Frutto di un persistente tardo hegelismo?
Norme di dubbia costituzionalità

di Mario Castellano

Sospendendo al momento qualsiasi giudizio politico sulle nuove norme in materia di trattamento degli stranieri in Italiain attesa di un annunciato articolo della sorella amina Salina , pubblichiamo qui di seguito una nota giuridica che ci ha inviato in proposito il giurista dott. Mario Castellano, esperto di Diritto Amministrativo e Costituzionale.


Riprendiamo questo articolo dal sito: http://www.islam-online.it/castellano.htm


Due decisioni adottate dal Consiglio dei Ministri nella sua riunione di Napoli meritano di essere valutate nella loro legittimità costituzionale: in primo luogo l’introduzione nell’ordinamento penale della fattispecie di reato consistente nell’ingresso illegale sul territorio italiano, ed in secondo luogo l’istituzione dell’aggravante determinata dal fatto che un reato venga commesso da persona che si trova illegalmente in Italia. Per quanto riguarda la prima delle due innovazioni legislative, si può in primo luogo valutare nel merito la sua inopportunità dal momento che nella gran parte degli ordinamenti giuridici statali attualmente vigenti questo comportamento viene considerato come una contravvenzione amministrativa e dunque non risulta passibile di sanzione penale.

Naturalmente il legislatore può a sua discrezione istituire come anche abrogare le distinte fattispecie di reato, quando insindacabilmente ritenga che il cosiddetto bene protetto nel caso specifico la sicurezza nazionale è più in generale l’ordine pubblico meriti una tutela penale. Il problema è costituito però, in questo caso, dalla possibilità di un’applicazione retroattiva di una forma penale in malam partem, volta cioè a determinare un trattamento deteriore per il reo.

Vediamo dunque in concreto come la norma può essere applicata.

E’ naturalmente possibile cogliere in flagranza di reato un soggetto mentre s’introduce nel territorio italiano senza averne il diritto, in quanto - ad esempio- si tratta di cittadino straniero sprovvisto di visto quando esso sia richiesto per le persone della sua nazionalità.

In questo caso nulla quaestio, qualora l’ingresso in Italia avvenga dopo l’entrata in vigore della nuova norma penale.

Quid dicendum, però, se viene constatata l’irregolarità della presenza in Italia, a prescindere dalla flagranza di reato determinata dal suo ingresso illegale nel nostro territorio?

Se questo straniero è entrato legalmente in Italia, ma in seguito la sua presenza e divenuta irregolare - ad esempio essendo scaduto il suo visto turistico, od il suo permesso di soggiorno - costui non sarà verosimilmente passibile di sanzione penale, dato che essa è prevista per l’INGRESSO, e non per la permanenza illegale in Italia.

E’ però chiaro che il danno sofferto a causa di un simile comportamento dal bene costituito dalla sicurezza nazionale o dall’ordine pubblico sarà certamente maggiore di quello causato dallo straniero colto nell’atto di entrare illegalmente sul nostro territorio.

Ed allora sarebbe più logico sanzionare penalmente la permanenza e non già l’ingresso, illegale.

Qui precisamente sorge il problema della possibile applicazione retroattiva della norma. Veniamo ad un esempio pratico: durante un controllo d’identità, si scopre uno straniero privo del visto d’ingresso, o del permesso di soggiorno.

Como si può provare che costui è entrato in Italia DOPO l’entrata in vigore della norma che istituisce il reato?

Ancora una volta, concludiamo che, al limite, risulterebbe più logico- anche per evitare un’inammissibile applicazione retroattiva della orma - sanzionare la presenza illegale e non l’ingresso illegale, dello straniero.

Veniamo ora al secondo problema giuridico, quello determinato dall’aggravante di nuova istituzione.

E’ indubbio che il principio di eguaglianza, quale viene definito dall’articolo 3 della Costituzione vale soltanto per i cittadini italiani.

Tuttavia esistono altre norme costituzionali in base alle quali la vigenza di questo principio- se si esclude, naturalmente, il godimento dei diritti politici- si estende anche agli stranieri.

Recita l’articolo 10 della Costituzione: "L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolato dalle norme e dei trattati internazionali". Entrambi i commi sono stati unanimemente interpretati, sia dalla dottrina, sia da un’ampia e consolidata giurisprudenza, come istitutivi di una collocazione delle norme del diritto internazionale allo stesso livello della Costituzione nella gerarchia delle fonti del Diritto.

Di conseguenza, una norma di legge ordinaria che disponga in conflitto con quelle del Diritto internazionale- vuoi consuetudinarie, vuoi introdotte dai Trattati - risulta costituzionalmente illegittima.

Dobbiamo dunque considerare che cosa il Diritto Internazionale dispone in materia di condizione giuridica dello straniero.

In base alla consuetudine, vige nel nostro ordinamento giuridico - qualora la condizione dello straniero non venga regolata da specifici Trattati bilaterali o multilaterali - il principio della reciprocità. Se dunque le norme vigenti nella Nazione di cui lo straniero è originario non considerano come circostanza aggravante del reato ivi commesso da un cittadino italiano il fatto che egli si trovi illegalmente sul territorio di tal Stato, l’applicazione di una simile aggravante da parte della nostra giurisdizione risulterà palesemente illegittima da punto di vista del Diritto Costituzionale. Ciò varrà a maggior ragione qualora il principio di reciprocità venga recepito in un Trattato stipulato dall’Italia con lo Stato di origine dello straniero.

Più in generale, dismettendo i panni del cultore del Diritto Pubblico per addentrarci sul difficile ma stimolante terreno della Filosofia del Diritto, possiamo prendere le mosse da una constatazione: l’insieme delle norme varate dal governo Berlusconi, e soprattutto quella riguardante la qualificazione come siti strategici delle discariche, con la conseguente equiparazione di eventuali manifestanti ai nemici esterni, manifesta negli autori di tali norme il persistere di una concezione etica dello Stato come soggetto incaricato di realizzare nella società, attraverso l’ordinamento giuridico, un ordine morale.

Durante lo scorso secolo, i fascisti e i nazisti da una parte, i socialisti e i comunisti dall’altra parte, erano ispirati dalla concezione dello Stato etico hegeliano. I commentatori della destra italiana si rivelano molto attenti nell’individuare nell’operato delle forze di sinistra le persistenti tracce, vere o presunte, di questa origine ideologica: si tratta di una critica certamente opportuna, data la necessità di superare e di condannare gli esiti totalitari prodotti da una simile dottrina dello Stato.

Tuttavia, ci pare giusto e doveroso ricambiare un’eguale attenzione critica nei confronti dell’azione politica cui pare ispirarsi, nel caso specifico, la compagine di centro destra al potere.

Dio non voglia che tale ispirazione si riveli come il presupposto di un disegno totalitario.

Da questo punto di vista, il revisionismo ideologico è molto più importante rispetto al revisionismo storico: quest’ultimo, infatti, si limita a valutare il passato mentre il primo serve ad evitare che si ripeta.



Domenica, 25 maggio 2008