Manoscritti greci del Nuovo Testamento

di Mario Cignoni

Il Nuovo Testamento, come lo conosciamo oggi, è composto da 27 scritti. Comprende quattro rac­conti su Gesù (i Vangeli): vita, insegnamento, morte e risurrezione; una storia della diffusione del vangelo fino all’anno 62 circa (gli Atti); ventuno lettere e uno scritto apocalittico. Tutti questi testi furono scritti in lingua greca, circa tra il 50 e il 100 d.C., nella parte orientale dell’impero romano, dai responsabili delle chiese nascenti.
I primi scritti del Nuovo Testamento furono probabilmente le lettere di Paolo. Sappiamo molto di Paolo, perché scrisse lettere a chiese e a singoli individui fino alla sua morte, avvenuta a Roma nel 64 d.C. Molte delle persone delle chiese alle quali Paolo scriveva erano in grado di leggere. Le lettere di Paolo e di altri personaggi eminenti non furono considerate, all’inizio, come testi sacri, benché venissero tenute in grande considerazione, fatte circolare, e copiate liberamente. Alcune copie venivano mandate alle chiese vicine.
I quattro vangeli furono scritti separatamente, ma alcuni di loro utilizzano le stesse fonti o addirit­tura usano come fonte uno degli altri vangeli. I vangeli di Matteo, Marco e Luca hanno molto in comune nella struttura, nelle parole e nella teologia. E’ così possibile studiarli uno accanto all’altro. Per questa ragione questi tre scritti sono definiti ‘vangeli sinottici’, scritti che si possono guardare insieme. Il vangelo di Giovanni, invece, presenta una versione autonoma.
I cristiani della chiesa dei primi secoli produssero un gran numero di scritti. La maggioranza non venne mai inclusa nel canone del Nuovo Testamento e, d’altra parte, non tutti il 27 scritti del Nuo­vo Testamento che usiamo oggi furono accettati dalle prime generazioni delle nascenti chiese cri­stiane. I libri furono riconosciuti e definiti canonici progressivamente da vari concili della chiesa.
I documenti del Nuovo Testamento, all’inizio, non furono ricopiati da professionisti e ci fu un gran numero di copie. La rapida diffusione del cristianesimo aumentò la necessità di avere manoscritti, perché ogni chiesa locale voleva avere le sue copie. Inoltre, la persecuzione dei romani contro i cristiani spesso ebbe come conseguenza, dappertutto, la distruzione dei libri; di conseguenza creb­be la necessità di avere nuove copie. Tutto ciò portò a una grande varietà di testi del Nuovo Testa­mento. I manoscritti greci di parti del Nuovo Testamento antecedenti all’invenzione della stampa sono circa 5000, ma non hanno tutti la stessa importanza. Le raccolte più ricche si trovano in Gre­cia, nei monasteri del Monte Athos, di Atene, di Pàtmos, poi a Parigi, Roma, Londra, San Pietro­burgo, Santa Caterina sul Sinai, Oxford, Gerusalemme, Mosca, Firenze, Grottaferrata, Cambridge e altri luoghi.
Papiri e pergamene
I manoscritti si dividono, a seconda del materiale su cui furono scritti, in papiri e pergame­ne. La differenza è dovuta anche al fatto che in un primo tempo la chiesa era clandestina e utilizza­va piccoli quaderni che potevano facilmente passare di mano in mano; poi dal IV secolo il cristia­nesimo diventa la religione dell’impero romano e si possono progettare e compilare grossi libri di pergamena, detti codici, da utilizzare per il culto pubblico.
I papiri catalogati sono oltre cento, si va da piccoli frammenti, a quadernetti più o meno mutili. Nel 1912 se ne conoscevano 14, 76 nel 1963, 96 nel 1989, 124 nel 2008. I papiri risalgono ai secoli III-IV con qualche eccezione: quattro papiri risalgono al II secolo.
Le due collezioni più importanti di papiri si sono formate nel secolo XX a opera di Chester Beatty a Londra (1930-31) e di Martin Bodmer a Ginevra (1955-56).
I papiri si identificano con la lettera P/papiro + il numero con cui sono catalogati; tra i più impor­tanti ricordiamo:
P52, il più antico papiro conosciuto, datato intorno al 125, contiene un frammento di Giovanni (18:31-33, 37-38). P45, ampi frammenti dei Vangeli e degli Atti, datato al III secolo.
P46, contiene 86 fogli che riguardano le epistole Paoline, è datato al 200 circa.
P66, contiene 104 pagine che contengono parte del vangelo di Giovanni, è datato al 200 circa.
P72 contiene le epistole cattoliche, risale al III-IV secolo.
P75, contiene frammenti di Luca e Giovanni, risale al III secolo.
I codici di pergamena si dividono, a seconda del tipo di scrittura, in maiuscoli e minuscoli.
I manoscritti maiuscoli (su 274 catalogati, solo 95 hanno più di due fogli) risalgono ai secoli IV-IX,
furono scritti con lettere maiuscole che, frequentemente, non hanno spazi tra le parole. Gli studiosi
devono quindi definire come dividere le parole, introducendo gli spazi, cambiando le maiuscole in
minuscole, inserendo accenti e punteggiatura, per preparare il testo greco del Nuovo Testamento che
utilizziamo.
Alcuni codici greci in pergamena del Nuovo Testamento meritano una menzione speciale.
II codice Sinaitico risale al IV secolo. Nella sua forma originale conteneva tutta la Bibbia greca:
Nuovo e Antico Testamento, più altri due scritti cristiani.
La produzione di un codice di questo calibro presupponeva un grande progetto. Furono ne­cessarie le pelli di 365 animali di grossa taglia per preparare 730 fogli di pergamena, ora ne rimango­no 347, ogni pagina ha 4 colonne e 48 righe. I testi vennero copiati da varie fonti da quattro scribi professionisti, che confrontarono gli originali dai quali copiavano, e poi corressero il lavoro l’uno dell’altro; è stato corretto a mano nel VI-VII secolo. Ad Alessandria e a Cesarea vi erano centri cri­stiani per la copiatura dei manoscritti, ma non sappiamo dove fu prodotto il Sinaitico. Il codice fu scoperto, dallo studioso tedesco von Tischendorf, nel 1859 nella biblioteca del monastero di Santa Caterina sul Sinai, dopo che nel 1844 ne aveva trovati 43 fogli nel cestino dei rifiuti; nuove pagine sono state ritrovate nel 1975. Trasportato alla Biblioteca nazionale russa a San Pietroburgo, dal 1933 è conservato alla British Library di Londra.
Il codice Vaticano risale al IV secolo. In origine conteneva l’intera Bibbia, ma qualche pagina di ciascun Testamento è andata perduta: presenta ora due grandi lacune nell’AT e manca il blocco fina­le del NT. I fogli rimasti sono 759 di questi 142 sono del NT; ogni pagina ha tre colonne di 42 righe. Se ne hanno notizie certe dal secolo XV quando apparteneva già alla Biblioteca Apostolica Vaticana, dove tuttora si trova.
Il codice Alessandrino risale al V secolo. Include la Bibbia intera, manca solo qualche pagina. Con­tiene l’AT con lacune e quasi tutto il NT. Portato nel secolo XVII da Alessandria d’Egitto a Costan­tinopoli, raggiunse poi l’Inghilterra e si trova alla British Library di Londra. L’Alessandrino riporta un testo ‘ecclesiastico’ largamente utilizzato nell’impero bizantino, che è stato il testo base del primo Nuovo Testamento greco a stampa.
Il codice Efrem, risale al V secolo, cancellato nel sec. XII e poi riscritto con testi del teologo siriano Efrem. Il testo è tornato leggibile con particolari procedimenti. E’ scritto in una colonna, se ne con­servano 209 fogli di cui solo 64 per l’AT; il NT è mutilo. Portato a Firenze da Costantinopoli dopo il 1453 e poi in Francia nel secolo XVI, è conservato dalla Bibliothèque Nationale de France a Parigi.
Il codice Beza risale al V secolo, è bilingue a fronte greco - latino, 406 fogli a pagina piena su 33 righe. Appartenne al calvinista Teodoro di Beza, dopo essere stato sottratto a un monastero di Lione dagli ugonotti. E’ conservato alla University Library di Cambridge,
I codici in pergamena scritti con lettere minuscole hanno meno importanza, iniziano nel secolo IX.
I testi manoscritti presentano notevoli varianti. Nessuna singola tradizione manoscritta è usata oggi come testo base. Quindi gli studiosi del Nuovo Testamento devono confrontare fra di loro i molti manoscritti esistenti di ciascuno dei ventisette libri e poi decidere, per ogni versetto o frase, quale testo ha maggiori probabilità di riflettere l’originale. Il risultato di questa ricostruzione è chiamato ‘testo critico’.
 
La stampa
Il Nuovo Testamento greco fu curato e pubblicato per la prima volta dallo studioso ‘umanista’ olandese Erasmo da Rotterdam (1466-1536), presso lo stampatore Johann Froben, a Basi­lea nel 1516: Novum Instrumentum omne, diligenter ab Erasmo Roterodamo recognitum et emenda-tum…, con traduzione latina e annotazioni. Le sue fonti erano sette manoscritti minuscoli, di cui cin­que databili al secolo XII e due al XV, che riprendevano il testo ecclesiastico bizantino, che divenne così il testo standard o ‘textus receptus’.
Il testo critico del Nuovo Testamento greco oggi in uso prende nome dagli studiosi Nestle e Aland. Pubblicato la prima volta nel 1898, è stato rivisto più volte, sulla base di nuovi manoscritti scoperti e studiati, ed è giunto alla 27a edizione nel 1996, revisionata nel 2001, tuttora in uso: Novum Testamentum Graece ‘Nestle-Aland’. E’ in preparazione la 28a edizione. Lo stesso testo è anche stampato, come Greek New Testament (IV ed.), dall’Alleanza Biblica Universale. I due testi sono disponibili presso la Società Biblica Britannica & Forestiera.
Mario Cignoni
Tratto da "La Parola" ANNO XXIV / N.2/ MAGGIO—AGOSTO 2010 bollettino della
ALLEANZA BIBLICA UNIVERSALE
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Mercoledì 13 Ottobre,2010 Ore: 16:50