L’OPINIONE
IL CAPRO ESPIATORIO

di Giuseppe Platone

Per un incredibile, perverso gioco delle parti i sinistri bagliori del rogo dei libri di Berlino, nel maggio del 1933, voluto da Goebbels, si sono alza­ti da un moderno rogo di Nuovi Testa­menti in Israele, nel paesino di Or Yehuda. Qui i membri di una setta su­per-ortodossa ebraica, nel tentativo di contrastare l’opera di proselitismo de­gli «ebrei messianici» rei di convertire, ogni anno, centinaia di ebrei alla dot­trina di Gesù, hanno dato alle fiamme dei Vangeli. Gesto simbolico di sapore nazista. Ma bruciare libri - come ri­cordava il poeta ebreo Heine - è l’anti­camera dei roghi umani.
È comunque un triste spettacolo quello che vede, in una moderna demo­crazia, minacciare con un rogo la li­bertà di coscienza e della libera espres­sione anche in materia religiosa. Quei sinistri bagliori, accesi dall’intolleran­za e dal fanatismo, si allungano anche nel nostro paese dove si ripropone il vecchio e triste adagio del capro espia­torio. Il meccanismo l’ha spiegato a suo tempo, molto bene, l’antropologo René Girard ripercorrendo la tragedia greca di Sofocle: l’Edipo re. Come una spugna nell’acqua Edipo assorbe tutte le nefan­dezze del gruppo: parricidio, incesto. Ed è subito mostro. È la vittima che li­bera tutti gli altri soggetti da eventuali colpe e delitti. È l’asso che piglia tutto. Edipo diventa un po’ come il capro bi­blico (Levitico, 16) che vaga nel deserto portando su di sé tutti i peccati del po­polo. Il capro crepa abbandonato da tutti, fuori dal consorzio umano. Fine della storia. La cura è semplice: per sta­re bene bisogna trovare chi si fa carico dei tuoi guai ed errori. La vittima sacri­ficale è, secondo Girard, una figura esterna alla comunità. Essa ha assunto storicamente i volti di: streghe, eretici, ebrei, zingari, omosessuali, tossicodi­pendenti, negri… La lista è lunghissi­ma. Oggi possiamo aggiungere: rom, romeni, clandestini…
Quello del capro espiatorio è un meccanismo che fa parte di quel gioco al massacro in cui l’umanità immersa nel peccato è maestra. Ha ragione Cal­vino quando descrive l’uomo come «inclinato al male, incapace da se stes­so a fare il bene…». Ma appunto non assecondiamo questa tendenza al ma­le. Contrastiamola! E non solo per una questione di principio ma per una ra­gione di fede. Come credenti nella Pa­rola che si è fatta carne nell’esperienza storica del Cristo del Golgota, non ac­cettiamo che il sacrificio si ripeta, co­me uno stanco rituale, all’infinito. Quel sacrificio del Golgota è stato suf­ficiente, una volta per tutte, per coglie­re la natura profondamente malvagia dell’uomo e la necessità di cambiare rotta. Non possiamo accettare che ca­tegorie di persone vengano, di volta in volta, criminalizzate calpestando di­ritti e dignità dei singoli.
Tornano alla mente in questi giorni di caccia all’uomo le parole profetiche scritte nel 1942 a Dachau dal pastore luterano Niemoeller: «Quando i nazisti sono venuti a prelevare i comunisti, non ho detto niente, non ero comuni­sta. Quando sono venuti a prelevare i sindacalisti, non ho detto niente, non ero sindacalista. Quando sono venuti a prelevare gli ebrei, non ho detto nien­te, non ero ebreo. Quando sono venuti a prelevare i cattolici, non ho detto niente, non ero cattolico. Poi sono ve­nuti a prelevare me, ma non rimaneva più nessuno, per dire qualcosa».


Giuseppe Platone

Il presente articolo è tratto da Riforma - SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI Anno 144 - numero 22 - 30 maggio 2008. Ringraziamo la redazione di Riforma (per contatti: www.riforma.it) per averci messo a disposizione questo testo



Giovedì, 05 giugno 2008