La parola ci interpella
Le Omelie di Padre Aldo Bergamaschi

Luca 17,11-19


Un testo inedito del 2004


Luca 17,11-19

Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: “Gesù maestro, abbi pietà di noi!”. Appena li vide, Gesù disse: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?" E gli disse: “Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!”

L’aspetto strano di questa parabola dei lebbrosi è che, mentre la lebbra mette insieme uomini (dieci) con due concezioni diverse di Dio, la religione, intesa come istituzione, li divide irreparabilmente quando invece dovrebbe essere quella che li unisce. È mortificante che la lebbra li unisca in occasione del dolore, e li divida a causa della religione.
È ancora singolare il fatto che il contesto sociale delle due religioni resti invariato: Samaria, come Gerusalemme praticano l’isolamento, perché credono sia Dio a volerlo. La loro teologia è identica sotto questo profilo, perché - e questo accadrà anche nel Medio Evo - si diceva che la malattia come la lebbra, è un castigo che Dio dà a un individuo quando ha commesso un peccato conosciuto solo da lui. È un affare che si svolge tra Dio e l’individuo malato, per cui noi - siccome diventa pericoloso per la convivenza - lo chiudiamo in un luogo separato. Se poi si pente di quel peccato e Dio vorrà riconciliarsi con lui, gli darà la guarigione, la quale guarigione, doveva essere verificata dalla istituzione giudaica che diceva: andate dai sacerdoti. Anche Gesù li manda dai sacerdoti, ma per altri motivi che vedremo. Questo isolamento, come vi dicevo, era fatto sia in Samaria che a Gerusalemme, quindi i rapporti con questi “disgraziati” era il medesimo.
Altra cosa strana: Cristo era invocato come Maestro, ma poi alla fine nulla resta della sua lezione. È considerato Maestro nel rimettere in sesto nove casi del sistema, ma poiché nessuno è mutato dentro, continueranno a perpetuare un ambiente sociale chiuso. Quei nove guariti, reinseriti nella loro religione, quella guidata, dai sacerdoti di Gerusalemme, continueranno ad avere la concezione del mondo in cui Dio castiga con la lebbra quelli che commettono dei peccati che solo loro conoscono.
“Guariti dalla lebbra - dice Kierkegaard - prendono una malattia peggiore: l’ingratitudine, e non pensano di avere bisogno di Cristo. Il pericolo della malattia dell’anima, con tutti quei concetti in testa, consiste nel possedere un certo grado di sanità, la religione rituale, per cui non si riesce più a riconoscere che si è malati”. Ecco la gravità della malattia, l’ingratitudine.
Poi abbiamo l’episodio della mandata dai sacerdoti, “furono sanati mentre andavano”, non perché andavano e nemmeno dalla presenza dei sacerdoti. Dice ancora Kiekegaard: “Si dimentica che i lebbrosi tornando a ringraziare Cristo, si espongono allo scherno per causa Sua, e che i sacerdoti ai quali si rivolgono, secondo le parole di Cristo, fanno evidentemente di tutto per impedire loro, nel nome di Dio, di mostrarsi riconoscenti a un individuo, cioè Gesù Cristo, molto sospetto. Quel tipo è ambiguo, avranno detto i sacerdoti, voi ringraziate Dio qui nel Tempio, ma non tornate da Lui. Sarei quasi tentato di considerare le parole: “andate a mostrarvi ai sacerdoti”, come una prova a cui Cristo volle sottoporli, perché Egli sapeva che i sacerdoti avrebbero fatto di tutto per impedirgli che tornassero a ringraziarlo, quasi fosse un delitto contro Dio. In questo modo, i sacerdoti sarebbero la casta che è la causa dell’offuscamento delle coscienze.
Il Samaritano sembra più disponibile alla verità, perché la casta sacerdotale sua è costituita meno rigidamente, nel suo territorio. Quest’uomo dalle pratiche meno rigide, scorge in Cristo la causa della sua guarigione e torna indietro per dialogare con Uno che non è della sua religione. Forse - penso io - aveva saputo del dialogo di Gesù con la Samaritana: “né qui, né a Gerusalemme si adora Dio, Dio non si adora in un luogo, ma in ispirito” cioè dentro di noi. Grandissima rivoluzione dimenticata lungo i secoli.
Per attualizzare cito ora don Primo Mazzolari: “Quella giusta misura che va portata nelle cose di religione, la quale senza posporre o saltare l’elemento gerarchico ci porta a riconoscere e a cercare per primo la gloria di Dio. Ai sacerdoti, ci si può presentare anche dopo, dopo l’omaggio legale; può occupare quindi il secondo posto, adesso urge riconoscere la fonte di ogni eventuale legalità. C’è un pericolo costante nel cristianesimo: che un certo ossequio alla gerarchia oscuri la nostra capacità di diventare nuove creature”. Frasi che mi hanno fatto raggelare quando le ho lette tra le carte di don Primo Mazzolari. “Il cristiano - conclude Mazzolari - non può non accettare la Chiesa visibile, ma deve stare in guardia perché questa visibilità non abbia uno spessore troppo alto e offuschi il Messaggio con il pretesto di interpretarlo”.
S. Francesco è in linea con questo concetto mazzolariano di Chiesa. Francesco un giorno bacia un lebbroso, atto che riconferma una solidarietà teologica che la religione gli aveva tolto. Non dimentichiamo che nel Medio Evo i poveri erano assistiti con la carità e ripeto, i lebbrosi erano messi in luoghi chiusi dove non ci poteva essere contatto. Ecco allora, il gesto di Francesco è un gesto rivoluzionario che si riallaccia a quel passo evangelico che abbiamo letto.
Nel 1849 Pio IX scrisse una Enciclica contro il comunismo. Il manifesto di Marx era apparso nel 1848 dove attaccava tutta la civiltà cristiana nel rapporto capitale-lavoro. Sentite un passaggio dell’Enciclica: “Tra di noi, nel popolo cristiano, i poveri sono meglio trattati che altrove”; no signor Papa - avrebbe detto S. Francesco, - in una civiltà cristiana i poveri non ci debbono essere.
Anche gli amici musulmani sono in questa colpa e più di noi, escono dai loro territori per venire a cercare il benessere quando la loro religione dice di avere risolto tutti i problemi umani. Questa è una cosa che deve far vergognare la loro dirigenza, se è vero che sono fratelli, che hanno dei beni, il petrolio è da quelle parti, mantengono una disuguaglianza tale per cui costringono i loro poveri a venire a cercare sopravvivenza.
Il Papa - giustamente - ci dice che il comunismo fu un male necessario. Quando iniziò la rivoluzione d’Ottobre a Lenin fu chiesto, come mai questi metodi? Lenin rispose: “Si certo, se in Russia però ci fossero stati cinque S. Francesco avremmo evitato la rivoluzione, ma oramai è troppo tardi”.

10 ottobre 2004



Lunedì, 22 ottobre 2007