Resoconto assemblea nazionale Patto contro la guerra

di Nella Ginatempo

ROMA 27 GENNAIO

Erano presenti: Cobas, Sinistra Critica, Rete dei Comunisti, Rete Disarmiamoli, Rete Semprecontrolaguerra, Asssociazione Umanista Mondo senza guerre, Comitato contro Camp Darby, Partito Comunista dei lavoratori, Rdb-Cub di Vicenza, Action, Rete contro il G8 Genova..

La partecipazione è stata limitata dal blocco di tutti gli autoveicoli a Roma e dall’impegno sui territori nella giornata precedente del 26.

La giornata del 26 è stata valutata positivamente come primo esempio riuscito di manifestazione dislocata sui territori, nonostante fosse stata decisa a tavolino in un momento di generale scetticismo e stanchezza sul tema della guerra. Segno di una potenziale disponibilità a nuove lotte e mobilitazioni anche nazionali.

La discussione si è svolta attraverso una analisi della situazione politica attuale, riconsiderando il contesto della caduta del governo, il ruolo delle forze politiche e di quelle associative, il percorso del Patto permanente contro la guerra e le prossime iniziative immediate e in prospettiva.

Sono state avanzate alcune proposte di iniziativa ed è stata lanciata la manifestazione nazionale per il ritiro delle truppe e contro il rifinanziamento di tutte le missioni di guerra per il 1° marzo a Roma.

Numerosi interventi hanno ribadito la nostra linea di coerenza e resistenza rispetto a tutti i governi ed a tutte le guerre. Riaffermare il NO ALLA GUERRA SENZA SE E SENZA MA NELLA FASE ATTUALE, significa continuare a mettere in discussione ed ostacolare tutto il sistema di guerra che coinvolge il nostro paese e di cui si sono resi complici anche le direzioni e i gruppi parlamentari della ex-sinistra di governo. Indicativo è l’ultimo regalo velenoso del governo di guerra Prodi- il decreto legge che rifinanzia tutte le missioni militari dall’Afghanistan al Libano al Kosovo e alla nuova entrata missione in Libia, nella quale peraltro si istituisce una sorta di gendarmeria contro gli immigrati.

E’ stato ribadito pertanto un giudizio fortemente negativo del governo Prodi-D’Alema in politica estera a tutto campo: dalle missioni di guerra, travestite da missioni di pace, all’incremento del 24% delle spese militari per il riarmo italiano, alle scelte di servilismo agli USA con la nuova base Dal Molin, gli accordi militari e di acquisto di armamenti (cacciabombardieri F35- ampliamento delle basi Sigonella e Camp Darby), l’accordo militare Italia/Israele per la ricerca bellica e la cooperazione militare nel Mediterraneo, la scelta del ruolo di protagonista internazionale dell’Italia nell’ambito NATO /Europa col riarmo anche europeo ( vedi Eurofighter) e la missione militare europea in Kosovo, e la sudditanza filoatlantica con la riorganizzazione della NATO ( preparazione della guerra all’IRAN e la guerra nucleare preventiva che sarà discussa al prossimo vertice NATO di Bucarest in aprile).

La politica estera del modello dalemiano si fonda sulla guerra multilaterale gestita della NATO, dall’ONU e della Europa armata, ma si fonda anche sul riarmo interno e autonomo italiano con un nuovo ruolo trainante dell’industria bellica ( vedi il ruolo protagonista di Finmeccanica), sul rilancio delle cosiddette MISSIONI DI PACE, travestimenti di guerre di aggressione e occupazione militare di territori da controllare ed espropriare di risorse.

Questo modello di politica estera, non solo è stato subìto e accettato dalla leadership dei partiti della ex-sinistra radicale che hanno votato più volte le missioni e le finanziarie di guerra o partecipato alle sfilate militari, ma è stato addirittura sponsorizzato dalle associazioni aderenti alla Tavola della Pace, comprese Arci, Cgil, Legambiente e altre - che in passato avevano partecipato al movimento- con la marcia di Perugia del 2006 che si apriva con lo striscione FORZA ONU, in appoggio alle missioni militari autorizzate dal timbro del Consiglio di sicurezza( Libano e seguenti).

L’assemblea ha dunque espresso , con sfumature differenziate e non in tutti gli interventi, forti critiche sia alla sinistra ex-radicale che ha votato la guerra, sia alle associazioni collaterali che hanno coperto e giustificato i partiti di governo.

Da questa contraddizione è nata una nuova fase del movimento contro la guerra che ha prodotto iniziative talvolta minoritarie che hanno portato però alla grande mobilitazione del 9 giugno ed alla costituzione del Patto permanente contro la guerra. Questa minoranza attiva ha saputo mantenere una linea di resistenza che ha messo in campo la Carovana controlaguerra, il 9 giugno, Vicenza, la giornata del 26 gennaio ed ora le prossime nuove iniziative di massa.

Il Patto permanente è e si definisce CONTROLAGUERRA perché non basta dichiararsi per la pace quando le nostre missioni di pace bombardano e rastrellano, mentre la nostra economia e il nostro ambiente sono militarizzati. Dichiararsi controlaguerra è un impegno per la riapertura del conflitto senza compromessi perché la pace non può essere oggetto di scambio politico . Questo punto di vista abolisce alla base ogni tesi di riduzione del danno, ogni menzogna mediatica sul ruolo dell’ONU e sulle finte conferenze di pace che legittimano a posteriori le invasioni neocoloniali dei territori occupati. Con i soggetti politici che hanno teorizzato la tesi della riduzione del danno c’è stata una rottura profonda e non ricucibile in nome della nuova situazione dovuta alla caduta del governo. La divisione non riguarda solo il passato ma la linea politica del presente.

Oggi infatti vogliamo mettere al centro della nostra piattaforma il RITIRO DELLE TRUPPE DA TUTTI I TEATRI DI GUERRA che sono tutte le missioni in armi-non solo la sanguinosa guerra in Afghanistan, ma anche il Libano, dove stiamo a controllare gli Hezbollah all’interno del paese e non sul confine- e le occupazioni militari in Africa e il Kosovo dove già nelle prossime settimane si prepara l’ennesima guerra umanitaria. La maggior parte degli interventi hanno sottolineato che la rottura con i settori che hanno sostenuto l’azione del governo Prodi (la realpacifick come la definisce Nigrizia) è sì una profonda divisione politica, ma è anche il frutto di una crisi di fiducia perché chi ha fatto scelte di guerra ha perso ogni credibilità.

Alcuni temi emersi dal dibattito:

-sottoporre ad analisi critica tutte le forme di complicità dell’Italia con la guerra globale e dunque analizzare tutto il sistema statale di guerra ed i suoi intrecci non solo militari ma anche economici, politici e amministrativi.

- porre di nuovo all’ ordine del giorno la questione della NATO ( teoria della guerra nucleare preventiva) e preparazione guerra all’Iran.

-integrare la Palestina nella nostra agenda, assumendo le mobilitazioni contro l’embargo a Gaza ed i massacri compiuti da Israele, contro l’accordo militare Italia/Israele.

- compiere uno sforzo politico e organizzativo per fare rete sui territori. Collegare più strettamente le lotte antimilitariste alle lotte sociali, dei precari e degli immigrati come la proposta di riconversione ad uso abitativo delle caserme e dei luoghi di guerra.

-sollecitare gli attiviste e le attiviste delle varie regioni a costruire assemblee e iniziative dei soggetti aderenti a livello nazionale per costruire ove possibile le reti locali del Patto permanente controlaguerra.

-riprendere la controinformazione per riportare l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema della guerra, delle basi militari e della militarizzazione della economia e del quotidiano.

-rilanciare un momento di riflessione generale sulla guerra globale oggi e sugli scenari internazionali.

-ridare protagonismo ai soggetti locali e studiare nuove forme di espressione del conflitto che riportino l’iniziativa sui territori.

-ribadire l’autonomia del nostro PATTO e tutelarla dalle prevedibili strumentalizzazioni della prossima campagna elettorale e dagli eventuali trasformismi ( il passato insegna) dei settori della "REALPACIFIK".

LE PROPOSTE

1) MANIFESTAZIONE NAZIONALE (il 1 marzo) PER IL RITIRO DELLE TRUPPE DA TUTTI I TEATRI DI GUERRA (INCLUSO IL LIBANO, KOSOVO E LIBIA )



2) UN CONVEGNO DI ANALISI RIFLESSIONE SULLA GUERRA PREVENTIVA E LE SUE CARATTERISTICHE IN QUESTA FASE STORICA IN CUI LA CRISI INTERNAZIONALE SEMBRA PRECIPITARE IN OGNI SCENARIO, SPECIFICANDO IN PARTICOLARE IL RUOLO DELL’ITALIA NEL SISTEMA DI GUERRA E TEMATIZZANDO IL NUOVO RUOLO DELLA NATO. (Fare attenzione al vertice NATO di Bucarest previsto in aprile dove si approverà la nuova dottrina nucleare della Nato e si deciderà sulla guerra all’Iran)

3) MANIFESTAZIONE NAZIONALE PER LA PALESTINA il 29 marzo e altre iniziative connesse.

4) LA MESSA IN CANTIERE DI UN INCONTRO NAZIONALE DEI COMITATI LOCALI CONTRO LE BASI E GLI ACCORDI MILITARI. Vicenza è importante ma non c’è più solo Vicenza perché anche altre realtà dove ci sono le basi hanno preso coraggio e ripreso l’iniziativa.Importante lo scambio di esperienze e le nuove proposte di mobilitazione anche a valle della campagna per la legge di iniziativa popolare contro le basi e gli accordi militari.

Per approfondire queste proposte e organizzare la manifestazione nazionale del 1° marzo, si convoca la prossima riunione del gruppo di collegamento del Patto martedì 5 febbraio ore 17 presso la sede nazionale dei COBAS in via Manzoni -ROMA.



Martedì, 29 gennaio 2008