Un documento di un gruppo di credenti che vivono nei campi, operatori pastorali e amici di rom a sinti.
DOSTA RAZZISMO ITALIA! = BASTA RAZZISMO ITALIA!

Ci auguriamo di poter sentire quanto prima da parte della Chiesa Cattolica parole più coraggiose e più ispirate al Vangelo di Gesù


Un episodio spettacolarizzato dai mass media, ma dai contorni ancora incerti - una ragazza rom di 16 anni accusata di aver tentato di portar via, in una situazione inverosimile, una bambina - ha scatenato una reazione furibonda e violenta, un grande e diffuso pogrom, non solo a Napoli ma in tutta Italia, nei confronti di rom e sinti.
Di fronte a questo fatto e al clima pesante che si è innescato in questi giorni sulla “sicurezza”, ci preme fare alcune considerazioni:

- Lo svolgimento dei fatti non è ancora chiaro, ma il giudizio sembra essere già stato emesso e la sentenza è stata già eseguita, indiscriminatamente, contro tutti i rom e i sinti. Eppure, dati alla mano, a cominciare da quelli forniti delle forze dell’ordine e dal Ministero degli Interni, nessuna delle numerose e ripetute accuse abituali rivolte a rom e sinti, in questi ultimi decenni, quando sparisce un bambino, ha trovato un riscontro oggettivo; le indagini hanno sempre smentito che siano stati loro, anche se nessuno poi ha detto e scritto che i sospetti e le accuse iniziali erano ingiusti e falsi.

- Non è nei costumi dei rom e dei sinti portare via i bambini a nessuno e l’episodio di Napoli, che sembra smentire questa affermazione, in realtà corrisponde a uno stereotipo che viene abitualmente utilizzato per criminalizzare rom e sinti e che si è rivelato sempre falso: i fatti possono essere stati riferiti malamente dai genitori della bambina, come è avvenuto regolarmente in passato in casi analoghi; può essere stato montato ad arte, per facilitare lo sgombero dei campi e permettere grandi speculazioni; può essere il gesto di una squilibrata, come si è verificato altre volte, in casi in cui sono state coinvolte donne non zingare con problemi personali.

- Presto uscirà una ricerca dell’Università di Verona, ricerca voluta, sollecitata, sostenuta e finanziata dalla Fondazione Migrantes della Cei, che partendo dal pregiudizio che “gli zingari rubano i bambini”, ha voluto analizzare scientificamente tutti i casi di denuncia nei confronti di rom come presunti responsabili di questo reato.
In questo modo, si è potuto accertare che, negli ultimi vent’anni, non c’è stato neanche un caso di bambini che siano stati rapiti da rom o sinti, a fronte di centinaia di casi di loro figli portati via con estrema facilità, superficialità e spietatezza dai Servizi sociali, per affidarli, per lunghi periodi e più spesso in modo definitivo, a istituti e a famiglie del tutto ignari della loro cultura, col risultato di creare dei bambini e, poi, degli adulti traumatizzati e disadattati, non più rom, ma impossibilitati a diventare come noi. Non si vuole prendere in considerazione che anche i bambini rom siano affezionati ai loro genitori e questi a loro e che la separazione temporanea o definitiva che sia, rappresenti anche per loro e non solo per i sedentari, una sofferenza indicibile e di difficile superamento, dato che non hanno, per l’età, gli strumenti per metabolizzare questa perdita totale della propria famiglia.
I motivi sostanziali per cui tanti bambini rom e sinti vengono sottratti così di frequente, ai loro nuclei familiari è che si tratta di famiglie povere, che vivono secondo modelli di vita, culturali, educativi, abitativi, diversi dai nostri. Queste diversità culturali e queste condizioni economico-sociali, vengono interpretate, per mancanza assoluta di conoscenze e di rispetto, da parte dell’assistenza sociale, delle istituzioni, della magistratura e dell’opinione pubblica corrente, come forme di maltrattamento, di disinteresse, di sfruttamento dei minori, di inciviltà e di mancanza di amore da parte dei genitori. E’ da questa lettura pregiudiziale del mondo e dei modi di vita dei rom, oltre che dalle pressioni di un’opinione pubblica sempre più insofferente verso gli stranieri e le diversità, che le istituzioni giungono sistematicamente alla conclusione di dover “fare il bene” di questi bambini, togliendoli dal loro ambiente e dando loro un’abitazione, un’educazione e un ambiente “civili e normali”. Ma in questo modo si interviene, disastrosamente, sugli effetti e non sulle cause, perché non si parte dalla presa d’atto, dalla conoscenza e dal rispetto delle diversità culturali e non ci si propone, salvo rare eccezioni, di sostenere e aiutare queste famiglie e questi gruppi “diversi” a superare le difficoltà della povertà e la marginalità escludente a cui sono condannati da una società pregiudizialmente ostile, che considera normali e leciti solo i propri modelli culturali e incivili quelli degli altri.

- Il clima xenofobo che si è andato diffondendo, in questi anni e particolarmente nell’ultimo, si è scaricato soprattutto su rom e sinti, facendoli diventare il capro espiatorio delle nostre insicurezze, ansie e paure. Ma se c’è oggi insicurezza, è quella che riguarda soprattutto loro, sono loro che vivono oggi nella massima precarietà, nel pericolo e sotto costante minaccia di aggressioni violente, di espulsioni, di sempre maggiore marginalizzazione. Sono i loro bambini che vivono nella paura e nel terrore, che vengono svegliati nel cuore della notte per essere cacciati via dai campi sosta dalle forze dell’ordine o dalle molotov di chi non li vuole nel proprio quartiere, come dimostrano le vicende, gli incendi e le devastazioni ripetuti di vari campi di Napoli e in particolare di quello di Ponticelli.
- Il supposto tentativo di rapimento è diventato il pretesto e l’occasione, nell’attuale clima xenofobo, per cercare di risolvere alla radice, in modo etnico e razziale, il problema dei rapporti con le comunità di sinti e rom, in quanto si pretende di imputare un reato, tutto da verificare e, comunque, sempre personale, a un intero popolo.
Nessuno oggi potrebbe considerare lecito far pagare a una nazione le colpe di un suo membro, ma questo diventa normale quando di mezzo ci sono minoranze come i sinti e i rom o, oggi, anche i rumeni e i cinesi, ieri gli albanesi e i marocchini e ieri l’altro i meridionali. Il crimine di una persona non comporta, in uno Stato di diritto, la perdita da parte dei suoi familiari e dei suoi figli, dei diritti umani fondamentali, come quello all’abitazione o alla residenza, ma, anche in questo caso, il principio non sembra valere per rom e sinti.
I rom non sono un popolo da trattare con leggi speciali e a parte, e la difesa dei diritti umani fondamentali è un valore non negoziabile in nessun momento, perchè ogni persona è sacra e va rispettata al di là dell’età, della cultura, dell’origine, della sua religione, delle sue appartenenze e di quello che, eventualmente, può aver fatto.

- Come Chiese, comunità dei credenti, amanti della vita e di ogni persona dobbiamo dire parole forti e inequivocabili che richiamino i valori del Vangelo, quando minoranze, gruppi, persone deboli non sono rispettate nei loro diritti fondamentali, e dobbiamo denunciare e rifiutare, senza paura, le parole di razzismo e le campagne etniche che armano la violenza di gruppi esasperati per i più diversi motivi (vedi l’omicidio di Verona) e sono fatte proprie, per motivi elettorali e di potere, da chi ci governa e da molte forze politiche. E’ una questione urgente perché il clima di razzismo che si sta diffondendo nella nostra società, in modo tacito e senza trovare resistenze, si insinua anche nel pensiero di tanti cristiani.

- La Chiesa cattolica che nel 1965, attraverso Paolo VI, aveva dichiarato a rom e sinti “voi siete nel cuore della Chiesa”, con le parole di Giovanni Paolo II, durante il Giubileo del 2000, ha chiesto perdono di tanti suoi silenzi; non vogliamo sentirci ancora colpevoli e non vogliamo che ciò accada di nuovo oggi.
Abbiamo negli occhi roulottes bruciate e bambini che piangono e fuggono terrorizzati, ma di fronte a questo stato di cose vediamo solo molta indifferenza ecclesiale, il favore e la connivenza neanche troppo nascosti delle istituzioni, la mobilitazione e l’organizzazione del razzismo, le ronde, i progetti di legge e i provvedimenti speciali contro i rom e i sinti, ma anche contro i cosiddetti extracomunitari e uno scarso impegno della società civile per ricercare i colpevoli di queste violenze e per renderli innocui. Anche se, come credenti, pensiamo a un altro tribunale, più alto, a cui nessuno potrà sottrarsi, quando ci sarà detto: “avevo fame... avevo sete... ero straniero... nudo ... malato... carcerato” e, ancora, ero rom, mendicante, senza lavoro, immigrato clandestino, barbone, lavavetri, ingiustamente sospettato e condannato, cacciato.

Ci auguriamo di poter sentire quanto prima da parte della Chiesa cattolica parole più coraggiose e più ispirate al Vangelo di Gesù, capaci di guidare e di scuotere le comunità cristiane e non solo, perché tutti ritroviamo quei sentieri che abbiamo smarrito, per costruire fraternità nella giustizia e nel rispetto delle vite dei poveri.

Un gruppo di credenti che vivono nei campi sosta, operatori pastorali e amici di rom a sinti.

Don Federico Schiavon - Udine
Marcello Palagi e Franca Felici - Massa Carrara
Padre Luciano Meli - Lucca
Padre Flavio Gianessi - Bologna
Don Agostino Rota Martir - Pisa
Don Piero Gabella - Brescia
Piccole Sorelle di Gesù - Crotone
Fratel Luigino Peruzzo - Bologna
Suor Rita e suor Carla Viberti - Torino
Daniele Todesco e Lucia Lombardi - Verona
Giuseppe Bertolucci e Laura Caffagnini - Parma
Gabriele Gabrieli - Mantova

Vittorio e Gabriella Zanmonti - Vicenza
Daniela Romani - Verona
Ines - Vicenza
Alessandro e Elisabetta Bolzonello - Trento

ADESIONI :

Franca Volonte - Vicenza
Luca Scaldaferro - Vicenza
Don Marco Tenderini - Cinisello B. (MI)



Giovedì, 22 maggio 2008