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La posizione di Avvenire e del SIR sui cappellani militari

Riprendiamo da Avvenire e dall’Agenzia SIR questa presa di posizione contro il disegno di legge attualmente in discussione al Senato della Repubblica che preve l’ablizione della figura del cappellano militare. La posizione del SIR e di Avvenire non ci stupisce più di tanto, non fosse altro che per l’essere l’attuale capo della CEI un generale di corpo d’armata in pensione perchè già capo dei cappellani militari italiani. Il militarismo è duro a morire all’interno della chiesa, e non solo di quella cattolica.


L’articolo dell’agenzia SIR del 19/7/2007


19/07/2007 08:43
CAPPELLANI MILITARI: DALLA TORRE (LUMSA), "DDL INACCETTABILE"

"Le risposte che dà questo disegno di legge sono inaccettabili, anche in caso di una revisione delle norme della legge 512 del 1961". Lo dice al Sir il giurista Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa, circa il disegno di legge presentato da senatori del "Gruppo Insieme con l’Unione Verdi-Comunisti italiani", intitolato "Disciplina dell’assistenza spirituale alle Forze armate e abolizione della figura dei cappellani militari", all’ordine del giorno oggi alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Difesa del Senato. "Il ddl - continua Dalla Torre - è inaccettabile almeno per due ordini di ragioni. La prima concerne il fatto che non si tiene conto che la libertà religiosa non è soltanto un diritto negativo, ma anche positivo". In altre parole, "si tratta da parte dello Stato di rimuovere gli ostacoli che impediscono in concreto al cittadino, titolare di questo diritto, di esercitare il diritto stesso".

In questo senso, "la previsione ’senza oneri per lo Stato’ (art. 1 comma 2 del ddl, n.d.r.) - evidenzia Dalla Torre - mi sembra assurda perché questo renderebbe difficile soprattutto, ma non solo, a tutti quei reparti italiani che sono impegnati all’estero, in Paesi, tra l’altro, non di tradizione cristiana, di potere avere assicurato il diritto di libertà religiosa". Secondo punto saliente, ad avviso di Dalla Torre, è che "la proposta della smilitarizzazione dei cappellani militari è una vecchia questione": "Ritengo - afferma - che essa non sia opportuna in considerazione del fatto che, a differenza della Polizia, l’apparato militare è un apparato gerarchicamente strutturato, con delle regole molto precise. Perciò, mi sembra assai difficile che possa essere compatibile con l’apparato militare, a maggior ragione laddove si trovi in situazioni di operatività, penso anche qui all’impegno all’estero del nostro esercito, del personale non militare che gira all’interno delle strutture". L’appartenenza alle Forze armate dei cappellani militari nasce, dunque, "dalla logica stessa dell’istituzione militare che non ammette al proprio interno personale che non sia tale". Anzi, "non si è mai visto un civile che si mette a girare per i campi militari. La mia valutazione, pertanto - dichiara il giurista -, è assolutamente negativa perché è un ddl assolutamente non ragionevole".
La legge del 1961, in realtà, “è molto complessa, potrebbe essere aggiornata, ma non nella direzione presa dal disegno di legge, che presenta punti inaccettabili e inconsistenti. Queste sono vecchie idee della sinistra”. Nella relazione che accompagna il ddl si parla del fatto che anche l’associazione Pax Christi già da tempo aveva sollevato la questione dei cappellani militari. “Ma questo – osserva Dalla Torre - non è un problema della Chiesa, che si interessa certamente di assicurare questo servizio, ma è un problema interno allo Stato: con quali mezzi lo Stato risolve il problema di assicurare l’esercizio in concreto della libertà religiosa di chi è legato ad una disciplina molto rigida come quella militare per cui non si può allontanare a piacimento e non può andare a messa nella parrocchia, nella chiesa che preferisce, soprattutto se è in zona di operazioni all’estero?”. Diverso, per il rettore della Lumsa, “è il caso della Polizia, che è attestata nelle grandi città, per cui anche il sacerdote della parrocchia accanto può andare nella caserma a celebrare, ma quando i militari vanno per operazioni che fanno?”. “Se si approvasse un ddl con questi contenuti – conclude Dalla Torre - sarebbe certamente violazione del diritto di libertà religiosa perché metterebbe in difficoltà o nell’impossibilità determinate categorie di cittadini di esercitare un proprio diritto costituzionalmente garantito”.

L’editoriale di Avvenire


Sorprendente Ddl sui cappellani militari

Irrinunciabile presenza tra gli uomini in divisa


Marco Tarquinio

Dovrebbe prendere avvio oggi a Palazzo Madama, in sede di Commissione, l’iter parlamentare di una proposta di legge che, per contenuti e obiettivi, induce a serissima perplessità. E’ stata fatta propria dall’intero gruppo rossoverde (quello composto dai senatori dei Comunisti italiani e del Sole che ride) e mira, in estrema sintesi, al netto di citazioni accattivanti e di voli pindarici, a metter fuori dalle caserme i cappellani militari cattolici. Il verbo è "smilitarizzare" e alle orecchie di qualcuno potrà suonare anche bene, addirittura benissimo. Ma non sempre quel che suona bene è anche buono in sé. E questo è, precisamente, ciò che caratterizza il caso di cui ci stiamo occupando.
Forse non tutti sanno che tra le varie "intese" che continuano a dare efficace attuazione al principio concordatario di collaborazione tra Stato e Chiesa ce n’è una ancora da definire e relativa, appunto, all’assistenza spirituale prestata dai cappellani cattolici alle nostre Forze armate. Tutti però possono rendersi conto di quanto strampalata sia l’idea che il primo passo per "ripensare" una casa ben strutturata, tutt’altro che cadente e felicemente abitata, sia quello di raderla semplicemente al suolo. Questo, prima di tutto, viene da pensare al cospetto dell’iniziativa parlamentare assunta dal gruppo rossoverde. I cui rappresentanti utilizzano, a più riprese, la parola e il sentimento della pace per motivare il tentato colpo di maglio contro la figura stessa dei cappellani militari, ma dimenticano di ricordare che un esercito di pace - costituzionalmente difensivo - come quello italiano è una struttura di persone che nessuno (e tantomeno un legislatore) dovrebbe consentirsi di etichettare come radicalmente altra rispetto al messaggio cristiano e alla presenza pastorale attiva di sacerdoti della Chiesa cattolica.
Del resto, e questo è un secondo e cruciale punto, l’esperienza accumulata in tutta la tormentata seconda metà del Novecento e in questo teso avvio del nuovo secolo p roclama la straordinaria importanza del ruolo svolto dai cappellani militari tra gli uomini e le donne in divisa impegnati nelle tante missioni di stabilizzazione e di pace che sono state svolte e tutt’ora vengono sviluppate, con umanità e onore, nelle situazioni più delicate e difficili. Può sembrare retorico, ma è la realtà: dai Balcani all’Africa, dal Medio Oriente all’Afghanistan, chi dice "missione italiana" pensa e parla di soldati al servizio dei popoli e della loro speranza, obbedienti alle leggi della Repubblica e alle indicazioni delle Nazioni Unite, espressione di una cultura fondata sul rispetto della persona umana - esso sì - "senza se e senza ma". E questi militari, questi uomini e donne in divisa, sono i primi a testimoniare dell’imprescindibile e preziosa opera svolta tra loro e con loro dai cappellani.
Già, "con loro". E questo è un terzo e decisivo punto, terribilmente sottovalutato nel testo messo a punto dai senatori rossoverdi e, in genere, da quanti polemizzano astrattamente con la presenza di "sacerdoti con le stellette". Chi conosce almeno un po’ il mondo militare e le sue regole, sa che per risultare efficaci al suo interno bisogna esserci. E, da anni e anni, i cappellani militari vivono con efficacia la loro missione pastorale e umana tra i soldati - dimostrando, con Sant’Agostino, che l’autorità e il "grado" coincidono con impegnativi doveri di servizio - proprio perché non sono e non appaiono come un "corpo estraneo". Non sono, insomma, una Chiesa lontana e fuori dalla caserma e dai teatri d’impegno, ma come don Gnocchi coi "suoi" alpini una Chiesa che è, e si fa, anche tra quelle mura e in quelle situazioni. E’ una realtà che non merita di essere attaccata, che non può e non deve essere dispersa. A partire dalla quale Stato e Chiesa - ne siamo certi - sapranno ancora e sempre collaborare e intendersi.


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Giovedi 19 luglio 2007



Lunedì, 23 luglio 2007