Le Omelie di Padre Aldo Bergamaschi
Il cieco nato

di Aldo Bergamaschi

29 marzo 1987

2 marzo 2008
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Và a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa “Inviato”)... Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: “Non è egli quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?.. Alcuni dicevano: “È lui..; altri dicevano: “No, ma gli assomiglia... Ed egli diceva: “Sono io!”.
Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: “Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo”. Allora alcuni dei farisei dicevano: “Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato”. Altri dicevano: “Come può un peccatore compiere tali prodigi?”. E c’era dissenso tra di loro. Allora dissero di nuovo al cieco: “Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?”. Egli rispose: “È un profeta!”. Gli replicarono: “Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?”. E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?”. Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Tu l’hai visto: colui che parla con te è proprio lui”. Ed egli disse: “Io credo, Signore!”. E gli si prostrò innanzi.


Siamo, credo, al passo più difficile di tutto il Vangelo. Facciamo bene attenzione a non restare coinvolti dal racconto; facciamo bene attenzione a non sottolineare il miracolo e metterlo tra virgolette, perché questi sono dei falsi problemi. Ci sono problemi più profondi, problemi gravi per il teista: sapere come si organizza e in quale modo esiste la presenza di Dio nel mondo, questo è il vero problema. Sapere che cosa Gesù ha detto di definitivo relativamente a questo problema.
Cominciamo con il prendere la frase centrale di tutto il Vangelo, ripeto: "Né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma è cosi perché siano manifestate in lui le opere di Dio". Oggi si discute il problema dell’handicap, certo sono brave persone quelle che si dedicano a questo genere di opere di carità, ma resta la domanda: da dove viene l’handicap?
Signori per un teista è un problema pesante se non ci liberiamo da una certa mentalità miracolistica entro cui viviamo, probabilmente da secoli. Vi confesso che non mi sono ancora del tutto conciliato con questa risposta di Gesù, ma credo di avere trovato la strada per una interpretazione corretta. Nel mio cervello mi sarebbe venuta la voglia di dire e di pensare che Gesù forse ha detto un’altra frase, e che già qui l’evangelista ha accomodato un momentino e ha capito fino a metà il discorso di Gesù, ma non oso arrivare fino a questo livello. Lasciamo la frase cosi come partendo dal presupposto che sia di Gesù.
Allora: Gesù rifiuta la tesi dei discepoli e di tutta la teologia dell’epoca sostenuta dai farisei, la quale tesi faceva derivare la cecità - e la cecità è soltanto uno degli handicap - da qualche colpa commessa dai genitori.
Sì d’accordo dobbiamo, occuparci di questi handicappati, anzi appartiene anche questo alla carità cristiana, ma la vera carità, è di interrogarci sul perché e da dove viene l’handicap. Ecco qui allora Gesù."Di chi la colpa?” Perché poi abbiamo la tendenza ad andare a trovare dei colpevoli. Gesù dice: "La colpa non è né sua né dei suoi genitori e neanche naturalmente di Dio". Ecco la sorpresa, ma che la mentalità dell’epoca fosse quella non c’è bisogno di andare tanto lontano.
Dicono i farisei, sul finale del passo che abbiamo letto: "Sei nato nei peccati e vuoi venire a insegnare a noi?". Che cos’è questa frase? Una teologia ben chiara "Tu sei nato cieco perché i tuoi genitori devono aver commesso chissà quale peccato". Attenzione, non confondiamo l’AIDS con questi handicap, perché per quella malattia bisognerà fare un discorso a parte, giacché Gesù, è venuto esattamente a dirci quale dovrà essere il nostro comportamento nella realtà, che non è felicemente concordata con noi, dunque dobbiamo rivedere la nostra visione del mondo, con la Sua visione del mondo. In ciò consiste la rivelazione cristiana e dobbiamo rivedere anche tutta la nostra morale e i nostri comportamenti, perché in un’altro caso Gesù ad un paralitico dirà: “Vai pure in pace per questa volta”, col massaggio, ti ho tolto questo male, però fai attenzione di non commettere più peccati, cioè a dire: attenzione sei paralitico perché - facciamo l’ipotesi - bevi troppo, o perché hai abusato del tuo fisico ecc…,e i due si capirono molto bene. Questo discorso bisogna pur farlo naturalmente, perché allora, nei disastri dell’handicap, c’è una responsabilità che ci riguarda in quanto siamo deviati dal punto di vista morale.
Ma torniamo al testo, dunque, se la cecità fosse un castigo bisognerebbe trovare un colpevole. Ora qui Gesù, esclude una colpevolezza, non rimanda a Dio, perché questo è l’altro pericolo del teista: quello cioè di introdurre Dio per eccesso nel mondo e anche applicarlo ai fatti naturali, un’alluvione, un fiume che straripa, un ciclone che spazza vie case, uccide uomini, un terremoto, e così via, allora il teista si dice: ah si vede che Dio era stanco e ha mandato finalmente il suo castigo. Ora, l’interpretazione teista di tutte le disgrazie va a finire esattamente dentro a questo imbuto. Non è pensabile che Dio, come appare dalla lettura di questo racconto, abbia fatto nascere cieco quell’individuo per manifestare in lui - diciamo a titolo di cavia - la sua opera miracolosa.
Un altro limite nella scrittura, il caso di Tobia, il quale, persona santa, si preoccupava di andare a seppellire i morti, naturalmente del suo gruppo, uccisi di notte. Un giorno poverino, aveva voglia di riposarsi, si sdraiò sotto un muricciolo, dove sopra c’erano delle rondini con il loro nido, lo sterco di una di queste rondini va proprio a finire negli occhi di Tobia, il quale ahimé diventa cieco. Allora la spiegazione: ma è un sant’uomo e allora come mai Dio l’ha punito? Bisogna trovare un altro canone interpretativo. Se andate a leggere il Libro di Tobia troverete questa spiegazione: Dio ha permesso che quella rondine lasciasse cadere il suo sterco nell’occhio di Tobia per dimostrare a tutti gli uomini in che cosa consiste la pazienza e la capacità di sopportare i mali, ma è ovvio che 1a spiegazione tiene fino a un certo punto, perché? Perché Dio sarebbe coinvolto direttamente; sì è stato Dio perché aveva un disegno da ottenere. Più semplicemente la soluzione è questa: il caso di Tobia ci dice che quando noi vogliamo fare un riposino, non dobbiamo andare a dormire sdraiati all’aria aperta con gli occhi aperti, perché può esattamente accadere che passi un colombo e ci succeda quello che è successo a Tobia.
Vedete il provvidenzialista, cioè colui che introduce Dio per eccesso nel mondo, viene a dirvi che tutto questo è stato fatto perché gli uomini imparassero ad essere pazienti come Tobia, che in realtà lo fu, perché mentre gli altri dicevano: "Ecco tu che credi in Dio, tu che fai del bene hai poi ricevuto questo" egli rispondeva: "Non capite nulla, Dio mi vuole bene lo stesso". Queste sarebbero dunque le soluzioni.
Bisognerà invece impostare diversamente il problema, vi chiamo a un piccolo impegno mentale poiché le cose stanno così a motivo di un perché causale, che qui sarebbe una perturbazione di finalismi, cui bisogna fare la guardia. Anche noi siamo dentro al sistema e in quanto esseri pensanti abbiamo la corresponsabilità dì tutto l’universo e di noi stessi.
Ora cercherò con un piccolo esempio di chiarirvi bene questo concetto, acquisito il quale, forse sarà possibile conciliarci anche con l’handicap, lo dico dal punto di vista teologico. Credo che Dio abbia consegnato la realtà tutta, se stesso compreso all’uomo, così come - vediamo il dualismo di spiegarlo bene - la scienza e la tecnica consegna i suoi prodotti all’uomo, che scienziato non è, e si potrebbe dire che appartiene alla zona della ignoranza. Consegna i suoi prodotti: una macchina, un aereo, teniamo fermi questi due esempi.
Domanda: questa macchina, questo aereo sono perfetti o imperfetti? Non dimenticate il raffronto, Dio che ci concede la realtà nella visione ateistica, sono perfetti e imperfetti. Suppongono, per essere perfetti, che cosa? La presenza dell’utente. Io questa macchina la consegno a un essere intelligente, costui non riceve un dono perfetto in sé, ma un dono perfetto relativamente alla sua presenza, alla presenza del suo logos, per cui, quella macchina sarà perfetta fino a tanto che io non la userò come un oggetto ricevuto che ha in sé stesso tutta la perfezione, ma aprirò l’occhio e farò la guardia a ciò che mi è stato consegnato. Appena io mi decampo da questo principio mi trovo di fronte un oggetto che immediatamente può rovinarsi, può crearmi dei fastidi, può addirittura distruggere anche la mia esistenza.
Ecco la controprova. Mi raccontava un padre missionario che nella loro missione avevano introdotto degli apparecchi per produrre l’elettricità senza avere le centrali, dei generatori autogeni di elettricità. Il padre missionario va poi in un’altra stazione e chiama tre o quattro responsabili e dice loro: guardate che qui voi potete avere la luce per sempre, però, perché questa macchina funzioni voi dovete mettere ogni mese, un litro d’olio in questo punto, poi lì c’è una ventola dove ci saranno delle scorie che con uno straccetto pulirete, poi in un altro punto qualche altra operazione, dunque ogni mese, perderete 5 minuti e voi avrete la luce sempre. Poi si capisce ogni tanti anni chiameremo un tecnico per vedere il funzionamento generale e cosi via. Breve: questo missionario ritorna dopo un mese o due, tutto fermo. La macchina va finché va, ecco la dichiarazione, vuol dire che è stata fatta in un modo imperfetto, oppure ci si domanda: se era perfetta perché appunto non ha continuato a funzionare? No! nella mentalità di quei buoni neri quella macchina è perfetta cosi com’è. Ecco il teista, il quale dice: ma Dio non ha creato l’uomo? Ma come mai nascono dei bambini storpi?" Vedete, la tentazione del teista che introduce Dio per eccesso e allora la nostra corresponsabilità è grave ed è pesante.
Adesso capite allora perché Gesù è venuto, adesso capite perché io escludo che si tratti di un miracolo banalmente inteso. Il vero miracolo è quello di chiamare a raccolta l’uomo per dire che dobbiamo andare a cercare la causa, dobbiamo andare a mettere in ordine questa macchina che Dio non ha creato perfetta, e che se qualche cosa accade è per una colpa o per un peccato. Sì certo, il peccato ci sarà, ma per altri settori, non qui, qui il peccato consiste nel non volere aprire gli occhi.
Ecco quale è la mentalità che Gesù si è trovato di fronte, quando appunto si è occupato di questo cieco nato.
Il rapporto dunque va fatto tra Dio che ha consegnato la realtà all’uomo e noi che consegniamo la società evoluta all’umanità.

29 marzo 1987


dei prodotti che perfetti non sono non sono perfetti perché hanno bisogno di una integrazione di logos, di pensiero, per poter raggiungere appunto la loro perfezione. Guardiamo l’orologio.Sono desolato anche perché cosa volevo farvi- scusate se approfitto avevo qui l’intenzione di farvi vedere come da parte di un pensatore degli ultimi periodi - sto parlando di Don Primo Mazzolari, del quale ho scritto un saggio in questi giorni e se qualcuno lo vuole acquistare ad un prezzo addirittura stracciato non lo dico qui per non contaminare il microfono con dei soldi in chiesa naturalmente! Voi passate al termine della funzione lì nella biblioteca dei Cappuccini e troverete qualcuno che vi darà un saggio su Primo Mazzolari - il quale era pure un teista, un teista però ripeto che era allineato con il teismo consueto dove cioè si pensa di dover produrre Dio per eccesso nella realtà. Attenzione il teista commette questo errore, di introdurre Dio per eccesso nella realtà e l’ateo purtroppo commette l’altro errore di escludere Dio per difetto, ecco, dalla realtà. E all’epoca aveva scritto un fascicoletto che aveva come titolo "Ripresa" e si trattava di dare una risposta al problema dell’alluvione del 1951 Coloro che sono sulla sessantina o anche poco meno, sulla cinquantina si ricorderanno appunto di quella disastrosa alluvione, alla quale io naturalmente partecipai così via... Bene! Quando io lessi quel fascicoletto, che fu distribuito nella Pasqua del 1952, rimasi - intendiamoci, non avvertii lì per lì la novità di questa impostazione e la novità è piccola intendiamoci, è piccola, ma questo per dirvi .. come quel pensatore, cioè come don Pr1mo Mazzolari fosse sì allineato con il teismo consueto, ma come anche dentro di sé vivesse tutto questo con estrema sofferenza. Ora, mentre tutti gli altri continuavano a dire: "Eh vedete per i nostri peccati ecc...ecc...", lui ebbe il coraggio di dire che probabilmente qui non si Trattava di un castigo non so se abbiate letto la peste di Camus Se avete letto la peste di Camus vedrete che nelle prime pagine bellissime dove si descrive appunto questo male che serpeggia per la città di Orano e si diffonde per il tramite dei topi : topi qui, topi là; insomma" questa peste nera non accenna a finire ..sul pulpito poi della cattedrale c’era un gesuita un certo padre Panelux, il quale comincia dire - così tutti aspettavano la domenica la predica di questo padre - e alzando il dito disse: "Fratelli castigo!" e lì Camus il romanziere sotto un certo profilo si diverte poi a prendere in giro questa concezione del mondo, mentre invece gli altri dicevano una parola più corretta "Ignoranza, ignoranza ignoranza", ma lui continuava a gridare "Castigo.".Beh, tanto per venire a noi nella
visione invece di Mazzolari Dio userebbe una sua bontà per farci rinsavire più che per castigarci. E l’esempio portato sarebbe questo: lì nel delta ci sono dei ricchi e dei poveri; i ricchi dicono: "Le terre sono nostre", i poveri che le lavorano dicono: "No, sono nostre". Mazzolari allora dice:
"Vedete! Dio mandando l’alluvione - ecco il teista per eccesso - vi ricorda che la terra non è di nessuno, ma che invece dobbiamo spartirla tutti in buona fratellanza". Più o meno il discorso è questo.Quindi ~ cito le sue parole - ecco le ho trovate adesso- dice: "l’uomo non ha niente di suo se non lo spartisce". Questa sarebbe la lezione che appunto le due parti in lotta dovrebbero ricavare da questo evento. E in questo pure egli si distingue da tutti i teologi dell’epoca, i quali invece erano provvidenzialisti - diciamo così - per eccesso. Ah! Sono desolato, comunque l’esempio che vi ho portato vi dà già delle indicazioni. Da qui - termino - lo spazio per un perché finale che manifesti l’opera di Dio. Ecco il significato della frase di Gesù: "Perché siano manifestate in lui le opere di Dio". La quale opera non consiste nel far nascere uno cieco allo scopo di dargli la vista, ma nel guarire una cecità dovuta a una natura carente e quindi evolutivamente perfettibile mediante la presenza congiunta del logos umano e del Logos divino. In parole più semplici i cristiani debbono smettere di credere nel miracolo inteso come l’introduzione di Dio dentro al sistema con un colpo di bacchetta magica. Gesù è venuto a dire che noi dobbiamo aprire gli occhi a tal punto da diventare i costruttori e i facitori di miracolo. Lo so questa è una lezione dura per la pigrizia umana. Perché? Perché, eh già, perché l’uomo anziché essere cristiano preferisce essere pio.
Essere pio vuol dire congiungere le mani, essere cristiano invece vuol dire chinare la gobba.



Domenica, 02 marzo 2008