questo Bambino, già con la Sua presenza, vi dice, tu natura così come sei, sei imperfetta, e dico delle parole tenere, sei contraddittoria per responsabilità culturale, anche se a livello generale, più che malvagia sei ignorante.
Ecco come le offese cominciano a piovere su questa natura umana. Offese soltanto in apparenza, giacché chi le pronuncia, sia pure in maniera indiretta, é il suo Salvatore. Ora, l’aspetto tragico del problema consiste nel fatto che questo Bambino dice le stesse parole ai discendenti di coloro, e siamo noi, che duemila anni or sono riconobbero in Lui l’annunciatore accreditato di questa verità. Tre secoli di martirio sono bastati per riuscire vincitori, ma non sono bastati per mostrare la soluzione della contraddizione.
Sicché siamo da capo, Cristo é pensato come il Salvatore esterno che ha impiantato una nuova etnia dentro alla natura umana, e l’ha imposta ai vinti. Questo é il modo di pensare il cristianesimo dalla maggior parte dei cristiani. Ora se essere cristiani significa essere il nuovo popolo di Dio, che ha il Messia come suo capo, così come il popolo ebraico aveva Javeh come suo capitano e l’Islam Maometto come profeta, fratelli tutto é fallito. E allora tutto é fallito nell’ordine della salvezza.
Come Dante voglio fare parte per me stesso, se così stanno le cose io non sto più a questo gioco. Cristo non é venuto a pilotare la storia dall’esterno così come lo hanno concepito i profeti, ma é venuto a nullificare tutti i miti che danno origine al conflitto fra i gruppi umani, quali che essi siano. La cosa orribile é che il cristianesimo diventi lui stesso un gruppo umano, quando dovrebbe tenere viva la concezione delle coscienze che gruppi umani non ne debbono esistere più.
Perciò, la specificità del Salvatore dell’uomo è dimostrare che non esistono Ebrei e vorrei dir loro che questo é il grosso peccato compiuto e perpetrato da loro nella storia, come é lo stesso peccato nostro, nella misura in cui pensiamo il cristianesimo come sostitutivo appunto di quella religione. Guai a chi dice io sono ebreo, io sono cristiano, guai a chi dovesse trovare la propria identità in questo aggettivo. Non esistono musulmani allo stesso titolo e men che meno esistono russi, americani, italiani, iraniani e non esistono friulani, o sardi, o emiliani, non esistono comunisti, socialisti democristiani e così via. Questi sono i peccati che noi commettiamo da venti secoli nei confronti del Natale di Gesù.
La prima lezione di religione non deve consistere nell’insegnare la religione cattolica, fratelli miei Sacerdoti e Vescovi e Papa, non deve essere insegnata la religione cattolica, ma essere cattolici e cristiani vuol dire mettere mano al disarmo ideologico e questo deve essere la costante lezione di chi vuole insegnare il Messaggio di Gesù, di questo Bambino che si presenta in carne ed ossa come portatore di questo Messaggio.
Il Natale di questo Bambino ci propone allora di annullare tutta la nostra storia personale: Dio solo sa che cosa abbiamo messo di incrostazione a partire dall’infanzia, ognuno conosce l’abisso delle proprie abitudini, dobbiamo annullare questa storia personale, ma soprattutto quella di gruppo per costruirne una su misura del pianeta, il quale pianeta é diventato ormai un piccolo guscio di noce e nulla più. Oramai sappiamo ciò che accade ai confini del mondo come sappiamo quello che accade sotto la porta di casa.
Ora questo Bambino, agli adulti dice di diventare come bambino in un primo momento, nel punto cioè in cui l’innocenza, da virtù negativa, comincia poi a coprirsi di modelli culturali prodotti dall’ambiente e dalla civiltà. E poi per dissipare ogni equivoco, questo medesimo Bambino dirà da adulto, che per essere disponibili alla eguaglianza bisogna rinascere. E in questo caso rinascere vuol dire diventare figli di Dio; attenzione, figli di Dio, non credenti in Dio così come siamo, perché questo é il disastro, la natura umana così come é frazionata in gruppi, dice di credere in Dio, mentre invece, bisogna diventare figli di Dio. Allora cesserà anche il significato di gruppo e questo significa riconoscersi uguali sul piano dello spirito, vale a dire uguali come persone.
Noi non crediamo di essere uguali come persone, non lo crediamo e troviamo il sussidio della religione perché ci faciliti in questa certezza, non lo crediamo quando invece, questo Bambino, prendendosi gioco di tutte le religioni, non ne fonda una nuova, ma dice appunto che la vera conquista, è di riconoscersi figli di Dio.
Volete costruire la pace necessaria alla crescita spirituale e culturale dell’umanità, ebbene, dovete rinunciare al vostro creduto marchio di origine, perché esiste un solo marchio per tutti e questo marchio é l’ombelico. Ma facciamo attenzione, l’ombelico del mondo in senso etnocentrico, non esiste né a Delfi né altrove, perché è una invenzione della nostra volontà di potenza e di dominio, allora é solo l’ombelico fisico che deve attirare la nostra attenzione, perché diversamente rischiamo poi di costruire l’ombelico del mondo ovunque. “Non esiste questo ombelico - diceva già Epimenide - l’abbiamo inventato noi per dare fiato alla nostra volontà di potenza e di dominio”.
Prendiamo ora a titolo di puro esempio la questione della lingua. Un settentrionale che sente parlare un meridionale si indispone. I settentrionali a loro volta partono dal presupposto di essere superiori, ma per quanto riguarda la lingua essi pure hanno la loro flessione regionale. Fratelli da qui il conflitto fra due orgogli etnici, siamo già nemici in maniera irreparabile e per buona fortuna c’é il concetto di nazione che ci tiene ancora uniti, ma poco che voi grattiate troverete sempre il pelo del lupo pronto ad aggredire. Dopo un secolo di unità, cosiddetta nazionale, la lingua si é omogeneizzata ma grazie a due geni che dovrei paragonare, in questo caso, sia pure con le dovute distanze, a Cristo Salvatore, uno é Dante e l’altro é Manzoni. Mediante la scuola ci si intende tutti con un italiano che pure avendo un suo codice universale indipendente dalle singole regioni é ancora parlato con accento regionale.
Il passo decisivo della unità dovrebbe consistere nel saldare l’ultima crepa sempre in pericolo di allargarsi di nuovo. Bisognerebbe rinunciare tutti alla propria flessione e consultare il vocabolario, il quale non é opera di un gruppo, ma é opera della ragione. Manzoni non ha imposto il dialetto lombardo e neanche ha inteso imporre il dialetto fiorentino, questa é la grandezza del suo genio, la proposta dunque di trovare un punto comune, in modo che le singole etnie, trovassero la forza di rinunciarsi, senza intendere questa rinuncia come il dominio di una etnia sull’altra.
Ora chi fa scuola di dizione non si piega a un dialetto, fosse pure il fiorentino o il senese, ma entra nella verità della ragione e quindi é uguale per tutti. Se io mi permetto di richiamare chi erra non lo richiamo perché non fa come me, o perché non accetta la mia dizione, ma perché non rinuncia alla propria inflessione per accettarne una che ci renda tutti uguali. Se tutti parlassimo secondo la retta pronuncia non giudicheremmo mai più l’altro per la sua origine, in rapporto alla nostra, perché il motivo del litigio a quel livello cade, e cade nella misura in cui io ho saputo rinunciare alla mia storia, alla storia particolare e alla mia storia di gruppo.
L’annuncio della pace del Natale é tutto qui, fuori da questa logica è, fratelli miei, una strana festa dove l’uomo indossa i suoi vestiti storici e fa, scusatemi l’offesa, il bell’imbusto di fronte agli altri emettendo sorrisi e belle parole gentili mentre il suo cervello é pieno di volontà egemoniche. Nulla di più triste al mondo che vedere i bambini educati a scrivere la lettera di Natale nella propria lingua per chiedere a Dio pace e bontà. Ne1l’atto in cui chiedono il bene più prezioso per la vita sociale, sono ahimé già in guerra con tutto il genere umano perché pongono un diaframma fra sé e gli altri. Un diaframma che diventerà poi motivo di scontro, motivo di guerra.
Il Dio-con-noi entra nella condizione umana non in un gruppo per celebrare la salvezza della natura umana. La vera genealogia di Gesù non é allora quella di s. Matteo, quella di s. Luca che raggiunge Adamo, ma meglio ancora quella di s. Giovanni che trascende la storia.
Il Verbo si è fatto carne, dunque non appartiene a un popolo, lo ridico e lo riconfermo qui, perché non esistono popoli, né razze, né stati nazionali. Il cristiano non si sente più parte di un gruppo, fosse pure la Chiesa storica, perché il cristiano é una disponibilità, e tale dovrebbe essere la Chiesa e la sua funzione nella storia che vede solo la unità del genere umano. Il cristiano non può più sentirsi una qualità di pane che lotta per imporsi sul mercato per via egemonica, il cristiano si sente lievito prima di essere pane. Si sente lievito, mediante il quale si possono fare tanti pani, diversi si, ma per soddisfare la fame nel mondo e mai per ricavarne un profitto una gloria un vanto.

25 dicembre 1986



Giovedì, 27 dicembre 2007