Le Omelie di Padre Aldo Bergamaschi
Pastori, guardiani e pecore

Giovanni 10,1-10


di Padre Aldo Bergamaschi

13 aprile 2008

Pronunciata il 13 maggio 1984

In quel tempo, Gesù disse: “In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei”. Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. lo sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
Giovanni 10,1-10


Oggi dobbiamo parlare anche della giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Nulla di più giusto che tenere sottocchio come in filigrana il Buon Pastore.
Gesù mette in risalto la differenza fra sé e i mercenari venuti prima e venuti anche dopo. Ma é chiaro che indipendentemente dal prima o dal dopo questi mercenari considerano le pecore come un bottino, come un luogo di profitti. Egli invece non esita a sacrificare la sua vita per esse.
Sembreranno cose banali quelle che sto dicendo ma sono premesse importanti perché si tratta di decidere il rapporto fra autorità e libertà, fra autorità e sudditi all’interno della ecclesia fondata da Gesù. Se per dannata fatalità si dovesse ripetere all’interno della Chiesa lo schema del mondo pagano, del mondo classico o del mondo puramente naturale, ahimé salterebbe il concetto di Chiesa e salterebbe anche, probabilmente, la definizione di Gesù.
Dunque dicevo, questo Pastore strano Gesù, invece non esita a sacrificare la sua vita, il Pastore che muore per dare la vita alle pecore. Così la sua risurrezione sarà il mezzo con il quale Egli si confermerà Pastore eterno del gregge.
Pastore eterno: precisiamo ancora, la struttura di questo Pastore é a servizio delle pecore, avete udito, è Lui che va davanti alle pecore e se sulla strada ci sono dei rovi è Lui che li toglie, non manda le pecore a rovinarsi il muso contro i rovi. É lui la porta delle pecore; sottigliezza voi direte, no! Concetti.
“Tutti coloro che sono venuti prima di me…”, questa in verità é una frase che mi turba un momentino perché si tratta di vedere a che cosa allude Gesù. Indubbiamente non posso credere, come alcuni pensatori cristiani dei primi secoli - che però erano divisi sotto questo profilo - che vennero prima di Lui, fossero i saggi dell’antichità. Per ipotesi Socrate, il quale, era proprio su questa strada, dal punto di vista laico e anche dal punto di vista religioso, direi l’antefatto, di Gesù. Proprio quel povero Socrate, che andava appunto attorno agli abitanti di Atene, che nel complesso egli chiamava un cavallo bizzarro e li voleva ricondurre alla saggezza. Allora non posso pensare che si tratti di costoro, ma si tratta forse di tutti coloro che hanno avuto il titolo di capi. Pastore era Agamennone, pastore era re Davide, pastori erano i capi religiosi.
Ecco, allora, come probabilmente dovrà essere intesa questa frase: chi é venuto prima di me e ha esercitato il potere. Potere non é quello di Gesù; va davanti alle pecore, non dietro con il vincastro, l’unico contatto non é il vincastro, ma la voce, ne conosce una per una: ascoltano la Sua voce.
Dunque Lui é venuto per dare la vita alle pecore, non per farsi mantenere. Le conduce al pascolo, e al pascolo per le pecore, non per sé. Momento delicato la posizione del pastore, perché determina il rapporto, vi dicevo, autorità-libertà. Abbiamo così chiarito a sufficienza questo distacco fra Lui e i pastori del mondo classico e religioso.
Ma questo discorso sui mercenari e sui pastori, vi dirò che é lo scheletro nell’armadio della ecclesiologia e qui entriamo nelle dolenti note. San Giovanni evangelista, è l’apostolo che ha conosciuto molto da vicino Gesù e che ritorna su questo tema con insistenza. Ricordate, anche sul lago dopo la risurrezione, “Pietro mi ami tu"? Anche lì c’é la figura delle pecore, degli agnelli, san Giovanni era tormentato da tutto questo con il terrore di rivedere la Chiesa ricostituita nei rapporti della vecchia società pagana e giudaica, dove il rapporto dei pastori con le pecore era quello che vi ho detto. Tutto il passo di Giovanni - che tra l’altro non é assunto tutto dalla liturgia - é relativo ai falsi profeti che entrano nella gerarchia intesa come successione apostolica.
Io adesso dovrei citarvi un passo bellissimo di Kirkegaard laddove parla della differenza e rapporti fra la parola di Dio, e coloro che dovrebbero pronunciare la parola di Dio. Più questi diventano solo delle trombe, come dire corpose, più il suono della parola di Dio diventa una sciagura per coloro che ascoltano, sia sul versante cattolico, sia sul versante protestante, ma se la prende di più col versante protestante data la collocazione cui egli appartiene. Kirkegaard è morto anche lui nella ricerca esasperata della figura di Cristo, é vissuto nella ricerca costante della verità, che per lui era chiaramente Gesù Cristo.
Adesso prenderò come guida Manzoni, lo conoscete, lo leggiamo nelle scuole nelle università, é un grande della letteratura mondiale, unico pensatore cattolico che ha osato mettere i dubbi sulla civiltà cristiana, con mitezza, con calma, con fermezza. Egli descrive una civiltà, una società cristiana in cui il prete, don Abbondio, é insignificante sul piano della salvezza, perché di questa società è diventato un’appendice e diventandone un’appendice non può più esserne il salvatore. Invece il personaggio profetico, lo sapete, diventa padre Cristoforo, Renzo, Lucia e cosi via.
Ecco, giacché vogliamo parlare di vocazioni, mi rivolgo qui ai genitori e ai giovani che avessero qualche velleità apostolica per la testa.
Manzoni nel primo capitolo dei Promessi Sposi sembra essere un seguace di Hobbes, il terribile filosofo il quale sosteneva che l’uomo era un Dio per l’uomo, nei rapporti privati, e invece era un lupo per l’altro uomo, nei rapporti sociali. Sentite le due righe del Manzoni, il quale qui la fa da sociologo di primo piano: “L’uomo che vuole offendere o che teme in ogni momento di essere offeso cerca naturalmente alleati e compagni, sicché in quel tempo, vedete come è cattivo e buono nello stesso tempo”. In illo tempore... in quel tempo Gesù disse ai Farisei... in quel tempo gli individui si trovavano nella drammatica alternativa di collegarsi in classi o di essere produttori di nuove classi.
Dunque la diagnosi manzoniana, non fa uso neanche della figura retorica che si chiama la litote; Manzoni, non é mai violento, per descrivere don Abbondio diceva che non aveva un cuore di leone, invece di un vigliacco. Ora questa figura, la litote, voi la trovate disseminata, potrei citare casi, ma non voglio dilungarmi, in questo caso non ne fa nemmeno uso. Sentite che cosa dice: “Il clero - lo dice al singolare - vegliava a sostenere e a estendere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, e il militare le sue esenzioni”. La nobiltà non i nobili, il militare non i militari, il clero non i preti, perchè singolarmente presi potevano anche essere delle brave persone, ma in quanto appartenenti al gruppo ecco cosa accadeva di maledetto.
Don Abbondio, per quanto non avesse un cuor di leone, si era accorto di essere, in quella società, come un vaso di terracotta, e così aveva ubbidito ai parenti che lo vollero prete senza pensare molto, ne agli obblighi, ne ai nobili fini del ministero. Allora voi vedete le motivazioni profonde che possono portare a entrare dentro all’ovile, possono far credere di essere passati per la porta, quando invece per la porta non si é passati.
Allora la religione dice Manzoni, dà il pane e la classe a don Abbondio, ma la profezia é caduta, la Chiesa cresce su se stessa; perché don Abbondio, solo formalmente, è entrato per la porta, ma non sostanzialmente. Se la porta é la Chiesa istituzione allora sì, é entrato per la porta, ma se invece é Cristo no!
La storia della salvezza, con pastori di questa specie, é allora ripetizione di riti, non é un mettersi davanti alle pecore, non é costruire delle novità, é semplicemente svolgere dei riti.
Ebbene, io non so quanto gli uomini di questa generazione, e sto parlando ai genitori e ai loro giovani che hanno, la propensione alla generosità vocazionale, non so quanto siano indisponibili o disponibili ad accettare il dono di se stessi a Dio e alla causa di Gesù Buon Pastore. Ora, chi si dovesse rendere disponibile deve riflettere se è prete sulla condizione di potenziale burocrate, se egli diventa un potenziale burocrate, avrà nella testa una sola idea, la carriera, se é figlio di povero la sicurezza economica, se é figlio di ricchi la carriera.
Ed ora, come esemplare di vocazione, non posso citare che san Francesco, il quale, non era in nulla successore degli Apostoli perchè non era neanche diacono, come si va dicendo, eppure ha riportato Cristo nella Chiesa medioevale.
Termino dicendo solo questo: la Chiesa, più che di preti e di ordini religiosi, ha bisogno di cristiani, perché essere cristiani resta la vocazione più difficile e assolutamente necessaria per avere l’ovile di Cristo.

13 maggio 1984



Mercoledì, 16 aprile 2008