Questione Nomadi a Reggio Emilia

di ANTONIA SANI

La questione "nomadi" ,con andamento carsico, continua in questi ultimi mesi ad occupare pagine di cronaca locale, ma anche riflessioni, commenti , prese di posizione di opposta ispirazione, specie dopo le recenti iniziative nei confronti dei lavavetri e di tutti i senza fissa dimora che si aggirano per l’Europa. Fa sempre più parte del pacchetto "sicurezza", che ingigantito ad hoc, è ormai considerato il terreno privilegiato per l’acquisizione di consensi elettorali.

Alcuni mesi fa a Roma " i patti di sicurezza"sottoscritti dal sindaco Veltroni e dal min.Amato destinavano un’area fuori dall’autostrada del raccordo anulare all’insediamento di 4 nuovi grandi campi attrezzati che dovrebbero accogliere migliaia di famiglie zingare ivi trasferite in massa. Sarà sufficiente a scrollare di dosso dal sindaco di Roma lo scomodo appellativo di "zingaro" appioppatogli dalle destre?

L’opposizione dei Rom nei confronti del provvedimento, e anche delle cooperative che gestiscono i campi, fu assai dura.

"E’ tempo di reagire" "Non siamo nomadi. Basta coi campi, vogliamo una casa" (parole di Najo Adzovic, cui fecero eco altre analoghe espressioni ).

Mi occupavo quotidianamente negli anni ’ 80, essendo allora consigliera circoscrizionale a Roma, dei campi nomadi e di tutte le problematiche connesse, rapporti interpersonali, esigenze nagate, interventi dell’Opera Nomadi,inserimenti nelle scuole,feste sontuose di matrimoni rispettosi di una tradizione ancestrale, con banchetti pantagruelici... Ricordo dibattiti interminabili in Consiglio circoscrizionale ( e in Consiglio comunale) seguiti da proposte- rimaste sulla carta, anche perché impraticabili seppure dettate da un sincero sentimento antirazzista. Il Consiglio comunale aveva delibaerato che ogni circoscrizione avrebbe dovuto destinare un’area all’accoglienza di un campo, con l’assistenza dell’Opera Nomadi, così si sarebbe evitato, sia il lamento degli abitanti delle periferie perennemente "bersagliati dagli zingari", sia la ghettizzazione suburbana voluta dai fascisti ("se sono nomadi che stiano fuori dalla città"). E’ davvero molto amaro dover constatare che gli zingari- a distanza di trent’anni- continuano a essere percepiti, spesso anche a sinistra, come un male inevitabile, e che la soluzione oggi proposta a Roma ricalca in pieno il modello fascista!

Approfondendo alcuni aspetti della cultura dei vari gruppi zingari ( che non va confusa col modo di vivere sordido e arretrato al quale sono stati ancorati a bella posta- in particolare a Roma- col beneplacito delle istituzioni, in accampamenti indegni su cui lucra l’Opera Nomadi col recepimento dei fondi europei) ho potuto constatare come cambia il loro stile di vita in presenza di case in muratura (Porta Furba- raro esempio a Roma- , a Firenze, a Torino...). Ho conosciuto ragazze rom provenienti da queste abitazioni che fanno lavori di sartoria e sono venute invitate da me in un Istituto Magistrale dove hanno scambiato confidenze con le alunne ;ho ascoltato esecuzioni musicali struggenti di ottimi complessi; ho avuto modo di notare come sia possibile mantenere usi e costumi della loro tradizione in un contesto compatibile con le società in cui si trovano a vivere. Ciò non significa "un’integrazione" intesa come rinuncia alla propria identità ( dove per identità non si intende certo il modello di vita condotta nei campi..),ma,-come per le numerose etnie che popolano l’Europa- poter usufruire di servizi, beni, del diritto pieno di cittadinanza, tanto più che- come loro stessi affermano- per loro il nomadismo è finito.

Mi rendo conto che si tratta di un percorso non facile, né breve, né facile da percepire per gran parte della popolazione che vede confermato troppo spesso dalla realtà uno stereotipo lasciato incancrenire. Ma va affrontato coraggiosamente dalle istituzioni a tutti i livelli se si crede nel diritto all’eguaglianza nel rispetto delle diversità. No alle aree-ghetto soltanto per compiacere gli istinti più retrivi della popolazione ( e raccogliere voti)! Le case vanno assegnate all’interno delle città, vanno fornite occasioni di lavoro, la scuola è già da tempo luogo di accoglienza, ma troppe volte più teorico che sostanziale...

Consiglierei una serie di incontri con nomadi stanziali (in Italia pare siano circa 250.000, dei quali nulla o quasi si sa), mentre solo 35.000 sono coloro che vivono nei campi, di espedienti, furti etc. Una persona disponibile a fornire informazioni puntuali e a tentare di abbattere pregiudizi è Alex: Santino Spinelli, rom abruzzese, docente di antropologia culturale all’Università di Trieste; ha sposato una donna del luogo, ha tre fiigli che parlano perfettemante il romanés e l’italiano. Quando sente dire che gli zingari sono tutti ladri dice che sarebbe come dire che gli italiani sono tutti mafiosi....

Sono felice che siano stati proprio loro, a Roma, con le loro voci, a chiedere l’assegnazione di una casa, a dire "no" all’istituzionalizzazione di un’emerginazione per secoli sofferta e tramandata...

Antonia Sani



Mercoledì, 12 settembre 2007