Le Omelie di Padre Aldo Bergamaschi
La vocazione di Matteo

Mt 9,9-13


di Aldo Bergamaschi

8 giugno 2008
Pronunciata il 11 giugno 1978

Matteo 9,9-13

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo e gli disse: "Seguimi " ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?". Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio, e non sacrificio, infatti non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori".



Ecco qui come s. Giovanni Crisostomo puntualizza questa situazione, e parte dal momento in cui Gesù si trova a pranzo con questi pubblicani, che esercitavano l’ufficio pubblico di riscuotere le gabelle. S. Giovanni Crisostomo partendo da questo fatto del pranzo afferma: "Sebbene ogni portata del pranzo fosse frutto di ingiustizia…." Non bisogna chiudere gli occhi su questo, perché indubbiamente tutti quelli che riscuotono le tasse hanno le mani in mezzo al danaro, qualche foglietto vola, qualche banconota scivola nelle tasche, quindi, vede anche Gesù che, tutte le portate grondano di ingiustizia.
Gesù tuttavia mangia, perché è come il medico che, se non riesce a sopportare il cattivo odore della cancrena dei suoi pazienti, non può nemmeno liberarli dalle loro infermità. Badate che questa immagine è una delle più qualificanti della struttura del cristiano nel mondo, Egli si trova come un medico di fronte a degli ammalati. Guai se il medico dovesse avere orrore di un ammalato, guai se il medico dovesse discriminare un uomo, anzi, qui comincia la sua funzione, egli dovrebbe sentirsi stimolato ad accostarsi ad una persona, quanto più questa persona è malata.
Gesù sopporta il cattivo odore della cancrena dei suoi pazienti perché esattamente li vuole recuperare, nell’ipotesi, che siano malati (ecco il punto che forse sfugge ai farisei) gli uni e gli altri. “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” mi pare di trovare una profonda ironia in questa frase, sottinteso, voi credete di essere giusti, ma anche voi siete un bel branco di peccatori, proprio perché voi distinguete peccatori gli altri e giusti voi, già in questo c’è del peccaminoso.
Gesù dice che sono malati, ma rispetto al concetto di salute che ha Lui, e quindi, malati nello stesso modo sono anche i farisei. Allora ecco qui il concetto della equidistanza, Gesù è la salvezza in assoluto e per tutti i peccatori. Questa è l’equidistanza, che dà un mortale fastidio, perché mette i due litiganti sul medesimo piano. Certo, e lo assumo anche per me, questo è il richiamo aperto sulla stessa Chiesa; perché se è vero che Gesù Cristo resta l’Assoluto, se è vero che Lui solo può creare il concetto della equidistanza, non v’è dubbio che questa equidistanza, vale per le gerarchie e per il più disgraziato dei delinquenti chiuso nelle carceri: dal punto di vista di Cristo vale per tutti.
Vi farò conoscere oggi uno dei testi qualificato come il capolavoro del realismo di tutti i tempi, di tutte le epoche, nell’ambito della letteratura mondiale. Questo documento è una lettera di Francesco di Assisi, il quale, in un certo punto cita esattamente il passo evangelico del medico.
C’è un superiore nel suo ordine, che è oramai prossimo al crollo psicologico, vuole dimettersi, scrive a s. Francesco e dice: io sono stanco, io voglio dimettermi da questa carica, voglio chiudermi in un romitorio, non ne voglio più sapere di vedere uomini e cose. Tutto questo a causa della incorreggibilità di un suo suddito. S. Francesco qui si rivela certamente grandissimo, ed ecco perché questa lettera, è qualificata come il capolavoro del realismo di tutti i tempi o per lo meno della civiltà occidentale. Francesco pieno di carità, corre in aiuto a questo disgraziato, le motivazioni ascetiche sono assolutamente inedite. Le sunteggio naturalmente: “Anche se i tuoi sudditi - sentite la fine ironia - ti picchiassero, amali, anche se i tuoi figli ti picchiassero, amali”, sottinteso li hai voluti tu e non pretendere da loro altro se non ciò che il Signore ti darà dopo che tu li hai amati, e in questo amali.
Il secondo principio che ha fatto barcollare perfino i commentatori: “Quale che sia il peccato commesso dai il perdono se egli lo richiede, e se non lo chiede dì a lui se vuole essere perdonato e cosi per mille volte. Se uno pecca tutti i frati non lo facciano arrossire né dicano male di lui ma ne abbiano grande misericordia e tengano assai segreto il peccato del loro fratello, poiché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati”.
Si immagini ora di applicare il principio tra sposi cristiani, dico tra due sposi che si sono scelti davanti all’altare. Che cosa vorrebbe dire se fossero costretti, dico costretti, ad applicare questo principio, se gli capitasse disgraziatamente di doverlo utilizzare, o per lo sposo, o per la sposa, vorrebbe dire che uno dei due cristiano non sarebbe più, e così tra genitori e figli ecc.
Finché almeno allora, uno dei due è cristiano, voi capite che la salvezza è possibile nel mondo perché abbiamo un medico che cura un ammalato. E in questo caso la citazione è facile, finché, santa Monica prega per suo figlio Agostino, abbiamo la possibilità della salvezza. Ci vorranno venti anni, d’accordo, però in quel caso la madre ha fatto con lui una comunità, quella del medico con l’ammalato, finalmente riesce a guarirlo e la gioia allora è sovranamente alta.
Oppure abbiamo il distacco totale e nel mondo non esiste più salvezza, io vado per i miei interessi, tu vai per i tuoi, e ognuno corre alla propria felicità concepita in modo diverso. Allora il principio di Gesù vale per chi deve essere convertito. É una grande disgrazia che lo si debba citare all’interno della ecclesia. Vorrei che questo pensiero fosse molto chiaro.
Se le cose non stanno come dovrebbero, cioè, se non c’è questo spirito missionario nel cristiano tutto il resto è un eroismo certamente di riporto, un eroismo cosiddetto negativo; significa che la Chiesa è una specie di dittatura entro la quale ci si sta obbligatoriamente.
Lasciatemi tradurre il passo evangelico un po’ a mio modo: Misericordia voglio e non sacrificio, testimonianza, e non atti di culto, e non impennate sociologiche! Testimonianza io voglio e non atti di culto, perché la testimonianza presenta un modello di salute per chi è profondamente malato. E non v’è dubbio che tutti malati siamo, per quanto riguarda i nostri rapporti sociali o socio economici.
Un atto di culto in più invece noi vogliamo, noi vogliamo una legge cristiana stabilita dai codici, ed ecco la causa dei nostri guai.



Domenica, 08 giugno 2008