ROM: INDAGINE MIGRANTES
MONS. SAVIOLA, «CRIMINOSO ANCHE DIFFAMARE SENZA AVERE LE PROVE »

di Agenzia SIR del 10-11-2008

10/11/2008 13:01

«Basta il fatto di essere zingara per sentirsi scaricare addosso sospetti, commenti malevoli, giudizi severi come una condanna, indignazione?». Lo ha detto mons. Piergiorgio Saviola, direttore generale della Fondazione Migrantes, intervenendo alla conferenza stampa per la presentazione di una ricerca commissionata dalla Migrantes al dipartimento di psicologia e antropologia culturale dell’Università degli Studi di Verona sui presunti tentati rapimenti, addebitati ai rom nell’arco di tempo che va dal 1986 al 2007 in Italia. Per Saviola, questa voce “è così comune che non ha bisogno di conferme, rimbalza di bocca in bocca con martellante”. “Ma rapiscono davvero le zingare?”, chiede mons. Saviola che subito aggiunge: dalla ricerca emerge un dato “sorprendente, direi anzi sconcertante: nessuna prova certa, nessun verdetto di condanna a carico di qualche figlia o moglie di zingari per un simile misfatto”. Tale conclusione è “sconcertante non tanto in riferimento agli zingari, quanto in riferimento a chi punta il dito verso di loro in base a questo famoso ‘sentito dire’, magari tradotto in un altro famoso e pericoloso ‘tutti dicono così’”. Secondo Saviola, “diffondere una diceria” su capi di accusa “così gravi, e non comprovati” è “andare non soltanto contro verità, ma contro giustizia”.

Se è reato “infamante rapire un bambino”, “non meno infamante e criminoso – ha detto mons. Saviola - è attribuire a qualcuno questa infamia senza averne le prove; atto criminoso forse giudiziariamente non perseguibile, che tuttavia grava pesantemente nella coscienza”. “Accusare e diffondere la voce sul rapimento di bambini quando questo fosse falso o non supportato da prove inequivocabili – incalza mons. Saviola - è un modo estremamente grave di ledere la dignità e i sacrosanti diritti delle persone e persone sono anche gli zingari”. La ricerca presentata oggi ha come obiettivo – ha spiegato ancora il direttore della Migrantes - “la difesa di questa categoria di cittadini, chiamiamoli pure fratelli, dall’infamante accusa del rapimento di bambini, un’accusa che non ha riscontro nei fatti. Ma allo stesso tempo la ricerca è un appello ai singoli e alla pubblica opinione a non ‘rapire’ la reputazione, l’onorabilità a gente che ha come colpa principale l’essere diversa da noi per lingua, cultura, tradizioni, comportamenti sociali; il constatarla diversa da noi non autorizza automaticamente la conclusione che essa sia moralmente e civilmente “degradata” a confronto di noi”.



Mercoledì, 12 novembre 2008