Le Omelie di Padre Aldo Bergamaschi
I discepoli di Emmaus

Luca 24,13-35


di Padre Aldo Bergamaschi

03 Maggio 1981

6 aprile 2008


In quello stesso giorno il primo della settimana due dei discepoli erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano insieme Gesù si accosto e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?”. Si fermarono col volto triste. Uno di loro di nome Cleopa gli disse: “Come, tu sei cosi forestiero in Gerusalemme da non sapere cosa vi è accaduto in questi giorni?”. Domandò: “Che cosa?" Gli rispose: “Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno che fu profeta potente in opere e in parole davanti a Dio e tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi lo hanno crocefisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne delle nostre ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di avere avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, lui non lo hanno visto”. Ed egli disse loro: “Stolti e tardi cuore nel credere alla parola dei profeti. Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicino al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano, ma essi insistettero: “Resta con noi perchè si fa sera e il giorno già volge al declino”. Egli entro per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro prese il pane, disse la benedizione lo spezzo e 1o diede loro. Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero ma lui spari dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino quando ci spiegava le scritture?”.
E partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”.
Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come lo avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Luca 24,13-35

Avete udito questo passo che è indubbiamente uno dei più belli di tutto il testo evangelico. Bello come racconto e anche esteticamente è magnifico. La pagina è di altissimo livello artistico, ma ciò che interessa noi è vedere, ancora una volta, come questa apparizione di Gesù è la prova più bella e definitiva che Egli, dopo la risurrezione, non è un cadavere rianimato.
Soltanto due notazioni. “Gesù si accosta e cammina con loro”, “Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo”. Perché erano incapaci di riconoscerlo? Perché non era un cadavere rianimato, come è mia persuasione, oppure perchè stava calando la sera e i loro occhi erano un poco annebbiati, cioè non avevano la vista perfetta.
Il percorso fra Emmaus e Gerusalemme è all’incirca un dieci, dodici chilometri. Per fare dodici chilometri ci vogliono due ore. Nella migliore delle ipotesi, per dire tutto ciò che si racconta, ci vuole una mezzoretta circa. Se arrivano al paese all’imbrunire, si potrebbe anche dire che i loro occhi…
Viaggiano con una persona che tre giorni prima hanno conosciuto, come, non vedono le piaghe nelle mani? Possibile che abbiano camminato senza guardarsi fra loro? Come, dopo mezzora di cammino, non riescono neanche a riconoscere il tono della voce?
Allora non v’è dubbio che questa frase voglia dire: “Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo", perchè non era il Gesù cadavere rianimato.
Oppure qui, come credo si debba interpretare, "si aprirono loro gli occhi" è un linguaggio figurato, come dire, con gli occhi della mente, cioè mettendo in atto il pensiero, facendo cioè delle deduzioni o delle induzioni, capirono che era Lui di prima. Diversamente tutte le altre spiegazioni diventano insostenibili, o se volete, diventano illogiche.
Ora avrei dovuto affrontare il grosso tema che sta in questo passo, lo sfioriamo appena. Riuscite a individuarlo da soli quale è il vero cruccio, il problema grosso? Il testo dice: "Bisognava che il Cristo sopportasse quelle sofferenze". Obiezione: se ciò è accaduto per un progetto originario, coloro che lo hanno ucciso, sono dentro al progetto, quindi non sono colpevoli. Badate che questo cruccio ritorna nella prima lettura e allora sarebbe da vedere come già S. Pietro ha combinato le cose. Poi ritorna in S. Paolo, se voi guardate le due letture.
Capirete che qui vengono coinvolti dei grossi pensatori. Uno potrebbe essere Nietzsche e l’altro Hegel, il quale appunto, per liberarsi da questa concezione, ha dovuto inventarsi la famosa frase: "Tutto ciò che è reale è razionale, e tutto ciò che è razionale è reale", di cui almeno conoscete il suono. Questo discorso lo rimandiamo, ora dobbiamo terminarne un altro, lasciato in sospeso domenica passata, quello relativo al potere che Gesù dà alla Chiesa di rimettere i peccati, Giovanni 20,19-31.
Citiamo la frase che è diventata famosa: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”. Dunque "A chi rimetterete i peccati", peccati rispetto a una tabella di valori non istituita dalla Chiesa, perché per fortuna non aveva ancora fatto il primo Concilio dove ahimé sono cominciate le tabelle. Quindi, rispetto a una tabella di valori non istituita dalla Chiesa, ma dalla fede cui l’individuo aderisce liberamente, perché se l’individuo non aderisce liberamente alla fede, Chiesa non c’ è. Ci sarà un gruppo, ci sarà una Chiesa storica, ma non c’è la Chiesa fondata da Gesù.
Se questa consegna, che ritengo sublime, va riferita alla sola Chiesa, allora è un controllo totale sulla interiorità del fedele cristiano. Per fortuna tutti noi abbiamo nella testa delle idee strane, cioè concepiamo la Chiesa come il partito. Il comunista dice: Stalin non si tocca; il più clericale dice: il Papa non si tocca. É ovvio che invece, si tocca anche lui, si perchè anche il Papa deve confessarsi, anch’io che confesso, devo confessarmi. Questa è una delle grandezze, almeno nella formalità della Chiesa fondata da Gesù, che deve restare.
Ma noi purtroppo poi, andiamo ad applicare alla Chiesa la strana concezione di una società mondana o storica. Allora se va riferito alla sola Chiesa, è un controllo totale sull’interiorità del cristiano, dell’appartenente alla Chiesa, e suppone una santità assoluta da parte di chi la esercita.
Se voi leggete "La Repubblica" di Platone trovate che i giudici di questa repubblica non debbono prendere il modello della giustizia se non da se stessi. Vuol dire che debbono essere assolutamente intemerati, diversamente quella repubblica andrà subito a picco. Debbono prendere il modello soltanto da se stessi, o - dice Platone e cito così a memoria - al massimo da qualche uomo santo.
Si potrebbe dire allora che l’unico confessore accreditato in tutta la cristianità potrebbe essere S. Francesco, che tra l’altro non era neanche sacerdote. E se c’è uno che deve confessare, dovrebbe essere lui dico, secondo lo schema della repubblica platonica, il quale aveva capito che se non c’è questo controllo all’interno, quella società non può assolutamente reggere.
Lasciatemi fare un altro riferimento. L’istituzione moderna del quartiere, che cosa è se non un controllo sociale preventivo. Voi capite qual’è l’idea che ci sta sotto. Lo so, che disturba, è ovvio che siccome anche lì si scatenano le politiche, una parte criminalizza potrebbe diventare il luogo in cui nascono le guerre di quartiere e allora il significato di quartiere andrebbe perduto come istituzione. La società ha capito che, se noi suddividiamo in tante parti una città, si verrebbe a sapere se uno dorme, quando deve dormire, dov’è ecc. stringendo cosi il controllo. Ma la parola controllo è brutta perché, se uno è bravo e onesto cittadino dovrebbe dire: io non ho nessuna difficoltà.
La prima parte del passo dovrebbe riguardare i peccatori che si convertono ed entrano a far parte della Chiesa: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi”, credo che debba essere interpretata cosi se vogliamo salvare, non dico la logica in assoluto, ma almeno una certa logica.
La seconda parte, la quale dice: “A chi non li rimetterete resteranno non rimessi”, riguarderebbe invece il controllo dell’organismo di chi è dentro, del credente che commette certi peccati lesivi del codice stabilito dalla fede liberamente assunta. Allora occorre dargli l’alt, dal fedele semplice, fino al Papa, se vogliamo che la Chiesa sia la luce di cui parla Gesù. Occorre dargli l’alt e riproporgli la conversione. Allora voi capite, la grandezza di questo strumento che Gesù ha dato alla Sua Chiesa, mentre dentro alla Chiesa si continua a dire che non c’ è l’equità per colpa dell’ assetto gerarchico.
Vi faccio notare che nel passo della prima lettura della domenica scorsa, e poi ancora in quella di oggi, perchè sono sempre gli atti che parlano, si dice che la comunità di Gerusalemme andò a picco. Andò a picco perchè ci furono delle ingiustizie nella distribuzione dei beni essenziali alla vita, vale a dire i viveri. Questa fu indubbiamente una delle prime pagine tristi, con la presenza degli Apostoli e dei Diaconi non scelti secondo virtù. Si fa presto a dare un ordine, ma non si può trasmettere un carisma, non si può trasmettere la onestà con un ordine, o con una gerarchizzazione. Ed ecco quindi le ingiustizie nei confronti delle vedove e delle donne che non appartenevano al loro gruppo.
Qui allora, la colpa è della caduta della equità, è dell’ assetto gerarchico? Oppure la ecclesia va a picco quando c’è una coppia come Anamia e Safira i quali hanno fatto il doppio gioco proprio sui problemi fondamentali. Avevano detto di portare il danaro delle cose vendute ai piedi degli apostoli, ma poi si erano tenuti un poderetto. Intendiamoci, non avevano tutti i torti visto come era la situazione, visto come sono andate le cose.
In quel caso l’amicizia divora la verità e allora anche la Chiesa cade. Da quel momento nasce la religione.

3 maggio 1981



Lunedì, 07 aprile 2008