ROM: INDAGINE MIGRANTES
Su adozioni vittime di pregidizi

di Agenzia SIR del 10-11-2008

10/11/2008 12:30
Molti operatori così come molti magistrati minorili, vedono il bambino rom come “soggetto di una situazione di pregiudizio solo e proprio perché è rom o perché vive su quel pezzo di terra dove si trova il campo nomadi”. E’ quanto emerge da un’indagine commissionata dalla Fondazione Migrantes della Cei al Dipartimento di psicologia e antropologia culturale dell’Università di Verona sull’adozione di minori rom e sinti da parte di famiglie non rom. Presentata questa mattina Roma nel corso di una conferenza stampa, l’indagine ha preso in esame i dati relativi a circa 200 dichiarazioni di adottabilità registrati presso otto delle 29 sedi dei tribunali minorili ed ha corredato l’inchiesta svolgendo una serie di colloqui con i servizi sociali di riferimento. Tre i principali “pregiudizi” riscontrati nel corso della rilevazione: “la cultura rom è da considerarsi mancante, sempre e comunque, con tutti i bambini; “nella cultura rom vi è un’assenza delle capacità genitoriali”; “da parte dei genitori o della famiglia rom vi è un’assenza della tutela dell’infanzia. “Sono proprio questi i presupposti – osservano i ricercatori - in funzione dei quali l’intervento di tutela sociale e/o civile del minore rom diventa facilmente quello di tutelarlo dalla sua famiglia o dalla sua cultura”. Da qui le decisioni di allontanamento del minore dalla comunità rom.

Ci sono situazioni in cui “i minori trovati in strada da soli o con degli adulti di riferimento vengono allontanati dai genitori e poi inseriti in comunità”. “Una volta in comunità – prosegue il Rapporto - il provvedimento del Tribunale dei Minorenni dispone che i minori non possano più incontrare i propri famigliari, fino al termine dell’istruttoria. Concretamente questo vuol dire che potrà accadere che i bambini non possano più incontrare i propri genitori per lunghi mesi, con gravi conseguenze nella loro relazione”. I ricercano avanzano addirittura il dubbio che “probabilmente, in questi casi, il reale interesse dei vari operatori coinvolti è di trovare il maggior numero possibile di minori per le famiglie non rom che fanno domanda di adozione”. Ci sono poi situazioni in cui “i minori vengono allontanati dalla famiglia perché i servizi sociali valutano che le condizioni abitative del nucleo, ovvero quelle del “campo nomadi”, non sono adeguate alla tutela di un minore. L’indagine si conclude con una interrogativo ed una proposta: Con quale presunzione – chiedono i ricercatori - noi non rom Continuiamo a immaginare che il nostro modello di vita sia il migliore e quello ideale?”. La proposta è quella di dare soprattutto a chi lavora nel sociale “una formazione adeguata per lavorare con soggetti che appartengono a culture differenti”.



Mercoledì, 12 novembre 2008