Le Omelie di Padre Aldo Bergamaschi
Matteo 24,37-44

27 novembre 1983 - prima domenica di Avvento


di Padre Aldo Bergamaschi

2 dicembre 2007
Dal Vangelo secondo Matteo 24,37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Come fu al tempo di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei gironi che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi siate pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà”.


Cominciamo col dichiarare alcune antinomie, (contraddizioni vere o apparenti) cioè a dire verità egualmente probabili. Il divenire storico è cieco oppure è guidato? Un uomo lavora nei campi sarà preso, l’altro lasciato, una donna svolgerà i suoi lavori casalinghi, una sarà presa l’altra sarà lasciata.
Allora la venuta del Figlio dell’uomo è come la venuta o l’arrivo di un terremoto?
L’arrivo di un terremoto decide della nostra sorte fisica, il diluvio fu mandato da Dio per castigare? Mi pare che fossero soltanto otto le persone salve - almeno secondo una lettera di s. Pietro - noi interpretiamo un evento naturale come un piano divino?
Capite in che cosa consiste adesso l’antinomia del discorso. Stare pronti per essere presi o per non essere presi. Chi è preso? Il testo suona precisamente così; due uomini sono nel campo uno sarà preso sottobraccio e l’altro sarà lasciato. Allora chi è preso sottobraccio è colui che sarà salvo o colui che è portato a morte? Ecco l’ambiguità. Da un lato Gesù afferma che queste cose accadranno così come accadrà un terremoto, dall’altro lato, che tutto sia guidato da una intelligenza che vuole ottenere taluni scopi.
Se leggo bene Gesù non dice che Dio mandò il diluvio per la motivazione data dalla scrittura, ricorda solo ciò che accadde, il diluvio li portò via tutti, eccetto uno che aveva tenuto gli occhi aperti, Noè. Tutti lo deridevano, questo povero uomo, ma lui aveva visto, gli altri tutti ciechi. Voglio dire che Gesù non fa speculazioni sull’aldilà, non fa speculazioni politiche. Il suo discorso è un discorso di verità che coinvolge tutti. Non è la teoria di un gruppo che si serve appunto di una certa concezione dell’aldilà per mantenere di qua un certo ordine sociale.
Ora, le speculazioni sull’al di là erano diffuse sia in Grecia che a Roma. E la dottrina sulle future ricompense e punizioni giocava un ruolo determinante nella religione politica.
Ho qui quattro righe di Polibio che voglio leggere: “In ogni stato le masse - oggi diremmo il popolo - sono instabili, piene di desideri sfrenati”. (Non è che la classe dirigente non avesse desideri sfrenati, solo che quella riusciva ad attuarli, mentre gli altri non riuscivano ad attuarli sempre per quel motivo, per cui se io sono ricco c’è qualcuno che deve essere povero, a condizione che qualcuno sia povero io posso fare il ricco). Vi leggo ancora una riga: “Piene di desideri sfrenati, tutto ciò che si può fare per tenerle sotto controllo è quello di usare i timori dell’invisibile oppure di altre finzioni della stessa sorte, cioè della stessa specie”.
Il discorso di Gesù non può essere utilizzato da nessuna classe dirigente, perché se all’interno della Chiesa si fosse costituita questa classe dirigente, che ha interesse a predicare i terrori dell’aldilà per mantenere certi privilegi di qua, allora non avrebbe capito assolutamente nulla del discorso di Gesù.
Adesso facciamo una puntata su s. Paolo. Comportiamoci, dice san Paolo, onestamente, come in pieno giorno. Come mai questa frase? É una allusione alla doppia vita di ogni uomo pagano. Di giorno onesti per serbare le apparenze, al calar del sole, bagordi, crapule, imprese dionisiache di ogni genere.
E poi l’ultima frase di s. Paolo, “…non seguite la carne nei suoi desideri…” Già i desideri devono essere formulati dallo spirito. San Paolo dice che il giorno è vicino e probabilmente crede nella parusìa, (presenza delle idee nella realtà sensibile, è un concetto platonico). Escludo che Paolo facesse dei calcoli su questa realtà creduta imminente. Se venisse Gesù Cristo in persona e ci dicesse: Signori, preparatevi perché fra un anno, o fra venti giorni, o fra ventiquattro ore, la storia si chiude, avremmo i confessionali assiepati? Che orrore! L’unico che continuerebbe a comportarsi come si è sempre comportato sarebbe s. Francesco di Assisi. Un annuncio del genere lo farebbe cantare di gioia e noi invece diventeremmo quali animali desiderosi di mettersi in salvo lassù. E quaggiù? Ecco il punto su cui dobbiamo discorrere.
La tristezza è che coloro che credono nell’aldilà ci credono come luogo discontinuo, discontinuo rispetto all’al di qua. Anche i pagani credevano nell’aldilà, ma unicamente come luogo di salvezza personale cui si accede mediante riti misterici, ma non come verità capace di cambiare i rapporti quaggiù.
Essere cristiani allora significa cambiare i rapporti quaggiù, proprio perché crediamo nel lassù. E allora il lassù non sarebbe una evasione al quaggiù, ma avrebbe un raccordo e avrebbe una sua continuità con il quaggiù. Ogni nostra scelta è una presa di posizione per quaggiù, viviamo una volta sola, la nostra scelta quaggiù deve essere una scelta irreversibile e definitiva. Ecco perché Gesù ci dice siate vigilanti. Turno di vigilanza ininterrotto per esorcizzare la vita istintuale, visto che la vita ha un fine, e non è un fine.
Adesso voglio portare il discorso nella più bruciante attualità culturale.
Ieri sera ho visto il film di Fellini Otto e mezzo, non l’avevo mai visto, anche se ha ormai un ventennio volevo vedere questo documento. Si tratta di un documento di un’epoca diciamo della costante della natura umana. Ecco il motivo per cui me ne occupo. E adesso vedrete come il discorso torna esattamente in relazione al passo evangelico. Si tratta di un esame di coscienza personale, che però è un esame di coscienza che riguarda l’uomo in quanto uomo. Abbiamo un uomo che non trova l’equilibrio tra sesso, religione, arte, in questo caso arte. Oppure, se volete, un uomo che è quello che è, vale a dire: oggetto di conflitti perché alla sua radice "infanzia", sesso e religione, diciamo natura e sopranatura, istinto e grazia, e anche la razionalità, non hanno trovato il punto di incontro salvifico.
Questo uomo ha dei dubbi sul significato della vita come tutti noi ne abbiamo, giacché la vita è un conflitto tra reale e ideale. Badate bene, anche in s. Francesco come nel più dissoluto degli uomini. S. Francesco è in conflitto tra il reale e l’ideale che, come tutti noi conosciamo, egli vuole raggiungere, e anche nel più dissoluto degli uomini il reale è insufficiente per appagare tutti i suoi desideri. Allora diciamolo con parole più precise, più scientifiche e più drammatiche, il conflitto è tra Dioniso e Apollo. Cosa vuol dire essere Dioniso, vuol dire essere se stessi passando attraverso la strumentalizzazione degli altri. Dioniso è colui che non ha bisogno di educazione, è colui che la crea, è colui che identifica se stesso con la verità e volta per volta sgambetta per la foresta, fa quello che vuole, non ha nessuno che gli possa dire guarda che questo è sbagliato, che questo è bene, no, il bene lo decide lui volta per volta. E questo bene può essere, una volta calpestare il suo simile, un’altra volta accarezzarlo, un’altra succhiargli il sangue e un’altra accarezzargli i capelli e così di seguito perché la verità è lui.
Ed ecco nel film la strumentalizzazione degli altri, e in primis della donna se il protagonista è l’uomo. Ci mettiamo su un piano di parità.
Apollo invece, nella visione pre-cristiana, ma anche post-cristiana, perché chi non ha come riferimento Cristo ha almeno come riferimento la razionalità, è il dominatore degli istinti mediante la razionalità. Allora in casa cristiana, giacché l’autore di questo film volere o no è cristiano, addirittura cattolico almeno di battesimo e di fede, ecco che il conflitto è fra Dioniso e Gesù Cristo cioè si svolge in area cristiana. Vale a dire, o tu superi l’istinto mediante la razionalità, o mediante la grazia, la grazia in ambito cristiano. Ma se io domino i miei istinti, il mondo andrà meglio? Ecco il dubbio. Se io dico a un giovane, guarda che la purezza è un valore e costui mi domandasse, ma la purezza quanto va a pesare sul quaggiù nella convivenza umana? Questo discorso non lo farò mai se non legato alla totalità di cui mi parla Gesù Cristo.
Tornado al film, il codice morale da chi lo riceve Dioniso? Lo riceve dalla Chiesa. E nel film trovate una lunga sequenza dove appunto c’è questa presenza della Chiesa come istituzione, e poi la frase famosa citata da Origene, non so se sia lui il primo a dirla, "Extra ecclesiam nulla salus". Questa Chiesa si presenta all’individuo mediante proibizioni esterne. Ecco allora il dubbio di Fellini come uomo. Io vorrei attuare il mio ideale dionisiaco; ma attorno ho una istituzione, i preti, i cardinali che girano come ombre a dire che io faccio male se mi comporto così, poniamo con la donna. Ma queste proibizioni rappresentano veramente un ideale?
Già vedete l’errore di avere frapposto la Chiesa come istituzione anziché accettarla come un semplice medium in quo; noi accediamo al Cristo, ecco allora il dubbio. Questa proibizione appartiene poi veramente a una proibizione che mi inibisce il raggiungimento di un ideale valido, o si tratta semplicemente di una proibizione esterna.
Esaminiamo i due punti più delicati, uno il problema del sesso, due il problema del rapporto uomo donna nell’ambito matrimoniale.
Il bambino, lui piccolo, ecco l’origine della sua insoddisfazione, va a confessarsi perché era stato alla spiaggia e a quella spiaggia, vi era una donna, questa donna si faceva pagare dai bambini, anzi i bambini la pagavano e questi bambini venivano gratificati da una specie di spogliarello.
Questa donna era di professione prostituta con gli adulti, ma con i bambini accontentava il loro momento dionisiaco, un momento dionisiaco che è privo di finalità, ma il fatto è che questi desideri hanno nel loro profondo un finalismo ed è questo che bisognerà scoprire. Il bambino viene poi acciuffato da due preti che lo portano in seminario e li c’è una specie di giudizio e la confessione. Ed ecco la domanda: non sapevi che questa donna è il demonio? Il bambino dice che non lo sapeva. Il male sarebbe tale perché lo dice qualcuno, non perché lui ne fosse persuaso.
E infatti vediamo nella sequenza successiva il bambino che torna a dare il danaro per avere quella gratificazione di cui vi ho parlato. Già, perché questa donna era gentile e sorridente. Mettiamoci dal punto di vista della donna, la donna fa questo a pagamento quindi a sua volta lei strumentalizza il momento dionisiaco che esiste in ogni bambino.
E allora voi mi chiederete, ma se fosse venuto questo bambino al tuo confessionale che cosa avresti detto? Io non avrei detto che quella donna è il demonio, ma avrei detto ti piacerebbe che tua madre facesse come quella donna. Ecco, questo è il dubbio salvifico che dentro alla struttura dionisiaca voi potete immettere a quella età, poi successivamente avrei fatto il discorso della definalizzazione propria e altrui. Questo è l’approccio: combattere l’istinto con la razionalità.
Il regista da adulto strumentalizza le donne fino a: “quelle più anziane devono andare a vivere al piano di sopra”, e vedete poi la nemesi spaventosa di uno che gioca con gli uomini e con le donne come se fossero degli oggetti che oggi piacciono e domani non piacciano più.
La prima diagnosi per quanto riguarda il bambino è il sesso, la seconda è il rapporto coniugale. Io credo che non vi sia nulla di così esasperato e di drammatico come la vita di due coniugi in cui una parte, in genere la donna, ha accalappiato l’altra parte e l’ha come costretta psicologicamente al matrimonio. Perché diciamolo sottovoce, l’uomo non è interessato al matrimonio, l’uomo è interessato alla donna. Mi sono spiegato?
Questa è la diagnosi della struttura dionisiaca, e appare molto bene anche nel film. Non essendoci una chiara confluenza di due amori che si scelgono liberamente e cordialmente, allora l’accalappiatore vive una vita nevrotica e si capisce, la fa vivere anche all’altro.
E qui la vita nevrotica della moglie, di questo regista, continui sospetti, personalità sempre per aria, sempre tesa, perché? Perché l’altra parte è come un cane che riga diritto solo se è al guinzaglio, del resto appena voi lo lasciate libero, si mette ad annusare tutti gli angoli delle strade.
A questo punto il discorso è chiaro, la strumentalizzazione diventa il dramma di quaggiù, e allora la salvezza per questi uomini che non hanno capito il messaggio evangelico di liberazione diventa una salvezza che si rifugia nel religioso. Quaggiù questi uomini continuano ad essere dei dionisi, poi avanzando in età hanno il dubbio che ci sia qualcosa anche di là e allora fanno qualche rito per potervi accedere, ma ahimé, la tristezza è che quaggiù le cose non cambiano mai.

27 novembre 1983



Lunedì, 03 dicembre 2007