Riflessioni
I penultimi contro gli ultimi

di Giulio Vittorangeli

Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli@wooow.it) per questo intervento.


Quanto avviene in Italia, con i penultimi che si scagliano contro gli ultimi, e’ in piena sintonia con lo spirito del tempo dominante, a nord come a sud, a est come a ovest, dagli Stati Uniti al Sudafrica.

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"Non si possono trattare in questa maniera i nostri migranti. Siamo profondamente costernati e abbiamo espresso le nostre preoccupazioni al governo statunitense attraverso la nostra ambasciata a Washington", ha detto ai media guatemaltechi il ministro degli esteri Haroldo Rojas denunciando che "i diritti umani dei migranti guatemaltechi negli Stati Uniti continuano a non essere rispettati".

Il ministro si riferisce in particolare a una retata effettuata dalla polizia il 12 maggio scorso nella fabbrica Agriprocessors di Postille, nello stato dell’Iowa, in cui sono stati arrestati per possesso di documenti falsi 389 migranti, tra cui 287 guatemaltechi.

Secondo testimoni citati da fonti di stampa latinoamericane, i migranti sono stati poi trasferiti in una sorta di campo di detenzione allestito su terreni usati per la fiera locale del bestiame dove sono rimasti alcuni giorni al freddo, senza cibo e servizi igienici; circa un’ottantina sono stati poi processati per direttissima e condannati a pene tra i sette e i cinque mesi di carcere in vista del loro imminente rimpatrio.

Secondo statistiche ufficiali, l’inasprimento delle politiche migratorie americane ha fatto lievitare negli ultimi anni i rimpatri forzati di cittadini guatemaltechi: nel 2007 sono stati oltre 23.000, dall’inizio del 2008 sono gia’ piu’ di 9.000.

L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) stima che almeno 1,2 milioni di guatemaltechi vivano all’estero, il 90% negli Usa: per il 60% sarebbero irregolari. (Fonte: Misna del 23 maggio 2008).

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Ancora piu’ drammatico quello che e’ avvenuto in Sudafrica.

L’11 maggio scorso, nella towinship di Alexandra a nord di Johannesburg, sono iniziati gli attacchi contro i cittadini stranieri, che poi si sono diffusi nel paese.

Giovani armati di mazze, bottiglie, armi bianche e quant’altro hanno provocato disordini, danni e saccheggi; prendendo di mira gli esercizi commerciali gestiti da somali e zimbabwani, due delle comunita’ di immigrati maggiormente presenti, costringendo le forze dell’ordine a evacuare alcune aree.

Il primo bilancio ufficiale, fornito dal ministro Nakula, afferma che in poco piu’ di due settimane di incidenti le vittime sono state almeno 56, di cui 23 mozambicani, 650 feriti e almeno tra i 25.000 e 30.000 sfollati, in gran parte ospitati in tendopoli. Inoltre, sono stati razziati (oltre alle abitazioni private) 342 magazzini e negozi appartenenti a immigrati e 213 sono stati dati alle fiamme.

Vedere neri sudafricani che uccidono altri neri e’ stato un vero shock, particolarmente per chi ricorda il Sudafrica razzista ed ha sostenuto la lotta contro l’apartheid. Alla fine di quella lotta il Sudafrica e’ riuscito anche a istituire la famosa Commissione per la verita’ e la riconciliazione, ed oggi e’ un paese industrializzato, con una delle costituzioni piu’ progressiste del mondo, ed e’ una nazione orgogliosa della sua capacita’ di accoglienza. I sudafricani riassumono questo concetto definendo il proprio paese la "nazione arcobaleno" e "il mondo in un paese". Ma la xenofobia permea la societa’.

Ed abbiamo visto i neri poveri scagliarsi contro il solo gruppo sociale piu’ povero e vulnerabile di loro: gli stranieri. Frustrati dall’aumento vertiginoso del costo della vita e dalla lotta quotidiana per case e posti di lavoro, si sono rifatti sui capri espiatori piu’ facili: le persone entrate illegalmente in Sudafrica e che sopravvivono lavorando illegalmente. Le cronache raccontano che gli aggressori accusano gli immigrati di rubare "il nostro lavoro, le nostre case e le nostre donne". In realta’ la potente economia sudafricana e’ cresciuta anche proprio grazie al lavoro degli immigrati.

La maggior parte di queste vittime sono lavoratori stranieri provenienti da paesi, come Zimbabwe e Mozambico, che hanno pagato a caro prezzo il loro impegno contro l’apartheid.

Sono paesi che hanno ospitato esiliati politici e subito bombardamenti, uccisioni e aggressioni militari.

La causa di questa barbarie ha diversi fattori: lo stato fallimentare dello Zimbabwe, l’incompetenza della polizia, la corruzione dei funzionari governativi, ma essenzialmente va cercata nella disperazione dei settori piu’ poveri della societa’ sudafricana, che vivono in condizioni disumane, e che sono rimasti piu’ o meno nelle stesse condizioni in cui vivevano sotto l’apartheid.

La via neoliberista allo sviluppo accelerato ha fatto del Sudafrica il gigante dell’Africa, il "paladino del rinascimento africano", ma lo ha reso anche uno dei paesi con le piu’ grandi disuguaglianze del mondo. E’ evidente che occorre ripensare le politiche economiche, per trovare un modo concreto per combattere la fame e la poverta’, creare posti di lavoro regolari e far si’ che lo stato aiuti le persone che vivono nel suo territorio, stranieri e immigrati compresi.

Tratto da
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La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
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Numero 475 del 3 giugno 2008



Marted́, 03 giugno 2008