La nonviolenza è da costruire giorno per giorno, dal basso, con costanza e abnegazione

di Elvio Issa Arancio

Pubblichiamo l’intervento del nostro fratello Elvio Issa Arancio in occasione della giornata della Non Violenza celebrata a Torino il 2 ottobre scorso.
Dal sito www.islam-online.it



Per il secondo anno si celebra il 2 ottobre – anniversario della nascita di  Gandhi - la Giornata internazionale della nonviolenza, proclamata lo  scorso  anno dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.



Nazioni Unite che credo sia utile ricordare, ha avvallato vari interventi militari, uno su tutti, quello in Afghanistan, uno dei paesi più poveri al mondo. Si sa che il lifting è pratica oggi molto in voga. Il pericolo di un’iniziativa retorica esiste, per cui questa ricorrenza non va enfatizzata, ma non va neanche buttata via.

Mi unisco a quanti in questi giorni stanno ricordando l’urgenza di una  pratica di nonviolenza, intesa come appello etico al riconoscimento senza riserve dell’umanità  dell’altro, la visione della nonviolenza si lega inseparabilmente al  rifiuto delle retoriche odierne sulla sicurezza o sullo scontro di  civiltà  e al contrasto della logica del guadagno come sola e suprema unità di misura nelle relazioni tra le persone. 
 



C’è un vecchio giochetto di parole che piace sempre tanto ai bambini: perché staccato si scrive tutto attaccato e, invece, tutto attaccato si scrive staccato? Con il termine nonviolenza e’ un po’ la stessa cosa: perché non c’e’ una sola,unica, importante,  magnifica parola che indichi la nonviolenza? Perché il non della negazione  attaccato proprio a ciò che non si vorrebbe mai pronunciare, vedere o sentire, la violenza? Mi si dirà, la parola c’e’, e’ pace. No, non e’ la stessa cosa. Pace e’ uno stato di grazia, nonviolenza e’ una presa di posizione. Una presa di coscienza .Per molti e’ una scelta quotidiana, uno stile di vita.

Per questa ragione credo che sarebbe utile cominciare a riflettere sulla violenza, per scoprire che questa dimensione va ben oltre le azioni degli eserciti, e che un dibattito onesto sul tema potrebbe diventare "il" dibattito sociale e politico per eccellenza attorno al quale aggregare tutte le forze umane e spirituali che oggi si oppongono alla violenza economica, a quella sull’ambiente, a quella che colpisce i migranti e i poveri e a quella che pratichiamo anche noi quando siamo stati fermi e zitti di fronte a tutto questo, solo perché quella violenza proveniva dalla nostra parte religiosa o politica. Praticare la nonviolenza comporta invece uno sforzo continuo per fare in  modo che la nostra  testa e il nostro cuore  collaborino coerentemente. 


 
Non violenza è pensare al nostro agire, a cosa mangiamo,ad es. riflettere sul consumo di carne e alla distruzione di risorse del pianeta che ne deriva; rifiutare merci che arrivino da  posti lontani dove per la sua produzione qualcuno ha sofferto ed e’ stato umiliato e sottopagato. E’ non indossare scarpe prodotte con sfruttamento del lavoro minorile. Nonviolenza è ricordarsi che ogni essere vivente ha diritto di vivere la propria vita, in libertà, senza costrizioni, paura, dolore, mortificazioni.


E’ il rispetto del diverso, qualunque sia la sua differenza.
 
 

E’ anche il gesto semplice e affettuoso di guardare in viso le persone con cui si parla, cedere il passo in una percorso stretto, lasciar  attraversare i pedoni, soprattutto, quelli lenti, quelli anziani o con bambini o carichi... pazienza se quello dietro suona.



E’ il rispetto del lavoro altrui, ma anche dell’altrui riposo. E’ il rispetto di qualsiasi credo, dall’essere ateo al professare una  religione maggiore o una minore, anche una che mi sono inventato stamattina, che non disturba gli altri, anche se non e’ universalmente condivisa o conosciuta.

Significa riconoscere ai musulmani il diritto di avere luoghi di culto degni di questo nome, in coerenza con la nostra Costituzione che lo prevede.

E’ il diritto alla cura, ma anche alla non cura, perché  non posso beneficiare della possibilità di decidere della mia fine senza interferenze esterne? 
Nonviolenza è dire di sì alla salute e all’ambiente e quindi rifiutare le scelte che portano alle centrali nucleari o a carbone,agli inceneritori dannosi e inutili, ma utili a chi li costruisce.



Significa impegnarsi in prima persona a fare il riciclaggio, dal pezzetto di carta cacciato in tasca fino al prossimo cestino, al non utilizzo dell’auto, ma alla

scelta del mezzo pubblico.

E’ il ripudio della guerra in tutte le sue forme, dall’ industria delle armi all’addestramento, dall’attacco di terra, di mare, di cielo, all’utilizzo di bombe che sembrano giocattoli, dalla violenza tra popoli, alla cieca violenza kamikaze.

La nonviolenza non e’ da  celebrare un giorno all’anno, magari da quegli stessi che tutto l’anno fanno  impunemente le guerre camuffate da missioni di pace e montano i bilanci militari, o magari da quei mezzi di stampa che non incalzano, chiedendo ragione di ciò, ma si accodano e "persuadono". Significa non accettare la scelta del governo che taglia le spese per la scuola elementare, licenzia - per decreto legge - i maestri e riduce le ore di studio per i bambini, mentre mette in mare la portaerei da guerra "Cavour" di 244 (duecentoquarantaquattro!) metri, costata 1.390   (milletrecentonovanta!) milioni di euro. 


 
La nonviolenza è da costruire giorno per giorno, dal basso, con costanza e abnegazione, per questa ragione rivolgo ai presenti l’invito a farsi carico di una questione che non solo io ma genitori, insegnanti, molti studiosi specializzati ritengono importante e causa dei mali della nostra società: la qualità della programmazione televisiva, che propina dosi enormi di immagini violente e attraverso la pubblicità e programmi dannosi veicola messaggi di assoluta povertà culturale ed etica, con particolare rischi per gli spettatori più piccoli.

Non possiamo credere ad un mondo migliore se non consideriamo un sistema televisivo che educhi ed informi in verità ed in positivo.

Oggi non e’ più neanche sufficiente che questa consapevolezza sia di  pochi. E’ necessario, direi urgente, oggi costruire le basi di un’ampia e diffusa cultura di  nonviolenza: ciò sarà possibile se sapremo impegnarci attraverso una  continua moltiplicazione, nella scuola e nella società, degli spazi di  educazione alla nonviolenza. A questo sono chiamati i rappresentanti delle istituzioni e le figure che qui e ovunque rappresentano le varie fedi religiose



Martedì, 07 ottobre 2008