Le Omelie di Padre Aldo Bergamaschi
Matteo 5,1-12

1 novembre 1983


1 novembre 2007

Dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12
In quel tempo vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli".

Oggi festa di tutti i Santi, ascoltando la prima lettura, pensavo che i primi cristiani erano Santi perché testimoniavano essenzialmente di fronte al mondo mediante il martirio. Sono coloro che sono passati attraverso grande tribolazione. Poi con l’instaurarsi della civiltà cristiana, al lume di candela, siamo andati a cercare le virtù che già i pagani conoscevano. Non voglio squalificare la santità storica, ma avrei molte cose da dire circa la santità inserita nell’epoca
Manzoni, voi ricordate quando fa l’elogio del cardinale Federigo, dice che era una persona deliziosa dal punto di vista personale, ma poi anche lui ha pagato gli errori del tempo; e allora qui la battaglia fra gli storici: "Ma ci furono errori dell’epoca sua più che suoi", e con questa frase si andrebbero a scagionare i loro errori. Manzoni non è di questo avviso, è uno dei pochi intellettuali cattolici che si oppone a ogni forma larvata di storicismo. Gli altri intellettuali storici lo accusano proprio per questo, ma la sua grandezza emerge proprio dalle accuse degli altri.
Siamo al discorso della montagna. La prima Beatitudine “Beati i poveri in spirito” è il manifesto del cristiano rispetto alla storia, quindi ha una valenza assoluta, o si applica a lui cristiano, in quanto singolo in una Chiesa che mette in crisi il mondo in cui essa si trova ad operare, o se viene letta ai cristiani che soffrono all’interno di una civiltà cristiana, piramidalmente disposta come tutte le altre società, è una mistificazione, una corruzione e uno strumento per il mantenimento dello statu quo. Guai quindi leggere questa beatitudine in un contesto medioevale, dove ha creato equivoci che non sono ancora chiusi. Poveri in spirito, già ma detto al servo della gleba intendendo: siete poveri e dovete accettare la vostra condizione per amore di Dio.
Altro è essere afflitto, tanto per citare la seconda beatitudine, perché sono un cristiano che resiste al mondo, e altro è che mi si dica che sarò consolato lassù, mentre ci sono altri “cristiani” che mi affliggono quaggiù. Allora in questo caso la beatitudine non ha più significato alcuno perché diventa proclama di assestamento di una classe, o di tranquillizzazione, di una classe nei confronti di un’altra classe all’interno della Ecclesia, che invece deve cancellare il concetto di classe.
Per esempio, la pazienza, la parsimonia, la pace, la non violenza, se le pratico solo io che sono cristiano, evidentemente do spazio a coloro che sono violenti e così di seguito. Ma sto parlando all’interno del mondo di coloro che credono, perché deve invece essere esattamente così di fronte a coloro che non credono. Lo dice Gesù, vi perseguiteranno, vi insulteranno e così via. Questo è il retaggio del cristiano nel mondo.
Ma voglio portare il discorso ad una esemplificazione più precisa. Si dice, essere cristiani vuol dire fare il proprio dovere, si celebra la santità quotidiana della donna che sta in casa tra le pentole, l’uomo che va in ufficio, ecc. Allora essere santi vuol dire fare il proprio dovere nel luogo di lavoro, in casa e così via, però in questo discorso non ci preoccupiamo delle strutture sociali, chiudiamo gli occhi su ciò che è la malvagità della struttura. Il principio ahimè è applicabile in ogni epoca.
Se il padrone fa il buon padrone, non si discute lo status di padrone, mentre invece è proprio quello che va discusso. Sei operaio? Fai il tuo lavoro con diligenza e basta, mentre invece bisognerebbe proprio discutere lo status di operaio. E allora ritorna quella mia frase fantasma, il dramma entro cui siamo inseriti, che ci sia un uomo che dica a un altro uomo, tu lavora e io ti pago.
Allora, o noi riusciamo a tirarci fuori da questa situazione mediante il proclama del discorso No, questa santità non mi torna assolutamente. Chi è un buon operaio? Nel medioevo e fino a sessanta anni fa era colui che faceva il suo dovere. Dovere che era andare alla messa, lavorare dodici ore al giorno, accontentarsi della paga giusta, stabilita cioè dalla economia di mercato. Se cerchiamo invece, cosa è il giusto allora sì .... Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati ....
Ma quale giustizia? Giusto era colui che non faceva sciopero, colui che vedeva Dio nel padrone e così via. Oggi le cose sono cambiate, anche dal punto di vista ecclesiale, si dice che gli operai possono organizzarsi in sindacato e rivendicare i loro diritti - cosa ereticale nel medioevo - e per un miglior tenore di vita il sindacato di classe come strumento della vita sociale. Ho visto che nella enciclica del papa “Laborem Excersens” si accetta come una componente della vita sociale il sindacato, quando invece, se dovessimo stare al programma del discorso della montagna di Gesù, il sindacato dovrebbe sparire, non ci dovrebbe essere, perché il sindacato volere o no gestisce una conflittualità. Io non ho nulla contro di loro, ma è il concetto che resta anticristiano.
Ho letto che il parroco della principessa di Monaco Grace Kelly, ha proposto di santificarla. Partendo dal principio che aveva bisogno di cambiarsi d’abito quattro volte al giorno, farsi i capelli sempre dalla parrucchiera ecc., tutto questo si approva per rispetto alla sua condizione. Ma se invece una contadina al confessionale dicesse: mi sono guardata allo specchio, ho desiderato mettermi un vestito con i merletti, ecc. non l’approveremmo. Mi si viene a dire che la santità in questo caso deriverebbe dal fatto che in un mondo in cui tutti fanno divorzio, la principessa non lo ha fatto, quando questo è semplicemente un puro dovere, è il minimo che il cristiano possa fare. Quindi voi tutti sareste dei gran santi unicamente perché siete stabili nel vostro matrimonio. Vi confesso che avrei terrore di essere santificato dalla istituzione perché ho attuato la sua morale. No, “Beati voi quando vi perseguiteranno per causa mia”!
E allora mi viene in mente ciò che ha detto san Francesco prima di morire. Tra le poche o tante parole ve n’è una che poche volte avrete udito dai pulpiti. Intanto si fa portare sulla madre terra, voi ricorderete, anche qui c’è tutta una posizione polemica perché qualcuno lo voleva far morire nell’episcopio. La sua conversione l’ha avuta nella Porziuncola e non nell’episcopio, perché da quella parte non sono venuti esempi. Poi sulla nuda terra dice una frase che è rimasta famosa e che lascio a voi in consegna: “Fratelli io ho fatto la mia parte, Gesù vi insegni a fare la vostra”. Gesù Cristo e nessun altro, perché soltanto Lui può darci insegnamenti utili per non essere figli nati dalla nostra epoca.

1 Novembre 1983



Giovedì, 01 novembre 2007