La parola ci interpella
Le Omelie di Padre Aldo Bergamaschi

Luca 18,1-8


di

XXIX Domenica tra l’anno

Luca 18,1-8

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: “C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra se: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi”. E il Signore soggiunse: “Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.



Affrontiamo questo passo evangelico, che vi confesso non è poi cosi limpido come si potrebbe pensare. Mi sono venuti più dubbi che certezze, ma spero che alla fine dei dubbi emergano una o più certezze.
Comincio con un episodio che forse ho già raccontato da questo pulpito. Uno dei sette saggi della Grecia di nome Biante, colui che è autore della famosa massima: “omnia mea mecum porto” cioè “porto tutto con me”, un giorno viaggiava su una nave insieme con dei mercanti. Ad un certo momento c’è tempesta in vista, il cielo si oscura, i mercanti preoccupati alzano le mani e cominciano a pregare gli dei. Credo che pochi marinai si sottraggano al fascino della preghiera. Biante allora vedendoli in quell’atteggiamento gli chiede che cosa stanno facendo e loro rispondono che stanno pregando gli dei. Biante allora: “per favore, scappate giù nella stiva tutti perché se gli dei vedono che voi siete qui manderanno giù fulmini e la nave andrà a fondo sicuramente, nascondetevi, perché queste preghiere gridate a Dio sono la calamità di tutti i nostri mali, nascondetevi dunque”.
Il buono non prega mai con riti, perché prega sempre. Certo dobbiamo avere orrore di due tipi di uomini, di quelli che non pregano mai, perché un uomo di questa specie identifica se stesso con la verità, ma ho paura anche di quelli che pregano troppo, perché rischiano il fanatismo, cioè costoro pregano molto per evitare di convertirsi.
Gesù pare avesse una certa tenerezza nei confronti delle vedove, perché cita le vedove per diversi motivi. Dice Gesù che i farisei facevano delle lunghe preghiere e poi divoravano le case delle vedove.
Quindi ecco il rischio della giustificazione: quelli, hanno blindato l’io e lo identificano come verità, questi, manipolano la verità e rischiano di non raggiungere mai la conversione. Voi mi direte che in questo passo si incita alla preghiera, vediamo con calma come.
Ho l’impressione che il cappello al testo evangelico di oggi non siano parole di Gesù, ma della comunità, il redattore: “Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre…”, troppo storiografico.
Quindi, questo cattivo, buono apparente, in genere prega molto proprio per un senso di colpa o per non volere abbandonare la sua vita peccaminosa. Pregare sì, diventare creatura nuova no, questo mai. Altro pasticcio, coinvolgere Dio mediante la preghiera nella nostra attività, e in primis nella attività bellica, vedi la prima lettura. Io mi domando cosa ne pensate di questo episodio di Mosè che alza le mani, per cui la battaglia andava bene quando le mani erano alzate e andava male quando le mani cadevano. Qui si coinvolge Dio proprio nell’ attività bellica che è il simbolo di tutte le nostre disgrazie, la negazione dell’amore al prossimo nel suo momento più radicale e profondo. Quindi sarebbe l’attività bellica il luogo in cui Dio è annullato come padre e annullandolo come padre, lo si trasforma in un condottiero che parteggia per un settore dell’umanità, per alcuni uomini contro altri uomini. Voi capite si potrebbe dire, in polemica: e tutte le altre volte in cui le battaglie sono state perdute? Qui si dice che appunto Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo. E quando sono stati sconfitti e portati in esilio e così via Dio dov’era? Un Dio concepito in questo modo non c’è.
Anche il concetto di preghiera viene tutto eroso da questa concezione storicistica in cui, in questo caso la verità si identificherebbe col gruppo, e la preghiera anziché rinnovare gli uomini e renderli fratelli, diventa un elemento di divisione e di cattura di Dio stesso.
Voglio raccontarvi un episodio preso dalla storia classica romana. Conoscete Annibale la sua escursione qui in Italia, per un decennio. Dopo la vittoria ottenuta al Trasimeno, il lago che si trova in Umbria, dice addirittura che quello è il segno del destino, segno e destino per castigare il console Flaminio. Se andiamo a vedere la storiografia romana troviamo una cosa curiosa. Livio penalizza Flaminio, perché ha perduto al Trasimeno, vedete le due versioni, non è che Annibale fosse quell’ateo, anche lui aveva i suoi dei, anche lui pregava le sue divinità, ricordate l’occhio giurato contro i romani. Livio dice che Flaminio era un console piuttosto estroso, non aveva preso gli auspici, era partito da Roma con l’esercito senza però aver fatto le pratiche religiose, senza aver pregato in poche parole! Ecco il castigo.

E Annibale da parte sua dice: io sono il mandato da Dio per immolarlo agli inferi, ecco un uomo non rispettoso degli dei. Invece di portare l’attenzione sul fatto che degli uomini si stanno massacrando fra di loro - il che non può essere voluto da Dio - non so se voluto dagli dei di parte punica o di parte romana, ma certo il Dio cristiano non può essere assolutamente schierato in nessuno dei due campi.
Vogliamo portare il discorso appena accennato sul fondo della dialettica che ci riguarda. Vittorie, popoli, patrie, questi concetti chi li contesta? Nessuno! Io comincerò la marcia della pace quando cominceremo dal Sud Africa e verremo su fino allo stretto di Bering, e cominceremo a dire che è illegittimo il fatto che ci siano delle divisioni e poi pregare per la pace e poi correre a Comiso e non so dove altro, non per trasbordare là un discorso universale, ma semplicemente un discorso di parte. Quindi un Dio schierato non è cristiano.
Si potrebbe dire che il punto centrale non è la perseveranza nella preghiera, ma la certezza che Dio è diverso dal giudice e ci ascolta con prontezza, anzi ci sorregge interiormente, se noi lo invochiamo per una causa giusta. Badate, Dio non ci accontenta per liberarsi come quel giudice, ma perché ci ama. Il pericolo è pensarlo come un mago anziché come una forza vitale che ci trasforma nel fondo dell’essere.
Che cosa spinge la vedova a non dare tregua a quel giudice, pregare non è “defadigare deos” come dicevano i pagani “affaticare gli dei”, non è bla, bla, ma è lottare per la giustizia con la forza di Dio dentro di noi.
Noi creiamo un tipo di economia che produce la fame nel mondo e poi preghiamo Dio che ci liberi dalla fame del mondo. Noi mettiamo le premesse per ucciderci in guerra e poi invochiamo Dio perché ci dia la vittoria o la pace.
E ora vogliamo tentare una definizione di questa preghiera: pregare, insistere senza stancarci, ecco la forza del credente per attuare la fede.
La vedova non va tutti i giorni a pregare Dio perché intervenga dall’esterno come se Egli fosse una specie di Ercole con la clava in mano per risolvere il problema, ed è questo il modo in cui pensiamo Dio quando preghiamo. No, la vedova non va al tempio perché Dio intervenga, no, ella vive con Dio e con la giusta causa giorno per giorno, attimo per attimo, giorno e notte direi, e ha capito, mediante la fede in Dio appunto, che qualcosa non funziona quaggiù perché qualcuno, nel caso posto in autorità, bada solo a se stesso, ha perduto cioè il senso della sua funzione, non prega, e quindi ha sostituito se stesso alla verità, o ha identificato se stesso con la verità. Ecco il significato di questa parabola e non il dire che questa parabola è stata dettata da Gesù perché noi dobbiamo pregare sempre.
La vedova non va al tempio a pregare Dio, ma Dio lo ha dentro, Dio e la fede in Lui le dà la forza di affrontare la situazione storica perché - e questo è l’altro capitolo pesante - il bene nel mondo non nascerà se i buoni non si coalizzano fra di loro. Mi rendo conto che è un aspetto delicato questo perché si potrebbe finire in uno spirito di crociata, ma credo che sia invece la lezione di Gesù. Dio, giusto e buono, interverrà a favore dei suoi eletti, che non possono essere intesi come una classe. I cristiani - se posso fare un paragone - potrebbero essere per l’umanità ciò che sono i geni appunto all’interno di tutta la storia umana, i quali non rappresentano una classe, ma rappresentano il la, danno il la alla natura umana nei vari settori della loro ricerca. I cristiani dovrebbero darlo per ciò che attiene ai rapporti socio-economici.
Dio, dicevo, interverrà a favore dei suoi eletti quando si chiuderà l’epoca della misericordia, cioè a dire quando questa vita sarà finita, allora ci sarà la giustizia, perché ci sarà il regno di Dio. L’apocatastàsi di Origene, cioè il perdono universale no, ma coloro che non hanno sviluppato la metanoia andranno nel nulla.
La vittoria del bene è affidata ai buoni, è una pia illusione pensare che Dio interverrà dall’esterno, Dio ha già fatto quello che doveva fare. Ecco quindi il vero problema. Chi sono gli eletti, non certo i mestieranti della preghiera coloro che pregano molto, ma coloro che pregano sempre che hanno cioè una condotta lineare in ogni circostanza della vita.
Noi invece siamo dei furbacchioni, non vogliamo cambiare in nulla, ma poi in un certo periodo della giornata aggiungiamo le preghiere. Immaginate un lupo che continui a mangiare le pecore poi a un certo momento lo vedete che dice salmi a non finire, bla, bla, ma lupo resta. É ovvio che mediante questa preghiera vuole dare a se stesso una certa garanzia di legalità.
Dice Gesù: “Ma il figlio dell’Uomo quando verrà troverà la fede?” Temo che al suo ritorno troverà uomini religiosi che pregano per la pace, perché non ci sia la disoccupazione ecc., e temo che non ci siano più cristiani della tempra della vedova, la quale ogni giorno, in nome della propria fede, chiede giustizia a chi deve farla quaggiù e non la fa.

16 ottobre 1983



Lunedì, 22 ottobre 2007