Razzismo - Lettera
Aalcune riflessioni sulla drammatica situazione dei rinnovi dei permessi di soggiorno

di Maria Rosaria Baldin

Gentile Direttore,
nei giorni scorsi, a seguito di un’interrogazione parlamentare, il sottosegretario Mantovano spiegava che la situazione relativa ai permessi di soggiorno già scaduti non è grave come si crede.
Dato che lavoro nel settore dal 1996, mi permetto di portare la mia esperienza di sportellista in provincia di Vicenza.
La procedura kafkiana prevede: 1) lo straniero si reca ai patronati sindacali per chiedere l’elenco dei documenti necessari al rinnovo; 2) lo straniero torna al sindacato con i documenti e la pratica viene avviata; 3) lo straniero si reca in posta con la busta dove: a) viene effettuato il suo riconoscimento dall’addetto alle poste (ma è loro competenza?), b) compila il bollettino di 27,50 € per ottenere il permesso elettronico, spedisce la busta che costa 30 €; 4) la pratica viene inviata al CSA di Roma e non direttamente in questura (perché?); 5) il CSA, dopo aver controllato la pratica (e spesso perso carte), la invia alla questura competente per territorio; 6) lo straniero riceve l’appuntamento per il foto segnalamento (che si effettua ad ogni rinnovo e a volte anche quattro volte per lo stesso rinnovo. Ancora, perché?) e l’eventuale consegna di documenti mancanti; 7) Il poligrafico dello stato stampa il permesso elettronico; 8) lo straniero riceve, finalmente, il permesso (scaduto). Il problema è la data di rilascio stampata sulla card elettronica: che non è la data di effettivo rilascio, ma quella in cui lo straniero ha chiesto il rinnovo 16-18 mesi prima. Ho visto personalmente permessi consegnati già scaduti da 60 giorni. L’attuale frenesia sicuritaria cui assistiamo, non depone certo a favore di chi si dovesse trovare in questa situazione. Il sottosegretario Mantovano inoltre dimentica completamente che gli stranieri pagano ben 72,12 € (30 dei quali vanno a Poste spa, che infatti lo scorso anno ha incrementato il proprio utile del 18%) per il rinnovo del permesso; sarebbe il minimo ritirarlo con validità di un anno dalla data di rilascio. E ora che il Poligrafico dello Stato non stampa più i permessi perché già scaduti cosa succederà?
Inoltre, il permesso elettronico manca dei riferimenti necessari a poterlo utilizzare. Non solo è scritto con caratteri infinitesimali e inchiostro grigio chiaro di difficile lettura, ma non è più indicata la motivazione del rilascio (come sapere se quel permesso permette di lavorare e dà il diritto all’iscrizione sanitaria e anagrafica?), né la data del primo rilascio, necessaria per sapere quando chiedere la carta di soggiorno. In un paese che tutti considerano poco avanzato come la Romania, i permessi di soggiorno sono più grandi, leggibili e con tutti i dati che servono.
A causa poi della rigidità legislativa (il permesso di soggiorno deve avere la stessa durata del contratto di lavoro), molti stranieri si vedono consegnare permessi della validità complessiva anche di soli 15 giorni. Non è proprio possibile stabilire, visti i costi che anche lo stato deve sopportare, una durata minima dei permessi? Durata che dovrebbe essere di almeno due anni.
E’ anche utile ricordare la bocciatura da parte della Corte dei Conti dei sistema dei flussi d’ingresso: “L’utilità di riflettere sul ruolo della rete degli sportelli si prospetta anche per valutare se i costi di funzionamento di tali strutture provinciali siano in qualche modo ripagati dall’efficacia dei servizi resi. La riflessione sul ruolo degli sportelli andrebbe inoltre effettuata nell’economia generale del procedimento e tenendo presente, quindi, che la legge del 2002 assegna al Dipartimento per la pubblica sicurezza la responsabilità di gestire l’area dei permessi di soggiorno, che assorbe circa il 50% del tempo complessivo impiegato per completare l’iter di gestione dei flussi immigratori annuali e per legittimare, quindi, la regolarità delle assunzioni. [...] Il disagio prodotto dalla durata dell’esame delle istanze concorre a non escludere che la complessità del procedimento, rivelatosi alquanto faticoso per l’utenza, possa accrescere, anziché reprimere, il fenomeno della clandestinità, e arrecare danni al sistema economico favorendo il lavoro sommerso, l’evasione contributiva e quella fiscale”.
Ancora, si sono voluti informatizzare i ricongiungimenti familiari. Anche in questo caso ci sono fiorenti agenzie e pseudo-avvocati (Vicenza ne è piena) che chiedono da 250 a 500 € per la compilazione del modulo. Con questo nuovo sistema lo straniero se non ha il computer o non lo sa usare, deve per forza rivolgersi a qualcuno. E i sindacati, che si erano impegnati a fare queste pratiche gratuitamente, chiedono come minimo il tesseramento.
Quello che continua a sorprendermi e indignarmi è che tutto quello che riguarda gli stranieri viene considerato normale. Cosa succederebbe se fossimo noi italiani a fare tutta questa trafila per rinnovare la carta d’identità? Pensate che accetteremmo passivamente questa vergogna senza fiatare, come devono purtroppo fare gli stranieri?
Dato che né il ministro per la semplificazione amministrativa né il ministro Brunetta lavorano per migliorare la situazione che hanno trovato appena eletti, sorge il dubbio che si tratti di qualcosa di voluto: migranti privi di qualsiasi sicurezza, sempre precari e ricattabili da tutti.
Con amarezza, tanta paura e incredulità davanti al razzismo dilagante porgo distinti saluti.

Maria Rosaria Baldin
Sandrigo, lì 22.10.2008



Giovedì, 23 ottobre 2008