Riflessione
COME ESSERI UMANI

di Maria G. Di Rienzo

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per averci messo a disposizione il seguente articolo scritto su richiesta di un giornale locale.

E’ capitato qualche volta che dei ladri, evidentemente assai sprovveduti, si siano dati da fare per entrare in casa mia. In un paio di casi ci sono riusciti mentre io ero assente, ma con il solo guadagno di una delusione. E in un’occasione mi hanno persino lasciato in ingresso un cacciavite rotto, usato probabilmente come passepartout. Se e’ ragionevole credere alle testimonianze dei vicini, ambo le volte potrebbero essere stati giovani nomadi a scassinarmi l’uscio: alcune altre circostanze, riferitemi in questura, avvaloravano questa ipotesi. Non c’e’ nulla di provato, e l’annosa psicosi che nutriamo attorno ai nomadi potrebbe aver interferito nella percezione dei fatti, ma ammettiamo pure che sia cosi’. Ad ogni modo, anche se il danno a mio carico si e’ sempre limitato alla devastazione della serratura e a un po’ di disordine in piu’ (non sono una gran donna di casa) da cittadina diligente ho fatto quello che viene richiesto appunto ai cittadini diligenti: ho chiamato la polizia. A questo punto vorrei potervi dire che le cose sono andate come vanno nei film: al telefono mi dicono di non toccare niente, nel giro di un quarto d’ora la squadra delle forze dell’ordine arriva, esamina, prende le impronte, mi chiede se ho sospetti; io offro loro un caffe’ al termine del sopralluogo e i poliziotti mi danno un nominativo di riferimento a cui rivolgermi per il prosieguo delle indagini.

Non e’ andata cosi’, ovvio, ma non perche’ i ladri non avevano trovato nulla da portarsi via: non va cosi’ neppure quando, come nel caso di una delle mie vicine anziane un paio d’anni fa, spariscono oggetti di valore. La donna mi racconto’, sconvolta piu’ dalla perdita affettiva rispetto ai "gioielli di famiglia" che dalla perdita economica, di aver subito dalla polizia un trattamento da lei giudicato sbrigativo e insultante. Alla chiamata telefonica le risposero di venire in questura, e la’ le chiesero se pensava di essere l’unica eccetera (probabilmente questa era l’amarezza di lavoratori che agiscono in condizioni disagiate, ma credo che sia ingeneroso scaricarla su altre vittime). Nell’ambito delle mie conoscenze, ho udito narrare durante gli anni dozzine di storie simili. In nessuna figurava il rilevamento delle impronte digitali negli appartamenti interessati da effrazione e furto. Vai, fai denuncia, e tutto resta lettera morta. E qui veniamo alle impronte da prendere ai bambini rom. Su quanto questo provvedimento sia ignobile, penne e voci migliori delle mie hanno sufficientemente detto. Io vorrei discutere della sua efficacia in materia di prevenzione e sicurezza: se nessuno prende le impronte sui luoghi dei reati, probabilmente perche’ reati minori, perche’ non ci sono ne’ personale ne’ risorse materiali sufficienti e cosi’ via, con cosa si confronteranno le impronte prese ai bambini? Tanto per sapere. Se i rilevamenti della polizia scientifica, in Italia, si limitano per necessita’ agli omicidi o a reati altrettanto gravi, che evidenza ha il Ministero dell’Interno del coinvolgimento in essi di bambini rom? E sempre per curiosita’, cosa esclude dal provvedimento i bambini di altre etnie e culture, e i bambini stanziali di ogni gruppo presente sul territorio nazionale? Se non vi sono prove, e non ve ne sono, e vogliamo soltanto dare ascolto e fiato alla paranoia, e’ piu’ ragionevole sospettare di tutti che di un solo segmento.

Ma a questo punto ho un’ultima domanda: cosa siamo diventati, come italiani, se io sono costretta a scrivere questo intervento, e cioe’ ad entrare in un dibattito che non avrebbe neppure motivo di esistere? I bambini sono tutelati nei loro diritti da una pletora di convenzioni nazionali ed internazionali (una di queste Carte porta persino il nome della citta’ in cui vivo), e qualora commettano dei reati noi ne teniamo responsabili gli adulti a cui questi bambini sono affidati: una semplice norma di civilta’ di cui un tempo potevamo andar fieri. Forse potremmo chiedere al nostro governo di smettere di coprire di fango quel poco di orgoglio che ci resta non tanto come cittadini italiani, ma proprio come esseri umani.

Tratto da
Notizie minime de
La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

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Numero 507 del 5 luglio 2008



Sabato, 05 luglio 2008