[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per questo intervento.
Maria G. Di Rienzo e una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dellUniversita di Sydney (Australia); e impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e Mao Valpiana ha promosso lappello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e scaturita lassemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per lecologia, il femminismo e la nonviolenza". Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nellislam contro lintegralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81]
"Se puoi chiudere la mano a pugno, significa che la mano e vuota" (La tigre e il dragone, film di Ang Lee, 2000)
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A volte, i miei seminari cominciano cosi: chiedo alle persone di mettersi in coppia, preferibilmente con qualcuno che non conoscono, e di chiudere una mano a pugno. Laltra persona ha il compito di tentare di aprire quella mano. Ci crediate o no, fino ad ora tutti quelli che ignoravano lesercizio (chi lo conosce ha lincarico di chiudere il pugno e di non svelare il segreto per i venti secondi di durata), comprese le persone con alle spalle training ed approfondimenti vari, hanno tentato di aprire la mano dellaltra persona con la forza. Che ci riescano o meno, questa e la domanda che faccio al termine della prova: come vi siete sentiti, cosa provavate? Rabbia, angoscia, disagio sono le risposte piu comuni sia che si stesse resistendo con il pugno chiuso, sia che si stesse forzando la sua apertura. A questo punto, invito qualcuno a rifare la cosa con me, ovvero a tendermi il suo pugno, e gli chiedo gentilmente di tenermi le chiavi, oppure gli offro una caramella, o ancora domando con un sorriso: potresti aprire la mano, per favore? E la mano, invariabilmente, si apre.
Questa minuscola faccenda mi conferma di continuo che riceviamo un intenso addestramento alla violenza, e che esso e talmente profondo e radicato da indurci a ritenerla il primo e il piu efficace mezzo per ottenere cio che vogliamo; mi conferma anche, naturalmente, che e possibile ottenere cio che vogliamo con metodi creativi, senza ferire altri e senza ferire noi stessi.
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Il prossimo 2 ottobre e la "Giornata internazionale della nonviolenza". Spesso le ricorrenze ufficiali sembrano non dire nulla: per esempio, ho perso il conto delle donne che in occasione dell8 marzo mi chiedono sconsolate "Ce forse qualcosa da celebrare?". A questo punto, prima di imbarcarmi nella lista (composta da fatti per cui gioire, e da circostanze ove vi e da lottare per un cambiamento), replico: "Si, personalmente comincio dal celebrare te, una donna intelligente e sensibile che puo studiare, votare e amare se stessa grazie al lavoro e allimpegno di centinaia e centinaia di altre donne venute prima di lei". Se quindi volete sapere cosa ce da celebrare il 2 ottobre, eccovi un suggerimento: un terzo del nostro pianeta e composto da paesi in cui movimenti sociali hanno apportato grandi cambiamenti tramite azioni nonviolente. Questi movimenti hanno avuto successo in situazioni assai difficili, sfidando alcuni dei peggiori regimi del XX secolo: Marcos nelle Filippine, Ceausescu in Romania, lapartheid in Sudafrica, il dominio sovietico in Latvia, Lituania ed Estonia. Se nel conto mettiamo, saltando indietro di cinquantanni, la liberazione dellIndia, la resistenza al nazismo in Danimarca e Norvegia, e il movimento per i diritti civili negli Usa, le persone che hanno sperimentato la forza della nonviolenza salgono a due terzi nel mondo. Se consideriamo che i movimenti femministi hanno alle spalle, globalmente, circa due secoli di vittorie ottenute con mezzi nonviolenti, lo spettro e ancora piu ampio. Direi che di storie da raccontare, per cui festeggiare e da cui imparare ne abbiamo parecchie.
Nonostante cio, la percezione comune e che la nonviolenza sia inefficace: continuiamo a presumere, con Mao, che "il potere nasce dalla canna del fucile", e cio non e sorprendente se si pensa alla tradizionale associazione degli uomini con il possesso e luso delle armi. Che uccidere sia lessenza del "vero" uomo e un costrutto di propaganda che conta qualche migliaio di anni ed il sostegno di parecchie argomentazioni pseudo-scientifiche: su tutte, quella che la violenza sia il principale motore delle civilta umane. Naturalmente e un falso, come le ricerche storiche, antropologiche ed archeologiche degli ultimi quarantanni hanno ormai dimostrato: lumanita e sopravvissuta ed ha prosperato perche i suoi membri hanno saputo condividere le risorse, essere solidali, cooperare, trattarsi lun laltro con considerazione per un lunghissimo periodo di tempo.
Le ricorrenze servono anche a questo, a non perdere la memoria: guardare indietro ci da le radici necessarie affinche lo slancio in avanti non sia un salto nel vuoto. E non ha importanza da che parte si arrivi alla nonviolenza, se a suggerirla e una fede religiosa, una disamina laica della storia, o semplicemente un empito umano. E davvero importante, invece, capire bene cosa la nonviolenza e, come puo trasformare la nostra vita e la sorte di questo pianeta in pericolo; e davvero importante sapere che non si tratta del "karate dei quaccheri" o di una semplice tecnica che possiamo prendere e lasciare a nostro piacimento alternandola con la "violenza purtroppo necessaria": in questo caso anche se la userete non funzionera, perche ci avrete messo il cervello e non il cuore. Allo stesso modo non funzionera se pensate sia solo un percorso individuale dello spirito, qualcosa che vi serve a meditare in mezzo ai fiori e a sentirvi in pace con voi stessi: perche ci avrete messo il cuore e non il cervello. Ogni volta in cui pensiamo di poter separare con un taglio daccetta la razionalita dalle emozioni dimentichiamo che esse sono strettamente connesse, che le nostre vite sono connesse, e che tutto cio che e vivo sulla Terra e in relazione. La relazione ci permette non solo di sopravvivere, ma di vivere bene, di esercitare i nostri talenti, di amare. E ci permette di condurre lotte nonviolente sopportandone fatiche e sofferenze e godendone tutti i momenti di gioia.
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Questo direi, se dovessi parlare a qualcuno per celebrare la Giornata internazionale il 2 ottobre: non mi sono mai pentita di aver scelto la nonviolenza, e nei momenti bui e stata la mia ancora di salvezza, percio mi auguro, e vi auguro, di avervi presto con me sulla medesima via. Tratto da VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA Supplemento settimanale del martedì de La nonviolenza è in cammino
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Numero 236 del 27 settembre 2008
Marted́, 30 settembre 2008
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