Documento OSM (Obiezione Spese Militari)
Noi e la crisi

Da parte di Alfonso Navarra

Il Coordinamento politico della Campagna OSM-DPN si è riunito ieri.
E’ stato discusso un documento che vuole delineare la posizione e l’impegno degli antimilitaristi nonviolenti di fronte alla crisi finanziaria ed economica.
Un impegno che deve contribuire alla costruzione di una risposta unitaria dei soggetti popolari nei confronti del tentativo di scaricare sulle nostre spalle il salvataggio di “banche e banchieri fraudolenti e pirateschi”, ed ancor più del sistema demenziale della Finanza (oltre 535.000 miliardi di dollari di derivati, 12 volte il PIL mondiale, secondo il “Sole 24 Ore”) che costoro hanno messo in piedi con la complicità della Politica della potenza, della guerra, e dell’oppressione.
Il dibattito nel Coordinamento ha riconosciuto l’importanza dei contenuti proposti dal documento - si tratta di dati e problemi ignorati nel pensiero corrente anche della sinistra ex arcobaleno - e l’opportunità e la giustezza di aprire una riflessione su come il militarismo oggi sia componente della crisi generale del sistema e di come il disarmo, integrato con l’alternativa della difesa nonviolenta, debba far parte della lotta per il miglioramento delle condizioni generali di vita e per una vita, nostra e delle generazioni future, degna di essere vissuta.
Premesso che esso - avendo scopi di movimentazione politica e non di analisi - è rivolto “alle attiviste ed agli attivisti sociali”, ci si è dati una settimana di tempo per migliorarlo ed eventualmente ricalibrarlo dal punto di vista della chiarezza e dell’efficacia comunicativa nella redazione definitiva.
Sono segnati in rosso i punti che si ritiene abbisognino di una verifica terminologica e concettuale.


La crisi del capitalismo finanziario evidenziata dalla vertiginosa caduta delle borse, dalla bancarotta di banche ed assicurazioni, dal crollo dei fondi pensione minaccia l’avvenire di tutti e quindi non può essere estranea all’interessamento delle obiettrici e degli obiettori alle spese militari (OSM).
Siamo un movimento che, perseguendo la conversione dei bilanci militari in spese sociali, propone l’obiettivo della pace come nuovo modello di sviluppo in alternativa alla globalizzazione neoliberista.
L’interventismo dello Stato in questi anni non è in realtà mai venuto meno e si è concentrato nel settore bellico, coprendosi con la necessità della “guerra unica al terrore”.
I 3.000 miliardi di dollari spesi per la guerra in Iraq sono un fattore importante della dinamica che ha inceppato la macchina finanziaria: sono soldi venuti, ad esempio, a mancare alla sanità pubblica di consumatori americani sempre più indebitati e che alla fine, sgonfiata la bolla immobiliare, non sono stati più in grado di pagare le rate dei mutui per la casa.
La “finanza creativa”, con i prodotti dell’economia virtuale, ha trasformato i crediti in sofferenza in falsi attivi di bilancio ed ora pretenderebbe di passare all’incasso: i soldi dei contribuenti - al momento 3.000 miliardi di dollari nella sola Europa - dovrebbero andare in soccorso degli speculatori e dei leaders politici che hanno imbastito la truffa.
Si tratta dei soldi dell’economia reale, vale a dire del sudore della fronte delle lavoratrici e dei lavoratori che già stentano ad arrivare a fine mese.
Ora si affaccia l’incubo della povertà anche per i ceti medio-bassi, tra i quali i piccoli risparmiatori, ingannati con l’offerta di prodotti finanziari “sicuri”: non meritano una condanna tanto brutale per essere stati indotti a cedere alle lusinghe neoliberiste.

Non ci stiamo!
Noi siamo vittime del meccanismo speculativo e non siamo disponibili a dare il sangue e la vita per salvare, questo sistema finanziario e questo modello di sviluppo, iniquo, distruttore dell’ambiente, alienante, generatore di guerre.
Rifiutiamo il ricatto che prospetta la fame in caso di fallimento delle banche capitalistiche.
Né ci interessa la favola di una “ricchezza” che rende, se conseguita, comunque i più infelici e frustrati, di fronte al vuoto ed alla desolazione esistenziali che sempre accompagna i feticci del consumismo conquistati arrancando e sgomitando con il prossimo.
Prendiamo atto che i soldi pubblici ci sono - questo ormai nessuno lo può più negare - e che sono tanti; e perciò pretendiamo che il grande credito sia nazionalizzato ed indirizzato alla funzione sociale di promozione delle infrastrutture necessarie ad un modello alternativo di sviluppo.
Case, scuole, trasporti pubblici, ospedali, nei quartieri popolari: il nuovo modo di consumare deve avere al centro grandi servizi collettivi e pubblici sostenuti dall’energia del sole, dell’acqua e dell’aria al posto di quella del petrolio, del carbone e del nucleare.
E’ necessario che la distribuzione del reddito sia riequilibrata a favore di salari, stipendi, pensioni e sussidi che recuperino la dignità del lavoro e di chi aspira al lavoro.
Tutti i soldi che si vorrebbero regalare ai capitalisti devono essere dati a noi come reddito di cittadinanza universale.
La pubblicizzazione delle grandi banche private deve essere accompagnata da una partecipazione ed un controllo diretti dei cittadini da realizzare con il pungolo di una informazione libera e pluralistica ed anche mediante nuove forme di democrazia ed organizzazione economica.
La "ricchezza" significa per noi la sicurezza della soddisfazione dei nostri autentici bisogni e una vita libera sostanziata da relazioni belle e paritarie, senza discriminazioni di razza, di etnia, di religione, di sesso e di orientamento sessuale, con il riconoscimento garantito di un ruolo positivo nella comunità.
Tutti i punti sopra elencati implicano uno spostamento delle risorse finanziarie dalle politiche militari e di guerra - cominciando con il denuclearizzare e con lo smarcarsi da anacronistici blocchi militari dentro un percorso verso un modello "costituzionale" di difesa - all’intervento per la salvezza del pianeta, nel pieno rispetto dei diritti umani.
Non dimentichiamo che politicanti e pescecani dell’industria militare e nucleare ci hanno già coinvolti nella “guerra unica al terrore”, che può sempre degenerare in conflitti sempre più devastanti, dentro una spirale che ha l’Olocausto Atomico come punto terminale.
Gli OSM, ribadito quanto sopra, si sentono a pieno titolo parte dei movimenti di resistenza umana alla potenza, al profitto, alla violenza; pertanto si impegnano, nel loro piccolo, alla costruzione di una sua nuova rappresentanza sociale coordinata; una rappresentanza di base nel segno di una capacità propositiva dal basso: l’ottica è quella non corporativa di risolvere collettivamente i problemi generali, dal locale al globale.
La nostra stessa campagna può e deve essere vista dai vari movimenti sociali, da “quelli del NO” - che è un NO alla distruzione ed un SI alla civiltà ed alla solidarietà - come un’occasione di qualificazione politica ed un ulteriore strumento di lotta.
Ci rivolgiamo a voi, care amiche ed amici, care compagne e cari compagni, attiviste ed attivisti nei movimenti di base, per invitarvi al dialogo ed alla collaborazione, allo slancio unitario per la trasformazione sociale.
Il nostro slogan “PAGARE PER LA PACE ANZICHE’ PER LA GUERRA" è dentro un orizzonte comune, perché guerra globale, guerra sociale e guerra ambientale sono strettamente intrecciate; ma anche il disarmo e la pace abbisognano, oltre che dei metodi della nonviolenza attiva, di un rapporto armonico con gli ecosistemi naturali: e di giustizia universale.



Lunedì, 20 ottobre 2008