Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per averci messo a disposizione questa sua traduzione dellarticolo di Mark Landler per The New York Times, 17.10.2007
Vienna. Arigona Zogaj è tornata alla sua scuola in un villaggio austriaco martedì mattina, abbracciata dai compagni,
accettando i fiori che le venivano offerti e mettendo fine, anche se solo per il momento, a ciò che era divenuto un
singolare atto di resistenza contro le autorità del suo paese d’adozione. Il mese scorso Arigona, quindicenne di
provenienza albanese kosovara, è “scomparsa” dopo che la polizia è venuta in cerca della sua famiglia per la deportazione,
famiglia che vive in Austria e vi chiede asilo dal 2002.
Dopo che il padre e quattro fratelli sono stati deportati in Kosovo, Arigona ha registrato un video, trasmesso dalla
televisione austriaca, in cui ha minacciato di uccidersi se la sua famiglia fosse stata mantenuta divisa. La madre, rimasta
in Austria per cercare la figlia scomparsa, ha avuto un crollo nervoso ed ha dovuto essere ricoverata in ospedale.
La saga di Arigona (qui tutti la chiamano con il suo primo nome) ha messo sottosopra il paese, sollevando difficili
questioni sui richiedenti asilo in un’Europa non più oscurata dalla guerra, e sul costo umano delle politiche austriache
sull’immigrazione, che sono tra le più restrittive d’Europa.
“Questa ragazza parla con uno spiccato accento alto-austriaco.”, dice Alexander Van der Bellen, leader del Partito Verde,
che ha abbracciato la causa di Arigona Zogaj, “Queste persone sono come austriaci nativi, e vengono deportati in Kosovo.
Molti di loro non riescono ad accettarlo.” Ovviamente la faccenda non è così semplice, e non lo è mai, quando gli europei
occidentali si confrontano con le minoranze al loro interno.
La fuga disperata di Arigona ha suscitato qui genuina simpatia. Una manifestazione di cinquemila persone ha raggiunto il
Ministero degli Interni per protestare contro la “linea dura” usata con la sua famiglia. Il quotidiano austriaco più
diffuso, Kronen Zeitung, che è noto per la promozione di politiche d’immigrazione restrittive, ha chiesto che la
lasciassero restare. Ne’ ha nuociuto il fatto che Arigona è una giovane graziosa, la cui angoscia era autentica quanto il
suo accento austriaco. Pure, la maggioranza degli austriaci vorrebbe tener fuori gli stranieri, che essi siano o no dei
richiedenti asilo. Le dure leggi vigenti sono sostenute sia dalla formazione di centro Partito del Popolo sia da quella di
centro-sinistra, i Socialdemocratici, che assieme governano in una coalizione.
“Sembra che l’Austria sia diventata schizofrenica.”, commenta Hans Rauscher, editorialista del quotidiano Der Standard, “La
maggioranza degli austriaci sta dicendo: non possiamo tenere la povera Arigona distante dalla sua famiglia. Ma la
maggioranza sta anche dicendo: non possiamo far entrare nel paese altre famiglie come la sua.” Persino ciò su cui insistono
i suoi sostenitori, ovvero che Arigona è felicemente integrata nel suo villaggio adottivo di Frankenburg, è troppo per
alcuni austriaci. I residenti di Frankenburg sono accorsi in massa a sostegno della famiglia. Ma dopo che il parroco
cristiano di un villaggio vicino, Josef Friedl, ha preso Arigona (che è musulmana) sotto la sua protezione, vandali hanno
ricoperto di scritte del tipo “Mullah Friedl” le mura del cimitero.
“E’ vero, la ragazza parla un ottimo tedesco, ma non è il caso degli altri membri della famiglia.”, ha detto il Ministro
degli Interni Günther Platter, che l’ha incontrata nei giorni scorsi e le ha confermato che non deve temere di essere
deportata. Platter, un conservatore che ha fatto la sua carriera principalmente come sindaco di una piccola città del
Tirolo, è stato costantemente all’attenzione dei media in relazione a questo caso. Il Ministro ha rifiutato al padre ed ai
fratelli di Arigona di tornare in Austria sino a che sulla faccenda non si pronuncerà la Corte costituzionale austriaca, il
cui verdetto è atteso prima di dicembre. Mentre mi parla sulla sua tazzina di caffè, il Ministro è inflessibile: “Come
Ministro degli Interni non posso farmi ricattare dai media. Dobbiamo combattere contro l’abuso del diritto di asilo.” Il
padre di Arigona, ha aggiunto, venne in Austria nel 2001, due anni dopo la fine della guerra in Kosovo. Sebbene la sua
prima richiesta di asilo venisse respinta, l’uomo fece in modo che la sua famiglia lo raggiungesse. La famiglia, in
seguito, presentò diverse altre domande d’asilo, e tutte furono respinte. Uno dei fratelli di Arigona, ha pure detto il
Ministro, ha dei problemi con la legge, anche se lui non ne conosce i dettagli.
L’Austria ha garantito asilo a migliaia di rifugiata dai Balcani sconvolti dalla guerra, sin dagli anni ’90. In questo
caso, dice ancora Platter, il governo consultò i funzionari delle NU che amministrano il Kosovo, e gli fu risposto che non
vi era ragione per non rimpatriare la famiglia Zogaj. Il fatto che in Kosovo essa avrebbe avuto minori opportunità
economiche non fa testo per l’asilo, sottolinea il Ministro.
Il problema, dicono i critici, sta nel sistema austriaco che si occupa del diritto d’asilo, sistema che ha un arretrato di
30.000 richieste. Gli stranieri possono vivere qui per dieci anni o più, prima che venga detto loro che devono andarsene.
Alla protesta di martedì scorso, gli studenti portavano cartelli con i nomi di altri famiglie che temono l’espulsione.
L’Austria ha così tante richieste di asilo, spiegano gli esperti, in gran parte perché è difficile restarvi in altro modo.
In uno studio dell’Unione Europea sui trend migratori, reso pubblico lunedì, l’Austria sta più o meno al fondo dei 25 paesi
europei in quanto ad apertura verso i migranti. Una nuova legge, adottata nel 2006, alza gli ostacoli relativi alla
riunificazione familiare e rende più difficile ottenere la cittadinanza. Chi difende queste misure argomenta che esse sono
necessarie in un paese in cui il 13% della popolazione è di origine straniera, e il 10% ha passaporti esteri. I critici
ribattono che le politiche sull’immigrazione riflettono il rifiuto dell’Austria di accettare il fatto che essa è
storicamente un paese d’immigrati, che essi siano le giovani donne cecoslovacche che oggi lavorano qui come infermiere o
che si tratti dei rifugiati cecoslovacchi di un secolo fa.
Il governo sta intensamente riesaminando le sue politiche di integrazione, ma Bernhard Perchinig, ricercatore anziano
all’Accademia austriaca delle Scienze, commenta: “Non è possibile blindare completamente un paese ed avere, allo stesso
tempo, una buona politica sull’integrazione.” Sotto questo aspetto, Arigona Zogaj ed il suo accento austriaco possono aver
reso un servizio al paese.
“I cinici dicono che a questa ragazza dovrebbe essere data la cittadinanza austriaca, giusto per mostrare agli austriaci
quanto sono confusi rispetto all’immigrazione.”, dice Michael Fleischhacker, editore capo del giornale Die Presse.
Lunedì, 22 ottobre 2007
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